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20/03/2018

Il racconto di Giuseppe - Maratona di Brescia

RUNNERS&WRITERS
Anno 7 - numero 168
Martedì 20 marzo 2018

Maratona di Brescia: cronaca di una pazzia annunciata

Ma chi me lo fa fare... Giuro che è l’ultima. Quante volte un runner durante una maratona si ripete spesso queste frasi? Io sempre, e penso di non essere il solo. Si ripetono in condizioni climatiche ideali, figuriamoci in condizioni climatiche proibitive.
Come quelle che si sono presentate a Brescia. Già da almeno una settimana prima, tutti gli esperti di meteorologia, trasmissioni, app, siti e così via, avevano messo in guardia da cosa mi sarei dovuto aspettare domenica mattina, e inconsciamente uno pensa quindi di essere preparato psicologicamente. Ma non è stato così. Non è mai così.
Domenica mattina quindi, alzandomi e spostando la tenda, vedo che sta piovendo (ma dai!!), il letto diventa improvvisamente una tentazione molto forte, ma è la mia prima maratona con i colori della Michetta, non posso fare certo brutte figure, mi faccio forza e mi preparo; quindi, pensando di essere preparato a tutto, mi avvio alla partenza, e ci arrivo già bagnato, nonostante l'ombrello. La pioggia si vede, ma soprattutto si sente. Cerco di convincermi che alla fine ho corso tante volte sotto la pioggia, sia in gara che in allenamento, tante di quelle volte che se fossi una pianta sarei più alto di una quercia secolare, cerco di pensare che sono "solo" 42,195 km, che è solo un test di preparazione per il vero obiettivo primaverile, e quindi il risultato cronometrico è secondario, e che non è detto che debba piovere per tutta la durata della gara. Quindi, "risollevato" da questa presa di coscienza, comincio la gara, partendo con addosso il mitico impermeabile della Roma-Ostia (e chi l'ha corsa almeno una volta sa di cosa parlo), che più che essere un impermeabile si avvicina di più al saio di un frate o alla palandrana di Dante. Ma l'aria era anche freschina, e serviva anche a tenere caldi.
I primi km li passo a schivare le pozzanghere, o a schivare chi davanti a me fa la stessa cosa all'ultimo momento, con il risultato di prendere in pieno la pozzanghera o colui che l'ha schivata. Al 5° km l'impermeabile finisce in un cassonetto, ed effettivamente mi sento un "po'" più leggero (almeno 10 kg), e comincio la mia gara. L'adrenalina ti porta a non sentire neanche la pioggia, nonostante io la veda, ma ho preso un buon ritmo e per il momento "l'autoconvincimento" pre-gara funziona. Il passaggio alla mezza è più veloce del previsto, il percorso non presenta difficoltà eccessive a parte le pozzanghere, e quindi la fiducia aumenta... Non avevo fatto i conti però con la cosa che meno sopporto quando corro: il vento.
Come se non bastasse la pioggia, verso il 25° km si alza un forte vento, e la gara comincia ad essere una prova di sopravvivenza. Non ero mai stato a Brescia, ma correndo scopro che in qualsiasi direzione tu corri, il vento lo avrai sempre contro. Vedo le biciclette dei ragazzi dell'organizzazione sbandare e comincio a ripensare alla frase iniziale, provo a contare i km che mancano rispetto a quelli già corsi, ma mi sembrano sempre tanti, comincio a scambiare i cestini della carta per bambini, e capisco che forse non è che sto così bene, anche perché che ci farebbero i bambini in strada con quella pioggia? Provo a mettere in pratica il suggerimento del mio coach, e cioè nei momenti critici dire la tabellina del 7 per vedere se si è ancora lucidi, ma anche quella del 2 mi sembra peggio dell'esame di Analisi 2 (e chi lo ha sostenuto sa di cosa parlo), smanetto sul garmin come se fosse il cambio di una bici, sperando in questo modo di aumentare i km corsi, ma quello non si smuove neanche se faccio finta di svenire. Alla fine mi affido a tutti i santi possibili ed immaginabili, non sapendo più a che santo votarmi… Al ristoro del 35° km chiedo aiuto a una signora dietro ai tavoli per aprirmi il gel, dato che avevo perso la sensibilità alle mani, e la signora prima mi guarda stupita non capendo la mia richiesta (non ricordo in che lingua gliel’ho chiesto, probabilmente a gesti), e dopo mi guarda come una mamma guarda un figlio ormai irrecuperabile. Tutto ad un tratto vedo (battuta) il cartello con un 4 come prima cifra, e dopo il primo attimo di sbandamento (possibile che sono ancora al 4° km?) mi rendo conto che manca poco, anche se a giudicare dalla gente presente in strada mi sembra di stare ancora in aperta campagna. Come d'incanto ritorno lucido (seconda battuta), ma capisco che è finita, ma all'imbocco di Piazza della Loggia, a 200 metri dal traguardo, mi accorgo di avere gli occhi umidi. Penso "grazie al ‘beep’, non penso siano l'unica parte del corpo umida con tutta la pioggia presa", mi avvicino al traguardo, addirittura quello di fianco a me mi guarda e accelera per fare lo sprint, ricevendo in cambio solamente il mio sguardo pietoso (ma sei scemo???), ringrazio il cielo per essere arrivato sano e salvo, un saluto a mio padre, che da lassù è l'unico che cerca di farmi compagnia durante i 42 km, e passando sotto il traguardo mi ritrovo con gli occhi non più umidi ma bagnati, e non di pioggia...
E proprio in quel momento, quando la tensione viene scaricata in un attimo, quando le lacrime stanno riempiendo il tuo viso, e tu te ne dici di tutti i colori perché non sono gesti da una persona della mia età, e con tante maratone alle spalle, riesci finalmente a darti una risposta alla domanda iniziale, che si trasforma subito dopo in "quando è la prossima?"
Tranquillo Pino, mancano solo 4 settimane...

Giuseppe Donzella

Giuseppe Donzella, nato a Taranto quasi 51 anni fa, un intera vita vissuta a Roma e un anno fa la pazzia di trasferirsi a Milano ricominciando quasi da zero; informatico di professione, cuoco e maratoneta per passione, anche se nata per caso pochi anni fa, ma che in 6 anni lo ha portato a concludere 20 maratone e 22 mezze maratone.



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