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28/05/2012

L'intervista di Gogo della Luna - Microbiografia di un grande campione: Giorgio Calcaterra

RUNNERS&WRITERS
Anno 1 - numero 22
Lunedì 28 maggio 2012

Microbiografia di un grande campione: Giorgio Calcaterra

Una mattina accarezzata dal sole primaverile, il portico Mussoliniano della stazione fronteggia una Piramide scappata dall'Egitto; devo intervistare il mitico Giorgio Calcaterra ma in realtà aspetto
semplicemente Giorgio. Lo vedo arrivare da lontano, un ragazzino in bicicletta: maglietta al vento, cappellino da baseball e una mano che mi saluta. Strano come due semi sconosciuti scoprano di avere alcuni dettagli in comune; da piccoli venivamo entrambi a pattinare sulla pista che ancora resiste dietro l'ufficio della posta, immersa in un parchetto semplice ma rigoglioso. Lì ci sediamo su una panchina all'ombra di un platano che sarà l'unico testimone della nostra conversazione. Chiacchieriamo un po' e sembra che ci conosciamo da tanto, due amici che si raccontano le ultime novità. I miei occhi però sono già al lavoro: anche il corpo dà informazioni utili per un ritratto fatto di parole. Di fronte a me ho un uomo esile che sprigiona forza, gli occhi sono sereni e curiosi, le mani da pianista, le gambe non riposano neanche quando è seduto, come se la stasi le spaventasse.
Ho le mie domande scritte su un vecchio album da disegno e un registratore che piazzo tra di noi ma già so che non redigerò un mero 'botta e risposta', sto per ascoltare una storia e le storie vanno raccontate.

