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29/11/2018

Il racconto di Anna - Una sfida contro me stessa

RUNNERS&WRITERS
Anno 7 - numero 176
Giovedì 29 novembre 2018

Una sfida contro me stessa

05/11/2018 – New York (USA)

“Ce la farò? Si, dai. No, impossibile”.
“Alla fine, ce l'ho fatta? Se anche così vuol dire farcela, allora sì, ce l'ho fatta”.

Chi mi conosce sa che sono sempre stata la pigrizia in persona ma per tenermi in forma ho iniziato a correre, mano a mano che il tempo passava dentro di me nasceva il pensiero che un giorno quella maratona avrei dovuto correrla visti i precedenti in famiglia. Tutto è nato da un giorno all'altro, sì proprio dalla sera alla mattina quando mi sono svegliata e ho detto a Sergei “quest'anno corro New York” (credo che in quel momento pensasse che fossi sonnambula!). Non lo sapeva nessun altro tranne Sergei e un paio di altre persone necessarie per l'iscrizione. Proprio così, mamma, papà e Chiara non ne erano al corrente. Così, a maggio, mi iscrivo e inizio ad aumentare il chilometraggio dei miei allenamenti (cavolo se è dura!), infatti le mie uscite prima duravano poco più del tempo che mi portava via la doccia che facevo dopo! Chi ha corso prima di me e ha più esperienza sa bene che aumentare da un momento all'altro il chilometraggio può portare ad infortuni e ovviamente, con la fortuna che ho, così è successo. A giugno inizio a sentire un dolore al ginocchio destro, esternamente... Sindrome della bendelletta (almeno così è sembrato visto che non ho appurato con delle visite) a volte non riuscivo a fare più di 6km, a volte più di 10km e quindi le speranze di poterla correre andavano a sfumarsi visto che non potevo permettermi di “sbagliare”, soprattutto perchè ero ancora molto lontana in fatto di chilometri ma non avevo altra soluzione se volevo portarla a termine. Ma questo non è tutto, a fine luglio ho dovuto subire un piccolo intervento che mi comporta lo stop forzato di una settimana. Ho pensato: meglio così, magari si riprende anche il ginocchio e tutto sommato (per fortuna!) il ginocchio inizia a dare meno fastidio e mi permette di finire gli allenamenti previsti.
A fine agosto, però, un altro piccolo intervento ma per fortuna lo stop è solamente di un paio di giorni.

Arriva il giorno di partire, adrenalina ma sopratutto paura alle stelle; ho sempre amato New York e partivo sempre con la carica e la felicità di raggiungere la mia amata città, questa volta però mi terrorizza. Non tutti gli allenamenti sono andati come volevo, soprattutto i più importanti che (almeno mentalmente) mi avrebbero aiutata a partire con l'idea “ok, sono pronta, ce la posso fare”. Invece, con l'insicurezza che ho da 24 anni, mi ritrovo a partire con l'idea “aiuto, non so se a Central Park ci arrivo”.

Il giorno dell'Expo arriva. Sergei, papà e Chiara devono ritirare i pettorali per la Dash to the Finish Line del giorno precedente la maratona, così andiamo tutti assieme. Non devo però ritirare il pettorale nelle normali file bensì in un'area dedicata quindi io e Sergei anticipiamo il resto della famiglia che si è trattenuta fuori dall'Expo per qualche chiacchiera. Nascondo il pacco gara nella giacca che porto tra le mani e ci ritroviamo poi al ritiro dei pettorali della “Dash”, loro nel frattempo li avevano già ritirati quindi accompagno Sergei e una volta ricongiunti mostro loro il pacco gara dicendo: “sorpresa!”.

Mamma all'inizio pensa sia di Sergei ma quando scopre che è mio dice: “lo sapevo, me lo immaginavo” (dalla faccia non sembrava proprio!) e poi rivolgendosi a Chiara e papà dice: “voi no?”.
Chiara con un misto tra scioccata e schifata dice: “proprio no”.
Papà non parla.

