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09/04/2015

Il racconto di Romain Purro - Maratona di Tokyo - 22/02/2015

RUNNERS&WRITERS
Anno 4 - numero 118
Giovedì 09 aprile 2015

Maratona di Tokyo - 22/02/2015

Il principale motivo per volare a Tokyo, completare le Sei Major, dopo aver portato a casa i primi cinque cimeli, tra i quali la prima Major a New York nel lontano 2007, il record in terra tedesca e le emozioni extra-sportive di Boston.
Cosi, preparato il viaggio sin dall'estate precedente, superato senza troppe difficoltà gli allenamenti invernali, arrivo il venerdi mattina nella capitale giapponese. Volo in due tappe di 13 ore, in pratica si arriva alla stessa ora, o quasi, della partenza, ma un giorno dopo...Il pomeriggio è dedicato all'Expo, che come nelle altre Major, è un evento nell'evento, con i suoi stand, i suoi gadget, i suoi volontari gentili e disponibili, un denominatore comune per tutto l'evento. Il sabato è fatto di una visita alla città dall’alto di un autobus turistico (scelta alla vigilia per me tradizionale e che consiglio, si vede la città senza affatticare le gambe), di un riposo forzato e ovviamente di una cena a base di pasta, assolutamente accettabile.
Il fuso orario (+8 ore) e le ore di volo, ostacoli che più temevo alla vigilia (una mezza-maratona corsa in 1h27 due settimane prima mi aveva dato la sicurezza necessaria per il dato strettamente cronometrico) vengono in realtà ben superati grazie all'adrenalina, all'eccitazione, alla novità, all'Evento. Nel pullman che ci porta alla partenza, un vicino di Taiwan. Non capita tutti i giorni. La zona della partenza è immensa (altro punto comune alle Sei), ci sono controlli come in aeroporto (niente liquidi, ma dopo il controllo c'è abbondantemente di tutto a disposizione), come sempre mi isolo, mi cambio con molta calma, l'ultima tensione è incentrata sui bisogni naturali...ma fondamentali (e qui nessuno si azzarda a farlo dietro al cespuglio)! Il cielo è grigio, la temperatura bassa, c'è da capire se pioverà o no. Punto sul no, in funzione abbigliamento, e la scelta, fortunatamente, è azzeccata.
Ciò che colpisce pochi minuti prima del via (le 9:10 locali) è il silenzio assoluto, nonostante i 36000 atleti riuniti, pronti a scattare. Non è tensione, o meglio, non solo, sembra una forma di rispetto per quello ci circonda, per quello che ci aspetta. Gli occidentali sono pochi, sembriamo quasi cercarci. Il via, come sempre, e forse ancora di più qui a Tokyo, è liberatorio. Essere al via era già un successo, del quale tuttavia non siamo sazi. I primi chilometri sono purtroppo un pò caotici, troppi non hanno il ritmo adeguato alla gabbia di partenza, complice una 10km inserita alla stessa ora, forse l'unica pecca importante organizzativa. Ma questi chilometri servono anche per farmi capire che in fondo, sotto qualsiasi latitudine, l'asfalto che i tuoi occhi fissano è sempre griggio, la distanza sempre uguale. Certo qui le strade sono molto ampie, larghe, azzeccare le tangenti si rivela molto importante, ma l'asfalto è buono, senza la durezza russa o le buche europee.
Con i chilometri cresce la fiducia, il ritmo è costante, riesco a distrarmi osservando palazzi, templi e tempi, grattacieli, corridori e corridrici, tifosi, e anche, un vero lusso, il gruppo dei leader, succederà ben due volte, quando le nostre strade si incrociano. Rifornimenti regolari (soprattutto liquidi e sali per me; tra i solidi, proponevano, tra l'altro, anche pomodorini e panini con cioccolata!), andatura da metronomo, forza mentale mi portano nei tempi previsti agli ultimi dieci chilometri, quelli segnalati dall'altrimetria per i loro ponti. Non sono quelli americani, ma si sale lo stesso eccome, con l'80% del percorso già nelle gambe. Si scalano, ma si scendono anche. E cosi se a Tokyo compare il cartello dei 40km (si, vengono indicati i km, non i miles) non c'è fatica che tenga, solo gioia e soddisfazione, un guardarsi indietro pensando al traguardo davanti a noi. L'unico pensiero, non strafare, non accellerare, non rischiare i crampi, per correrla, tutta e tagliare il mio 63mo traguardo sulla distanza.
Il dopo gara è anch'esso un evento, tutto è grande tranne l'attesa, delle borse, dei massaggi, delle foto. Ma più grande di tutto è ancora una volta la gentilezza, la disponibilità, i sorrisi, gli applausi di decine e decine di volontari che ci fanno sentire protagonisti anche dopo il traguardo. Si torna in hotel, l'effetto adrenalina ancora c'è, la stanchezza arriverà dopo. In ascensore ritrovo l'amico di Taiwan, in camera Ignazio e più tardi l'amico tifoso Gianluca, venuto fin qui a Tokyo. A lungo osserviamo i corridori tornare in hotel, chi zoppica, chi si trascina, chi cammina, chi con la medaglia al collo, chi no, ma tutti felici.
Il sipario sulla trasferta nipponica cala martedi, dopo ancora tanti giri fatti di shopping e visite turistiche, come per esempio all'immenso mercato del pesce. Ultimo sushi, ultima metro, ultime direzioni da studiare, si torna a casa.
Concludo consigliando vivamente la trasferta giapponese (con o senza scarpe da corsa!), per il mondo diverso che si apre ai nostri occhi, perche viaggiare allarga la mente. La maratona di Tokyo è la sorella minore delle Sei Major e per alcuni aspetti, dettagli, si nota, ma nell'insieme il giudizio è assolutamente positivo.
Romain Purro - Finisher 3.12'36'' [2052/34063]

Romain Purro



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