Analisi maratone
02-11-2003: ING New York City Marathon
Maschile
RECORD DEL
PERCORSO: 2h07'43" |
TEMPO VINCITORE
2003: 2h10'30" |
+
2'47" |
TEMPO VINCITORE
2002: 2h08'08" |
TEMPO VINCITORE
2003: 2h10'30" |
+
2'22" |
MEDIA
DEL RENDIMENTO DEI PRIMI 10 CLASSIFICATI RISPETTO AL RECORD
PERSONALE |
+
2'57" |
FEMMINILE
RECORD DEL PERCORSO: 2h24'21" |
TEMPO VINCITRICE 2003: 2h22'31" |
-
1'50" |
TEMPO VINCITRICE 2002: 2h25'56" |
TEMPO VINCITRICE 2003: 2h22'31" |
-
3'25" |
MEDIA DEL
RENDIMENTO DELLE PRIME 5 CLASSIFICATE RISPETTO AL RECORD PERSONALE |
+
1'10" |
Temperature
Umidità
alla partenza : 15°C
alla partenza : 81%
all’arrivo del vincitore : 18°C
all’arrivo: 73%
alle 3 ore : 18°C
alle 4 ore : 18°C
massima : 18°C
Dislivello
+ 253 metri
Indice di scorrevolezza
4
Categorie
Sigle utilizzate:
RP = record
personale SAN = Soglia Anaerobica (presunta = ricavata
dal RP dei 10.000 metri)
|
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
differenza
rispetto al RP |
+ 3'54" |
+ 6'43" |
+ 8'11" |
+ 10'45" |
+ 12'17" |
+ 16'19" |
+ 19'35" |
+ 21'21" |
+ 23'15" |
+ 32'07" |
% rendimento
rispetto SAN presunta |
89,1 |
87,2 |
86,7 |
84,8 |
84,1 |
83,7 |
83,2 |
81,8 |
80,9 |
78,8 |
tot.questionari
analizzati |
6 |
8 |
11 |
18 |
23 |
19 |
14 |
9 |
11 |
9 |
Commenti:
Noi la chiamiamo l’estate di S. Martino, mentre negli
USA il tiepido clima che ha caratterizzato la vigilia della maratona di
New York è conosciuto come “indian summer” (l’estate indiana). Nei
giorni precedenti la maratona, le previsioni riferivano appunto che i
corridori avrebbero dovuto correre con una temperatura più elevata
rispetto alle condizioni ideali. Alla partenza della gara femminile (9.35)
c’erano già 15°, con l’umidità pari a 81%, mentre per quella
maschile, ritardata di 35’, la temperatura era salita a 16°, con
l’umidità pari a 79%. La massima temperatura durante la maratona è
arrivata a 18°, e l’umidità si è sempre mantenuta alta. La giornata
non è stata di per sé molto calda (come invece il giorno successivo,
quando si è arrivati anche a 25°), ma ad ogni modo già con più di 12°
l’organismo rende di meno, e questo fatto è maggiormente aggravato
quando l’umidità è alta. Durante la maratona non ci sono mai state
quindi le condizioni climatiche ottimali, e per questo motivo il
rendimento generale dei maratoneti è stato condizionato. Non deve trarre
in inganno il fatto che la Okayo abbia migliorato di 1’50” il record
della corsa, mentre gli uomini, rispetto al record del percorso, hanno
corso più piano di 2’47”. E’ evidente che il primato della gara
femminile non era, e non è ancora, di pari livello di quello maschile. Se
si fa riferimento ai primati mondiali, il record della gara femminile,
ottenuto proprio nella 34a edizione della maratona di NY, è ancora
sottostimato rispetto alla prestazione di Paula Radcliffe. Per essere nel
giusto rapporto primato mondiale (2h04’55”) - primato della corsa
(2h07’41”), il record femminile del percorso di NY dovrebbe essere di
2h18’45”. Ecco perché per Okayo è stato “facile” migliorare il
record del percorso nella maratona del 2 novembre. Nonostante lei abbia
abbassato di 1’50” il precedente record (2h24’21”), il suo
rendimento è stato in ogni caso inferiore di 2’38” rispetto al
proprio primato (2h20’23”). Molto simile è stato anche il rendimento,
anche in questo caso minore rispetto al proprio primato, sia di Rop (2°),
sia di Cheboiboch (3°): 3’03” per entrambi, e per proseguire su
questo discorso, Di Cecco ha reso 2’47” peggio del suo primato. Anche
Petrova è allo stesso livello (2’28”). Ndereba poi è stata
l’atleta che, tra le top runner, si è espressa con maggior margine
negativo rispetto al primato (4’18”), mentre in campo maschile il
record negativo va a Makori (+ 4’31” rispetto a 2h08’09” dello
scorso anno a Venezia) e a Laban Kipkemboi (+ 5’06” rispetto al 3°
posto dello scorso anno proprio a NY). Per Andriani, 4’03” in più in
riferimento al suo primato di Milano 2001.
Per gli amatori, tantissimi dei quali hanno finito la
maratona piuttosto provati, le conclusioni da trarre sono semplici: alla
maratona del 2 novembre era quasi impossibile ricercare il proprio
primato. A tutti i livelli di rendimento c’è stato una resa inferiore
rispetto al potenziale, anche rispetto alle aspettative dei molti che sono
venuti a NY convinti che il tifo dei tanti spettatori rappresenti la molla
che dà la carica per dare il meglio di sé. I 2’30”, che
rappresentano il tempo medio di minor rendimento rispetto al proprio
primato dei top runner, aumenta ovviamente man mano che il livello di
efficienza dell’atleta si riduce. Così, per i maratoneti da tre ore si
arriva quasi ad un minor rendimento di 7’, che diventa di circa 12’ a
livello delle tre ore e trenta, e 15’ per quelli che valgono quattro
ore.
Bisogna considerare che non è solo il clima ad incidere
sul rendimento degli atleti; a NY è anche il percorso ad essere un
fattore limite per ricercare il miglioramento del primato. Si dovrebbe
infatti considerare che, nel corso della maratona, si deve superare un
dislivello verticale di oltre 280 metri, che attribuisce al percorso della
maratona di NY il coefficiente 5, considerando che le maratone
pianeggianti come quelle di Chicago, Londra, Berlino, Rotterdam hanno un
coefficiente tra 1 e 2. Inoltre, quando l’organismo è condizionato nel
rendimento come in presenza di un clima non favorevole, i saliscendi sono
ancora più penalizzanti perché l’efficienza fisica è ridotta, e
superare i dislivelli del percorso risulta ancora più difficile.
Per
il prossimo anno l’appuntamento è fissato al 7 novembre, e ciò
dovrebbe garantire una giornata dal clima meno estivo, sperando che S.
Martino, o gli indiani (o chi per essi) non vogliano prolungare i giorni
di un’estate fuori stagione.
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