Arriva il fatidico giorno, quel 4 novembre che aspettavo da mesi. A maggio mi ero prefissata un obiettivo cronometrico ma poi, vista la difficoltà con cui la preparavo pensavo solo a finirla partendo di corsa e facendo almeno la prima parte (la più “scorrevole”) correndo e poi camminando solamente durante i ristori per prendere una piccola pausa.
Ma dentro di me sapevo bene che la seconda scelta non mi piaceva e che esigo sempre il meglio da me stessa.
Tutto sommato la seconda scelta è stata effettivamente la realtà. La prima mezza tutta di corsa (anche più piano di quanto dovevo per preservare un po' di forze per la seconda) e la seconda correndo e camminando. Purtroppo però per la seconda parte mi ero prefissata per prima cosa di camminare solo durante i ristori (ma così non è stato) e come seconda cosa di godermi il pubblico e la città, cosa che non sono riuscita a fare come volevo visto che la mente mi portava a concentrarmi sulla sopportazione del dolore e non sull'ambiente esterno. Quindi la prima parte è stata come da aspettative, la seconda proprio no, obbligata a camminare più di quanto realmente volessi per sopportare il dolore alle gambe e reggere fino alla fine.

Sapevo che la maratona di New York era particolare ma correrla è tutta un'altra cosa, il pubblico è veramente frastornante e senza di loro penso che non ce l'avrei fatta, arrivavo ad un certo punto che anche se avevo male ero costretta a correre perché urlavano così tanto dicendo: “run, run, run”, “don't walk, make NY proud”, “you can do it” che era proprio impossibile continuare a camminare, dove ho corso nella seconda parte è stato grazie al pubblico che incitava continuamente.
Tramite l'app dell'organizzazione era possibile fare anche le “cheer cards” che venivano pubblicate su un grande schermo all'entrata di Central Park. Quando la telecamera vedeva i numeri di pettorale, controllava se ci fossero cheer cards associate e le proiettava. Sergei ne aveva fatta una e quindi anche lì ho dovuto riprendere a correre!

Quando ho visto l'arrivo davanti a me ho iniziato a piangere, non so per cosa, se per il male, per l'emozione, perchè non vedevo l'ora di arrivare o perchè finalmente, tutti i sacrifici, i chilometri percorsi, le “alzatacce” alle 05:30 di mattina per evitare il caldo, i pianti, i dolori alle gambe, il segreto che stavo tenendo e tutta la sofferenza erano state ripagate. Finalmente ero riuscita a sfidare me stessa e a mostrarmi che se voglio, posso.
Ero contentissima di avercela fatta. Il rammarico, la tristezza e la delusione per il tempo e per cosa mi era successo sono arrivate più tardi.
Non posso vedere qualcuno correre senza provare nausea, non riesco a realizzare di averla conclusa, mi resta il meraviglioso ricordo dei primi 21km, passati velocissimi senza accorgermene. Mi resta il terrore del dolore provato e l'odio di quella 1st Avenue, Bronx e 5th Avenue che non finivano mai. Mi resta il calore del pubblico, certi sguardi e certe parole che quasi mi fanno piangere. Mi resta l'infinita attesa alla partenza, il silenzio dei ponti che mi hanno dato tristezza dopo tutta la felicità che si aveva dal pubblico. Guardo la medaglia e non sorrido ma resta il rammarico di non averla corsa come volevo e di non averla onorata come dovevo. Insomma, la odio e la amo.

E' incredibile come ci voglia così tanto tempo per preparare qualcosa che si conclude in così “poco” tempo.

Sicuramente molti penseranno che sono pazza per non essermi fatta aiutare da papà ma sapevo fin da subito che il discorso in qualche modo sarebbe uscito sicuramente e mi ero promessa che a chiunque mi avesse chiesto se avessi corso avrei risposto di no fino alla sera prima. Questo perché stavo vivendo già il tutto con molto nervosismo, causato anche da altre situazioni e una certa “pressione” o anche minima aspettativa mi avrebbe messa a disagio. Vedendo poi i problemi che ho incontrato lungo la strada non sapevo come sarebbe andata a finire e ho preferito “preparami” e correrla con più leggerezza anche se di leggero non c'è stato proprio niente. Comunque sia mamma e papà indirettamente potevano sapere che l'avrei corsa, tutti i dubbi che avevo li sottoponevo loro facendo finta di essere una iscritta attraverso il nostro gruppo che poneva certi quesiti. Questo mi è stato d'aiuto in più occasioni, infatti facendo finta di essere un'estranea ho potuto sapere ciò che realmente pensavano di una persona che stava preparando questa maratona in quel determinato modo e sapere la verità su cosa pensavano di certi allenamenti non finiti e se questa persona fosse pronta o meno per affrontare una cosa di questo tipo, se avessero saputo che ero io ovviamente avrebbero sempre detto che andava tutto bene per rassicurarmi anche se in realtà non era così.
Per l'appunto, tra i servizi che offriamo a coloro che sono iscritti attraverso il nostro gruppo c'è anche la previsione cronometrica, l'ho richiesta anche io sotto falso nome per vedere cosa mi sarebbe stato detto!

