Analisi delle maratone Olimpiche

22/8/2004 e 29/8/04: Atene: Maratone dei Giochi della 28a Olimpiade

Maschile

RECORD DEL PERCORSO: 2h11'07" TEMPO VINCITORE 2004: 2h10'55" - 12"
TEMPO VINCITORE 1997: 2h13'16" * TEMPO VINCITORE 2004: 2h10'55" - 2'21"
MEDIA DEL RENDIMENTO DEI PRIMI 10 CLASSIFICATI RISPETTO AL RECORD PERSONALE + 4'45"

* Campionati Mondiali 1997

FEMMINILE

RECORD DEL PERCORSO: 2h29'48" TEMPO VINCITRICE 2004: 2h26'20" - 3'20"
TEMPO VINCITRICE 1997: 2h29'48" * TEMPO VINCITRICE 2004: 2h26'20" - 3'20"
MEDIA DEL RENDIMENTO DELLE PRIME 5 CLASSIFICATE RISPETTO AL RECORD PERSONALE + 7'09"

* Campionati Mondiali 1997

Temperature  gara maschile                                Umidità

alla partenza : 29°C                                                                     alla partenza : 53% 

all’arrivo del vincitore : 26°C                                                      all’arrivo: 57%

Temperature  gara femminile                              Umidità

alla partenza : 31°C                                                                     alla partenza : 50% 

all’arrivo del vincitore : 26°C                                                      all’arrivo: 56%

Dislivello                               + 225 metri

Indice di scorrevolezza     5

 

PASSAGGI

  21,097 21,097 DIFFERENZA
uomini 1h07'23" 1h03'33" - 3'50"
donne 1h14'02" 1h12'18" - 1'44"

TEMPO DI TRASPOSIZIONE
(clicca per maggiori informazioni)

  tempo vincitore % di rendimento con RM tempo di trasposizione
uomini 2h10'55" 95,4% 2h21'54"
donne 2h26'20" 92,5% 2h14'55"

Commenti:

Era risaputo che entrambe le competizioni sarebbero state condizionate dalle difficoltà climatiche (visto l’orario di partenza) e dall’andamento del percorso; in effetti le prestazioni cronometriche di tutti gli arrivati ne hanno risentito considerevolmente, e il rendimento medio dei primi 10 classificati è stato peggiore di 4’45” per gli uomini, e di 7’09” per le donne. Il maratoneta che più si è avvicinato al proprio primato è stato l’americano Keflezighi (2h11’29”), che ha fatto peggio del proprio record di soli 1’26”. Evidentemente il potenziale di questo atleta è nettamente migliore del suo attuale primato. Per quanto riguarda i vincitori, Baldini è andato più piano rispetto al primato personale di 3’26”, mentre Noguchi di 5’22”.

Entrambe le gare sono state appunto condizionate dal clima e dalle difficoltà del percorso, ma anche dallo sviluppo tattico, molto più evidente nella gara maschile rispetto a quella femminile. Gli uomini sono partiti molto più controllati rispetto alle donne, che hanno invece impostato un ritmo un po’ più sostenuto già dall’inizio: le giapponesi infatti non volevano rendere vita troppo agevole a Radcliffe, anche se il team manager nipponico aveva dichiarato che sarebbe stato il caldo a determinare la débacle dell’inglese.

Gli uomini hanno reso in generale più delle donne, come evidenziato dal rendimento medio dei primi 10 classificati, dal rendimento percentuale in riferimento al record del mondo (95,4 per Baldini e 92,5 per Noguchi), e dal tempo di trasposizione, con il quale si evidenzia che Baldini avrebbe conseguito una prestazione di poco inferiore alle 2h22’, che in ambito femminile rappresenta senza dubbio un riscontro cronometrico di primo piano. Il tempo di trasposizione di Noguchi rileva invece una prestazione maschile di livello mediocre.

L’andamento di entrambe le competizioni può essere suddiviso in due parti distinte: quella prima del 32° e quella dei 10km finali. Nella prima parte il caldo ed il percorso hanno condizionato fortemente l’andatura, contribuendo a scremare in maniera considerevole i pretendenti la vittoria. Nella seconda parte della competizione, grazie al leggero abbassamento della temperatura e al tracciato prevalentemente in discesa, il rendimento è migliorato nettamente. Impressiona il tempo della seconda metà gara di Baldini: 1h03’33” (3’00”7 al km) evidenzia un potenziale maggiore rispetto a quello del suo primato (2h07’29”). E’ vero che questo parziale è stato favorito dagli ultimi 10km di discesa, ma c’è da considerare che dalla metà gara (28 metri sul livello del mare) si doveva salire ancora per 10km, con un dislivello di 197 metri.

Infine, una considerazione riguardo l’evento che ha condizionato la prestazione di De Lima. Senza alcun dubbio il placcaggio subito dal maratoneta brasiliano non ha favorito la vittoria di Baldini; Stefano avrebbe comunque vinto la gara. Nonostante ciò ancora oggi sono molte le persone, tra le quali molti podisti, che mi chiedono se veramente Baldini sarebbe stato il vincitore, perché convinti che quanto successo a De Lima abbia alterato l’esito della gara, favorendo appunto l’italiano. E’ evidente che nell’immaginario collettivo quanto accaduto a De Lima non ha concesso di analizzare l’azione tecnica di Baldini, lanciato senza discussione verso un meritato successo visto che i tempi parziali per ogni frazione di mille metri erano ragguardevoli (14’10” gli ultimi 5km e 6‘06” gli ultimi 2195 metri).

