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10/02/2025

Anno 22 - Numero 569
Alla ricerca dei ritmi di allenamento – test dei 7 minuti



Oggi parlo del test dei 7 minuti, delle mie considerazioni per capire di che fibra è fatta chi lo svolge, e dei ritmi di corsa da proporre basandomi o no sul risultato del test.

Le foto dello stage di Peschiera le trovi QUI.

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Berlino e Chicago: ancora qualche disponibilità.
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Buona lettura

Orlando

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Alla ricerca dei ritmi di allenamento – test dei 7 minuti

Quando ho ideato il test dei 7' nel 2005, anno della prima edizione del mio libro, avevo in mente di utilizzarlo per individuare in modo indiretto il valore del VO2max e desumere la velocità della soglia anaerobica, parametro che consentiva poi di determinare il livello di efficienza del podista e di conseguenza la tabella di allenamento da seguire. Dopo 20 anni di dati ed esperienze con numerosi podisti che lo hanno eseguito, ho rivalutato l'importanza del test dei 7' perché ho trovato correlazioni interessanti anche a livello fisiologico (oltre al VO2max).
Una prova di così breve durata attiva anche il meccanismo anaerobico, con il conseguente accumulo di lattato nei muscoli. L'accumulo spesso è rilevante, tanto che una velocità esagerata all'inizio della prova costringe a rallentare molto, proprio a causa della forte acidificazione del sangue. A fine test ci sono podisti che possono arrivare a concentrazioni di lattato di 15-18 millimoli, una quantità davvero molto elevata. Basti pensare che, quando nel sangue si trovano 4 millimoli di lattato, si sta correndo approssimativamente al ritmo di una gara che dura 40-50 minuti.
I podisti che percorrono le maggiori distanze durante i 7' sono dotati di muscoli con alta capacità di utilizzare glucosio e di tollerare un'alta concentrazione di acido lattico, caratteristiche proprie del mezzofondista.
Il dato della distanza percorsa durante la prova però mette in evidenza un solo aspetto del profilo fisiologico, e quindi per identificare meglio le caratteristiche del corridore è necessario mettere in rapporto la distanza percorsa con i tempi conseguiti in gare recenti. In questo caso si presentano tre situazioni:
1) la velocità tenuta nel test combacia con quelle dei primati 2) è superiore a quella dei primati 3) è inferiore a quella dei primati
Il primo e il secondo caso sono più comuni tra i podisti amatori, mentre il terzo è meno frequente.
Nel primo caso il podista non evidenzia aspetti metabolici (il tipo di energia utilizzata) altamente specializzati per una specifica distanza. In pratica corre bene dalle distanze brevi alle distanze lunghe, senza evidenziare nessun picco, nessuna predisposizione.
Nel secondo caso si è portati a pensare, correttamente, che il podista abbia "fibre bianche", non intendendo però quelle altamente specifiche del velocista ma bensì le fibre "ibride" del mezzofondista: un po' rosse, un po' intermedie e poche bianche. Questa situazione è però poco frequente, perché nella maggioranza dei casi verifico invece che la discrepanza tra potenziale (rendimento nel test) e primati è dovuta piuttosto al ridotto livello di allenamento. La conferma arriva quando, ripetendo nel tempo il test (mesi e anni dopo), la distanza aumenta solo di qualche decina di metri (10-20 metri), mentre nel tempo migliorano di più i primati.
Il terzo caso porterebbe a pensare, correttamente, che il soggetto è poco "anaerobico" ed è portato per le distanze lunghe, dotato quindi di molte fibre rosse. La terza situazione si presenta invece molto frequentemente con i soggetti che hanno superato una certa età, a conferma che la potenza aerobica (VO2max) cala molto rapidamente nel tempo.
Queste sono in linea di massima le indicazioni che trovo mettendo in rapporto il dato del test con i primati.
La "voce della verità" arriva quando delineo i ritmi di allenamento con quelli che mi "suggerirebbe" il valore del VO2max, ed è in questo caso che ho conferma se il corridore ha caratteristiche metaboliche specifiche. Molto spesso, ma ovviamente ci sono le eccezioni, i ritmi che propongo per i vari mezzi di allenamento sono ben correlati con quelli indicati dal test ed è la situazione descritta nel punto 1.
La situazione più particolare è quella del punto 2, perché la tendenza del podista è di correre più svelto dei ritmi che indico io, perché potrebbe essere un "fibra bianca". Questo "contrasto" nasce quando il podista ha come obiettivo le gare lunghe, per le quali le fibre rosse sono il motore principale che produce energia. In questo caso il processo di adattamento richiede tempo e proposte di allenamento particolari, visto che il "motore del podista tende ad andare molto su di giri" e consuma quindi molto glucosio, arrivando presto a un limite metabolico.
Allenare podisti che vanno "contro natura" è molto più complicato rispetto a preparare un podista classico, anche perché per un amatore è difficile accettare di rallentare i ritmi se le gambe girano.
Nel caso di podisti del punto 3, il test dei 7 minuti non è più un punto di riferimento perché si rischierebbe di non allenarli, di dare dei ritmi sottostimati. In questo caso le andature di allenamento sono correlate ai ritmi di gara.

orlando

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