Devo comunque ringraziare in primis Sergei che ha avuto una pazienza immensa ogni qualvolta tornavo dagli allenamenti incazzata e urlavo o piangevo perché non era andata come volevo, perché avevo paura di non farcela perché, in fondo, avevo deciso di fare qualcosa più grande di me. Voglio ringraziare il NYRR che mi ha dato la possibilità di correrla e Terramia che mi ha fatta arrivare a New York. Infine, penso che molti di noi abbiano un “mito”, un personaggio di riferimento, uno stimolo nella vita o un esempio da seguire; mi piacciono molti atleti ma non pensavo che delle parole di una persona potessero darmi tanta carica e energia.
Quindi ultima, ma non meno importante (anzi forse una delle più importanti) è stata una persona che non sa di avermi aiutata ma indirettamente lo ha fatto, eccome se lo ha fatto. Si chiama Colleen Quigley o meglio conosciuta come la bellissima atleta del Bowerman Track Club che ho conosciuto personalmente l'anno scorso, una ragazza piena di vita e sorridente. Ricordo ancora quell'1 agosto quando pensavo di mollare tutto perché pensavo non sarebbe stato possibile, ecco che arriva un suo post su Instagram che diceva:

“Where do you want to go? Who do you want to be? Are the choices you are making right now, today, helping you reach that goal? When I want to cut a run short or skip the gym, this is what I ask myself.”

“Dove vuoi andare? Chi vuoi diventare? Le scelte che stai facendo proprio adesso, oggi, ti aiuteranno a raggiungere l'obiettivo? Quando voglio accorciare un allenamento o saltare la sessione in palestra, questo è quello che chiedo a me stessa.”

Durante gli allenamenti, durante i lunghi, durante questa maratona, quando volevo mollare tutto, queste parole mi martellavano la testa e mi hanno accompagnata ogni giorno fino ad oggi. Oltre alle gambe e al fiato serve veramente tanta testa per concludere una maratona (penso che nelle mie sedute ho allenato più la mente che il fisico!). Lei non lo sa, ma è stata la mia forza mentale per moltissime ore, moltissimi respiri e moltissimi chilometri. Soprattutto il giorno della maratona, quando volevo mollare, le sue parole mi hanno dato una forza mentale pazzesca. Quindi, anche se indirettamente, grazie Colleen, se sono arrivata al traguardo è anche grazie a te.

Per tutti coloro che pensano di essere pigri, di non riuscire mai a portare a termine una maratona o anche solo di non poter raggiungere un obiettivo forse le parole di Colleen non saranno niente ma spero possiate prendere spunto dalla mia storia perché veramente se ce l'ho fatta io ce la possono fare tutti! Questa può essere la vostra motivazione e non lo dico così per dire ma perché lo penso veramente, perché mi conosco e perché io stessa non pensavo di farcela.

A tutti coloro che pensano che un cognome fa il talento voglio dire che non è assolutamente vero e io ne sono la prova! Non mi interessa se molti penseranno “ma come è possibile che la figlia di Pizzolato abbia corso così piano?” Si, lo so, sono lenta e corro malissimo ma alla fine avevo parzialmente accantonato l'obiettivo cronometrico (anche se ancora non riesco a digerirlo) e mi ero prefissata di portarla a termine come sfida contro me stessa, è stata dura, anzi durissima, ma in certi momenti mi sono anche divertita (come dovrebbe essere per chi non lo fa agonisticamente).
Evidentemente i geni che mi spettavano hanno deciso di preservarsi per la seconda perché, se io ho concluso una maratona, non è da tralasciare che Chiara sabato ha concluso la Dash to the Finish Line classificandosi prima italiana assoluta e prima della sua categoria. A proposito di talento, ecco qui dove sono finiti i geni che mi spettavano di diritto, mia sorella se ben preservata (e sono sicura che così sarà) andrà molto lontano.