Ma proviamo a fare un passo indietro, a difesa di De Lima. Il danno subito dal brasiliano non è affatto di poco conto e non può essere certo limitato ai 10” persi nel frangente dello stop forzato. Ogni podista sa quanto difficile sia riprendere a correre dopo una pausa, seppure breve. Basti pensare a quando, in occasione di un rifornimento, si modifica l’assetto di corsa semplicemente per afferrare la borraccia e bere. Questo minimo gesto, combinato con l’interruzione - seppure molto breve - della respirazione per deglutire la bevanda, comporta una perdita di 2-3 di secondi al km. Oltre alla perdita di qualche secondo, si verifica un’alterazione del ritmo che a volte può essere cruciale per l’esito della competizione. Si può tornare con la mente a quanto successo a Modica in occasione del campionato mondiale di maratona del 1999 a Siviglia, allorquando in occasione del rifornimento del 35° km, Anton fece l’allungo decisivo nel momento in cui Modica si riforniva. Le difficoltà del siciliano furono determinate non tanto dal tempo perso per bere, quanto dal disagio indotto sia dall’improvviso aumento della velocità, sia dal ritrovare la migliore cadenza dopo una fase delicata come quella di un rifornimento.

Per tornare a De Lima: lo stop forzato, oltre a fargli perdere velocità, ha determinato un aumento del costo energetico, situazione critica quando le riserve sono molto ridotte. Si deve considerare che l’azione fatta dal brasiliano tra il 21° ed il 30° km gli aveva fatto spendere parecchie energie. Il vantaggio massimo di De Lima sul gruppo è stato di 49” (frazione di 10km in salita, tra il 20° ed il 30°km percorsa in 31’09”), vale a  dire che Vanderlei guadagnava 5” al km sul gruppo. La rimonta degli inseguitori, stimolata da Baldini e anche da Keflezighi, che in italiano si è rivolto a Stefano dicendogli “dai, andiamo a prenderlo”, è iniziata verso il 31°km. In quattro chilometri Baldini, Keflezighi, Gharib e Tergat avevano guadagnato solamente 9”, evidenziando che il brasiliano era ancora efficiente. Lo stop di De Lima è avvenuto al 36°km, quando disponeva ancora di un vantaggio consistente (35”) e, nonostante la pausa forzata (con la conseguente perdita dell’economia di corsa e senza dubbio di concentrazione), egli è stato ripreso da Baldini solo 11’30” dopo, allo scoccare delle due ore. Considerando quindi la perdita netta di 10”, ai quali possiamo aggiungerne altri 3” per la fase di riavvio e per il fatto di dover ripercorrere la curva che piegava a sinistra mentre De Lima si trovava sul marciapiede della parte destra della strada, Baldini e Keflezighi hanno recuperato i restanti 23” correndo più velocemente del brasiliano di 7” al km. Senza dubbio l’azione di corsa di De Lima, al 39°km circa, non era uguale a quella dei momenti precedenti lo stop, mentre Baldini e Keflezighi erano nettamente più in spinta.

Chiunque nei panni del brasiliano si sarebbe sentito demoralizzato: da una situazione di potenziale vincitore (quindi mentalmente positiva) si è trovato braccato dagli inseguitori, ed è naturale presumere che i pensieri di De Lima fossero condizionati da quanto avvenuto pochi chilometri prima. Io sono del parere che De Lima non avrebbe vinto e non sarebbe neppure arrivato secondo, ma non sarebbe stato raggiunto da Baldini prima del 39,5°km e da Keflezighi prima del 40,5°km. I 35” di vantaggio di De Lima sarebbero stati annullati in poco meno di 4km, ma ciò avrebbe messo maggior pressione agli inseguitori, anche se Stefano negli ultimi 5km stava correndo veramente forte. Inoltre, De Lima sarebbe arrivato allo stadio non con 1’16” di distacco da Baldini, ma con molto meno, appena a ridosso di Keflezighi, che l’avrebbe superato per effetto della maggior velocità di cui l’americano è dotato. Forse tra il 2° ed il 3° non ci sarebbero stati più di 5” di distacco. De Lima ha accumulato molto distacco solo dopo il 40°km, probabilmente perché si è reso conto che la vittoria non era più conseguibile, e anche perché dietro di lui non c’era nessun altro atleta in condizioni di minacciare il terzo posto.

Non si può certo affermare che una rivincita fra Baldini e De Lima farà giustizia a quanto avvenuto nella maratona olimpica. Il brasiliano ha avuto, grazie al placcaggio di Horan, il momento di massima gloria e notorietà, tanto che sarà ricordato nella storia delle Olimpiadi più per questo fatto che per la conquista della medaglia di bronzo. Una sfida tra De Lima e Baldini non avrebbe storia. La maratona olimpica di Atene ha evidenziato il grande salto di qualità di Stefano, che sono certo verrà presto evidenziato con un riscontro cronometrico considerevole.

Per approfondire l’argomento, e comprendere i motivi della débacle di Tergat e Radcliffe, suggerisco la lettura dell’articolo che ho scritto su Training News 48: “Atene, considerazioni sulla maratona”. Consiglio anche, sempre su Training News 48, la lettura dell’articolo “Atene: aneddoti, curiosità e aspetti tecnici al femminile”.

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