Tecnica

Tecnica

14/03/2006

Tattiche di gara

(articolo scritto da Orlando Pizzolato nel mese di dicembre 2000)

Quanti sono gli atleti che si allineano sulla linea di partenza con già in mente una strategia per correre al meglio? Solitamente pochi. Perché? Io credo per tre motivi. 1. Molti non sanno come prepararsi mentalmente, 2. non credono di aver la necessità di farlo perché non sono agonisti, 3. non sono allenati per gestire il ritmo di corsa per tutta la durata della competizione. Primo punto. Esistono tecniche, tra le quali la più importante è la visualizzazione, per vedere in anticipo come si vorrebbe andasse la propria gara. Si tratta di "vedersi con l'occhio della mente" mentre si è in corsa e si riesce a superare, o meglio evitare, le crisi fisiche, trarre vantaggio dalle variazioni del percorso (salite, discese, curve, ecc.), "sfruttare" gli avversari, esaltare i propri punti forti e assecondare anche le proprie debolezze. Ecco quindi che conoscere in anticipo il percorso di gara è utile per prevedere come impostare la condotta in corsa. Se, oltre ad averlo visto e magari esserci passati in auto, si riuscisse anche a farci qualche allenamento, ciò sarebbe molto utile; in questo modo potete vivere maggiormente le emozioni legate all'ambiente. Importante è anche perlustrare l'ultimo chilometro, spesso fondamentale nel caso d’arrivo in volata e quando si vuol dare il massimo di se. Conoscere i punti difficili dell’ultimo tratto permette anche di non farsi prendere dallo sconforto nel caso le energie fossero ridotte al minimo Secondo punto. Quanto scritto in precedenza non deve essere limitato solo a chi è nella situazione di vincere. Molte gare prevedono anche categorie di età entro le quali c’è sempre dell'agonismo. Se non rientrate neanche tra quelli che hanno l'ambizione di primeggiare tra coetanei, ritengo utile avere ugualmente una tattica da mettere in atto in funzione del percorso.

LE SALITE. Le salite sono dei punti critici per tutti, anche per i corridori più forti; ogni podista che affronta una salita si trova a superare un reale ostacolo dato dalla pendenza e dalla lunghezza della salita. Primo importante aspetto è non subire questo disagio ed affrontare quindi la prova con atteggiamento psicologico negativo. Se non siete forti in salita, affrontate con un ritmo controllato i primi metri in modo da adeguarvi gradatamente alla maggior richiesta energetica. Non pensate assolutamente di mantenere in salita la stessa velocità che avevate in pianura. Per graduare il proprio impegno si può fare riferimento all'intensità dello sforzo, ma aspettatevi che la corsa in salita determini un maggior disagio muscolare, soprattutto a livello dei polpacci. Quando avete trovato un buon equilibrio di impegno (e ciò dovrebbe avvenire nei primi 100-200m circa), potete provare a forzare leggermente l'andatura, forse per seguire i vostri avversari, o anche per provare a staccarli. Andate però sempre in progressione di sforzo: è meglio evitare bruschi incrementi di ritmo. Tenete in ogni caso sempre delle energie da spendere per la parte finale della salita, la zona di passaggio tra la salita e la discesa. E’ questo il punto più decisivo dove spesso si risolve a proprio favore una gara o dove si può andare in crisi. Quegli atleti molto determinati, ed in grado di cambiare prontamente la meccanica di corsa (e per fare ciò dovete essere motivati psicologicamente, oltre che fisicamente non troppo stanchi), possono trarre enorme vantaggio per mettere in tremenda difficoltà l'avversario proprio su questo punto chiave. Solitamente tutti i podisti aspettano la fine della salita per prendere fiato, ma dovete invece pensare che lo sforzo non termina al culmine dell'ascesa. Mentalmente proiettatevi a spingere, e soffrire, per qualche altro centinaio di metri dopo aver scollinato.

