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06/05/2024

Anno 21 - Numero 556
Paradosso della velocizzazione

lunedì 6 maggio 2024

Stages di allenamento: luci puntate sul primo stage della stagione estiva, nell'incantevole scenario del laghetto di Nembia - Dolomiti di Brenta: dal 13 al 16 giugno, test e riprese di corsa, 3 giorni full immersion. Ancora posti disponibili. Qui il resto del calendario. Se vuoi informazioni e prezzi, scrivi a Ilaria.

Dal mio blog: Una primavera tecnica a lungo desiderata.

Correre all'estero:
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Per preventivi senza impegno e per comunicare il tuo interesse alla Maratona di New York 2024, scrivi una email a Anna.

Buona lettura
Orlando

Paradosso della velocizzazione

Nel ciclo dell'allenamento (cioè la pianificazione delle fasi di preparazione nelle quali organizzare gli allenamenti specifici) si arriva al punto in cui si "parla" di velocizzazione dei ritmi di corsa. Sono particolarmente interessati i maratoneti perché, una volta corsa la maratona e dopo settimane di allenamento di alto chilometraggio, hanno quasi una scelta obbligata visto che la stagione di gare lunghe è praticamente terminata.
Cosa si intende per velocizzazione? È necessario chiarire questo aspetto tecnico perché si rischia di dare per scontato il “fare allenamenti più veloci”. Il concetto è corretto, ma per farlo bene nella pratica si deve capire che è un processo di specializzazione delle fibre muscolari nel produrre energia. Non è però un aspetto che si attiva in modo semplice, come quando si preme un tasto del telecomando per accendere il televisore. La specializzazione delle fibre muscolari richiede tempo per essere sviluppata, anche svariate settimane se queste fibre sono state stimolate per parecchi mesi a produrre energia utilizzando prevalentemente gli acidi grassi, come quando si prepara una maratona.
È un obiettivo tecnicamente corretto quello di diventare più veloci perché, se aumenta la cosiddetta velocità di base (aumentando VO2max e/o velocità della soglia anaerobica), di conseguenza cresce il potenziale di rendimento di un maratoneta, soprattutto prima di iniziare la preparazione specifica per la maratona.

La messa in pratica del processo di velocizzazione non è proprio semplicistica, e nemmeno vantaggiosa se non si è attenti a modulare il carico. Si è portati a pensare che, se durante la preparazione per la maratona si svolgevano allenamenti intervallati, per esempio 8 prove di 1km a 4'/km con 2' di pausa, basterebbe ora sostenere 6 prove a 3'50"/km con 3'-3'30" di pausa. O, per essere ancora più incisivi, correre frazioni più brevi in modo che la velocità sia ancora più alta: per esempio 10x500m a 3'40” con pausa di 2'/2'30”.
In questa operazione si deve prestare attenzione a non sostenere però sforzi particolarmente lattacidi come avviene quando ci si "butta" a correre distanze corte, in quanto è confermato da varie ricerche che l'alta concentrazione di acido lattico nei muscoli ha effetti deleteri sui mitocondri perché l'acido (lattico) corrode le loro membrane, distruggendoli.
C'è anche un aspetto subdolo che non permette di diventare più veloci in allenamento, e di conseguenza in gare brevi (10-12km): vale a dire una insita impossibilità di trasformazione delle fibre muscolari, piuttosto marcata nei podisti amatori per aspetti per così dire “genetici”.
Ci si deve quindi rassegnare a restare dei corridori "lenti" per tutta la carriera? C'è una modalità che permette di diventare più veloci senza ammazzarsi di ripetute anaerobiche, ed è possibile togliendo il blocco che impedisce il miglioramento. Il fattore limitante non è l'incapacità di correre velocemente, ma di accumulare rapidamente acido lattico, e quasi sempre in grandi quantità.
Pertanto non si deve puntare a fare ripetute molto veloci con la conseguenza di produrre tantissimo acido lattico, ma piuttosto di allenare i muscoli a produrne poco a parità di velocità. In definitiva, ci si allena a intensità appena di poco più alte del ritmo gara di 10km per frazioni corte, come i 300 e 400m perché, più è lunga la prova, più tempo i muscoli "lavorano" in una situazione leggermente lattacida. Se dopo 400m i muscoli hanno prodotto 3-4 millimoli di lattato, è probabile che dopo 1km si arrivi a 6-7 e anche più millimoli. Molto meglio quindi fare frazioni brevi e di intensità controllata, ed ovviamente con numerose prove, sia perché lo sforzo è più tollerato (visto che c'è meno acido in giro), sia perché si riesce a sostenere un maggior carico allenante.
Non si deve poi dimenticare l'importante aspetto allenante del recupero, che deve essere tassativamente attivo e pari alla durata della prova veloce, o poco di più. Nel recupero non è molto rilevante il ritmo di corsa e si può procedere correndo davvero piano, anche molto più lentamente del ritmo della corsa lenta.

orlando

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