Termino questo infinito racconto congratulandomi con tutti coloro che hanno concluso questa maratona sia più velocemente che più lentamente di me, con i disabili in carrozzina che, il più delle volte, vengono “messi in secondo piano” ma che hanno una forza di volontà bestiale e dai quali tutti noi dovremmo prendere spunto. Mi congratulo poi con Lelisa Desisa (impressionante correre così forte) e con Mary Keitany che, per vincere la maratona con quel tempo, oltre alla motivazione doveva avere anche le ali e le molle ai piedi e che con il mio tempo la maratona l'avrebbe fatta due volte, sei mostruosa!

Voglio infine ringraziare la città di New York, anche se nel DNA non ho i geni della resistenza evidentemente mi sono stati passati quelli per l'amore e le emozioni che questa città sa dare. E' qualcosa di veramente particolare, difficile da descrivere. Hai preso, dalla prima volta che ti ho conosciuta, un posto nel mio cuore. Ero piccolina e mi hai fatto vivere la vera magia del Natale, mi hai fatto capire cos'è il vero freddo (cavolo se congelavo con quella giacca di “Lilli e il Vagabondo”!), mi hai regalato il mio pupazzo preferito (Luna) che mi ha accompagnata per anni, mi hai fatto vedere gli enormi dinosauri del Museum of Natural History, mi hai fatto conoscere i grattaceli, immensi ai miei piccoli occhi, mi hai resa una delle persone fortunate a salire sulle Torri Gemelle... le ricordo ancora come qualcosa di incredibile, maestoso.. cercavo di trovare una fine ma non la vedevo (quasi rischiavo di cadere indietro da quanto piegavo la testa!), e poi l'ascensore, che rumore e che velocità! Ricordo le automobili che da lassù sembravano modellini, macchine giocattolo. Nel 2016 sono salita indifferente sulla Freedom Tower, quasi snobbandola perché aveva preso il loro posto; quando però, dopo aver guardato il video proposto, si è alzato lo schermo che ha aperto la vista su Manhattan non pensavo di reagire così, mi sono sentita quella piccola bambina e mi è scesa qualche lacrima. Evidentemente chi le ha vissute ogni giorno, chi ci è salito anche solo per qualche ora riesce a capire cosa realmente erano e cosa quell'11 settembre ha scatenato dentro noi e, in fondo, io ero solo una bambina.

Insomma, ogni volta che ti lascio ho una stretta al cuore e trattengo le lacrime, oggi, più che mai, ti lascio sia con grande tristezza ma anche con il cuore colmo di gioia perché, anche se ti ho maledetta per mesi e ti ho sofferta per ore, come sempre mi hai dato emozioni infinite... eccome se me le hai date. Tornerò sicuramente a trovarti, non per correrti ma per viverti.

Grazie New York.

Anna Pizzolato

Mi chiamo Anna Pizzolato, il cognome già spiega le mie origini, ho 24 anni, ovviamente corro anche se fino a qualche anno fa non era per niente scontato, vivo a Piovene Rocchette (VI) e mi occupo delle iscrizioni alle maratone e mezze maratone estere attraverso il gruppo Pizzolato.



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Commenti

Grande!!

Grande!! Solo per esserti presentata sulla linea di partenza.. New non è una maratona.. New York è la maratona... Non sminuire la tua impresa solo perché la seconda parte non è andata in base alle tue aspettative.. La seconda parte al 90% di noi amatori non va mai in base alle nostre aspettative, anche quando hai alle spalle non una, ma 10, 20, e più, maratone.. Il risultato cronometrico a New York è l'ultima cosa in ordine di importanza. Il tempo sono sicuro che ti farà mettere da parte questo "dispiacere", lasciando dentro di te solo la gioia di esserci stata, di aver condiviso con tanta gente, e in particolar modo, con i tuoi genitori e Chiara, un'emozione lunga 42,195 mt, e di poter dire a te stessa "anche io l'ho corsa". E chissà che un giorno, tornandoci, non ti limiterai solo a viverla, trasformando il ricordo di quella seconda parte, da indigesto, in stimolo. Brava..

Pino29/11/2018 16:51:45

Super!

Cara Anna, sei stata semplicemente fantastica, sia a correre che a raccontare sensazioni e sentimenti che ti sei portata via dalla tua maratona. Su una cosa però hai torto, tu hai onorato New York lottando per arrivarci e per finire la sua maratona, puoi non aver fatto il tempo che volevi, ma come ti avranno detto in molti dopo la corsa, la città e i suoi cittadini sono fieri di te come lo sono i tuoi cari e i tuoi amici..... e dovresti esserlo anche tu.

Elena29/11/2018 18:03:52


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