LA DISCESA. E’ il tratto di gara in cui gli atleti mollano le tensioni per recuperare dallo sforzo. Sorprendete invece l'avversario spingendo anche in discesa, usando però una tecnica appropriata ed evitando di frenare eccessivamente. Se pensate che correre a buon impegno in discesa non sia faticoso vi invito a provare. Sentirete che dopo 200-300m in spinta avete il "fiatone". Per cui se la discesa è lunga (uno, o più chilometri) non potete pensare di correre a "tutta", ma ogni tanto (200-300m impegnati) dovete rilassarvi per 200m circa. Altrimenti, quando il terreno spiana, non sarete in grado di far girare le gambe in agilità e tutto quello che avete guadagnato in discesa lo perderete nel giro di 1km. Anche il tratto di passaggio tra la discesa e la pianura è particolarmente critico: si tratta di adeguare rapidamente la meccanica di corsa passando da falcate ampie a passi più brevi e rapidi. Quindi al termine della discesa cercate di andare subito sulla rapidità concentrando maggiormente l'impegno a livello dei polpacci piuttosto che sulle cosce, già sovraccaricate in discesa. LE CURVE. Possono essere pensate come a dei "trampolini di lancio". Quando si affronta una curva si deve spesso cambiare meccanica di corsa: rallentare per poi accelerare. Solitamente tutto questo viene fatto ad una velocità per così dire di sicurezza, anche se chi corre a piedi tiene andature molto elevate. Provate invece, qualche volta, ad affrontarle in modo un po' più "spericolato", nel senso di decelerare meno prima della curva e all'uscita fare 5-10 passi in forte spinta. Con sorpresa scoprirete che il vostro avversario sarà rimasto indietro di qualche metro, e se non reagirà prontamente perderà il contatto, che sappiamo tutti essere particolarmente favorevole come punto di riferimento. Se di curve in gara ce ne sono parecchie, meglio se poste quasi una di seguito all'altra (come ad es. nei centri storici), questa tattica ripetuta quasi ad ogni curva vi servirà per disorientare l'avversario. Se nel susseguirsi delle curve sparite dalla sua visuale, magari anche solo di qualche metro, egli penserà che lo avete staccato definitivamente e sarà portato a mollare. Ovviamente le curve devono essere affrontate in testa al gruppo per scegliere così la traiettoria migliore e non essere frenati da chi vi precede. Per attuare con successo queste tattiche, oltre ad averle mentalmente previste e praticate in allenamento, vi suggerisco di effettuarle fissandovi dei punti specifici di riferimento. Poiché le situazioni sopradescritte si svolgono in gara, quando spesso la fatica è rilevante ed assorbe tutte le energie nervose, è necessario porsi dei traguardi intermedi. Per es. continuare a spingere ancora anche oltre il termine della salita non può essere protratto molto a lungo, altrimenti si "scoppierebbe". Per cui impegnatevi ad insistere solo fino ad un punto specifico. Personalmente mi prefissavo di spingere fino ad es. ad un certo albero, o ad un’automobile parcheggiata, oppure fino ad un cartello stradale, posti ad una distanza che sentivo di poter raggiungere adeguatamente. Questo mi aiutava a rimanere concentrato, a non demordere e a farmi scoraggiare se l'avversario non si staccava. Dopo il punto specifico prefissato, mollavo leggermente le tensioni, nell’attesa di un eventuale altro attacco. Terzo punto. Le tattiche di gara sono ovviamente legate anche alla distanza da percorrere. Tuttavia la regola numero uno è sempre quella che prevede la regolarità nel ritmo. In questo modo riuscirete ad esprimere al meglio il vostro completo potenziale. In maratona, ma anche per le gare brevi, in seguito alle limitate riserve energetiche di glicogeno, è fondamentale mantenere un ritmo costante ed evitare invece gli scatti e i cambi di ritmo. Nel podismo i repentini cambi di velocità sono sempre molto dispendiosi e potrebbero costarvi cari. Non prendete esempio dai ciclisti; loro hanno la necessità di staccare di ruota l'avversario che altrimenti spenderebbe molte meno energie ed inoltre stare in gruppo consente di recuperare lo sforzo. Sappiamo però che le gare sono spesso legate all'agonismo, e quindi è necessario provare tutte le varie soluzioni possibili per battere l’avversario e primeggiare. Si è costretti quindi a seguire l'impostazione tattica degli altri avversari, ma suggerisco di non reagire agli scatti con improvvisi cambi di velocità; molto meglio recuperare lo svantaggio gradatamente. Ai maratoneti di livello amatoriale suggerisco tuttavia di impostare la corsa in progressione di ritmo, pensando di poter correre la seconda parte di gara più velocemente della prima. Questa è un’abilità molto importante perché permette di innescare nel modo più economico e redditizio i processi metabolici aerobici. Da un punto di vista psicologico inoltre, ciò consente di sfruttare l'effetto galvanizzante derivante dal fatto di superare gli avversari che stanno davanti e, che partiti troppo forte, stanno calando di ritmo. Ciò vi terrà inoltre la mente lontana dalle sensazioni di fatica e stanchezza, inevitabili nella parte finale di gara. Non pensate che questa tattica attendistica non vi permetta di rendere al 100%. Sarete invece in grado di esprimere al meglio il vostro potenziale, ed inoltre non arriverete stravolti al traguardo, tanto che il giorno seguente non avviserete particolari indolenzimenti alle gambe, tipici invece di chi ha dovuto ricercare le energie necessarie per percorrere gli ultimi chilometri, anche dalle riserve fisiche più nascoste. Purtroppo però non tutti i podisti sono allenati per incrementare il ritmo nella seconda parte della maratona. Anzi, nonostante una prudente impostazione iniziale, inevitabilmente l'andatura cala a causa dell'insufficiente autonomia di rendimento. A questa situazione l'unico rimedio è la necessità di incrementare i chilometri di allenamento.

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