“Le sue prime sfide Giorgio le ha corse contro sua mamma: quando gli chiedeva di andare a prendere il latte a quattrocento metri da casa, lui si lanciava al galoppo per sentirsi chiedere: «Già sei tornato?». Aveva all'incirca nove anni e da lì a poco camminare sarebbe diventato quasi una sofferenza per quanto la corsa gli scorresse nel sangue. Era iniziata la sua più grande storia d'amore che dura fino ad oggi con gioie, ostacoli, devozione, qualche delusione, tanta energia positiva che solo un rapporto vissuto a pieno può dare. La benzina che non fa fermare questo motore sono le sensazioni provate prima, durante e dopo la corsa: un senso di riempimento totale migliorato dall'ambiente podistico che ancora rimane puro e genuino, semplice nella spontaneità propria di chi condivide - seppure a livelli diversi – la stessa passione. Giorgio non riesce a dare voce a nulla di negativo che riguardi il suo sport, neanche alla falsità di chi bara con sostanze illecite o taglia il percorso perché in realtà queste sono storture personali che esulano dall'attività stessa. Correre è purezza, o almeno così lui lo percepisce. Quest'uomo con l'aspetto da ragazzino colpisce tutti al cuore per la sua umiltà: è un campione mondiale, lo si potrebbe facilmente chiamare King George, eppure c'è in lui quella preziosa serenità di chi è appagato solo dal fare, di chi non ha bisogno di pubblicità, di chi - come lui stesso dice sorridendo – ragiona: siamo miliardi in questo strano mondo, c'è sempre uno migliore di noi in qualche altra cosa, è questione di relatività. Nessun senso giace nel mettersi in mostra in quanto nulla aggiunge a quelle che gli altri chiamano 'imprese' e che per lui sono sfide contro se stesso, l'ultima nient'altro che il riscaldamento per la prossima. E' bello sentirlo auto considerarsi una lumaca se confrontato ad un Keniano. La fama dunque non produce endorfine, non aggiunge alcuna ricchezza né produce invidia. Improvvisamente serio, mi puntualizza l'inutilità, se non l'avversione, all'eccessivo auto promuoversi che può diventare dannosa vanità; ma anche qui si esprime senza la cattiveria dei giudizi lapidari che proprio non gli appartiene, è più un monito a se stesso per mantenere lo sguardo sul suo unico bersaglio.
Si, il pensiero di diventare allenatore ha attraversato la sua bella mente ma, sempre grazie alla legge della relatività, non è detto che un corridore esperto sia per default un ottimo insegnante...meglio dunque rimanere fedeli al primo amore. Occhi e bocca sorridono sornioni.
Un velo di tristezza scende al pensiero che uno sport così primordiale abbia in questo paese un trattamento da figliastro, ma anche qui entra in gioco la sua matura razionalità: correre è faticoso, non rende ricchi, non dà popolarità e questi sono ormai gli ingredienti che la nostra società usa per cucinarsi una vita quotidiana che alla lunga diventa il seguire un gregge senza chiedersi dove si vada. Ci si aspetta una critica verso i media che snobbano le imprese grandiose di chi, passo dopo passo, percorre cento chilometri al ritmo di una gazzella ma no...anche questo viene spiegato con calma razionalità; i media non sono mecenati ma aziende che mirano ad un mercato specifico al quale ora interessa più un Pallone d'Oro piuttosto che due piedi piumati. Giorgio giustifica la mancanza di un mero trafiletto che annuncia la vittoria podistica italiana all'ultimo campionato mondiale di ultra maratona con la comprensione che tutto gira intorno a quello che il mercato chiede e non vede in queste omissioni un affronto personale, lui vuole solo correre. Riconosce però una forma di dittatura sportiva, se la corsa infatti venisse promulgata di più forse il numero degli interessati crescerebbe e di conseguenza la passione sociale. Logico.
Questo campione è in fondo lo stesso bambino che correva a comprare il latte per arrivare veloce alla meta. Arrivare è l'unico traguardo e da qui scaturisce la forza titanica per fare quel passo che a volte sembra impossibile, quell'appoggiare l'avampiede sull'asfalto che in quel momento sembra essere uno strumento di tortura. Non contempla il ritiro perché sa che gara e dolore finiranno e verranno neutralizzati dalla gioia di aver chiuso un altro cerchio, di aver concluso il magico viaggio.
Allora il concetto di sconfitta, sia soggettiva che relativa, non sussiste perché anche un eccesso di minuti è un insegnamento e quindi un passo avanti per la crescita personale, per la corsa infinita che tutti affrontiamo ogni giorno. Questa corsa esistenziale ha bisogno dell'appoggio di chi ci sta vicino, di chi non solo comprende ma condivide la nostra devozione che può, a volte, essere scomoda a causa dell'impegno e dei ritmi che pretende; il 'calca terra' per eccellenza lo sa bene ed è immensamente grato a chi lo sostiene e lo ama proprio così com'è senza chiedergli, indirettamente o no, di cambiare. Assurdo, dice, circondarsi di persone che non rispettano la nostra passione, ciò che ci fa sentire vivi. Assurdo anche pensare che la competizione sia il superamento di traguardi altrui e non ciò che ci permette di raggiungere un risultato; c'è si, chi arriva prima e chi arriva dopo ma non ci sono vincitori e vinti se ognuno sfida solo se stesso.
Giorgio parla, il tempo passa e questa semplice parola tocca una corda: non il tempo misurato in decimi di secondo ma quello che sembra non bastare mai per fare tutto e il tutto di una persona affamata di vita come lui è tanto, ha la passione per i dettagli di piccola ma grande importanza e quelli gusta con maggior piacere. Si nota da come, mentre parla guarda ogni tanto il mutare del cielo o l'albero testimone che ondeggia solido accanto alla panchina.
Correre per sublimare o dimenticare le negatività non gli appartiene, correre è correre...non una medicina e neanche le endorfine o l'adrenalina sono responsabili per la felicità provata facendo quello dà pace all'anima. La corsa è una parentesi tra lo sparo di partenza ed il solcare la linea d'arrivo. Prima dello sparo innocuo c'è solo concentrazione, la ricerca tattica di una partenza positiva, una voluta assenza di emozioni che invece esplodono al traguardo perché fino a quel punto nulla è scontato: tutto può accadere ad ogni passo e si rischia di non chiudere il cerchio, di non completare il viaggio. Alan Sillitoe ha scritto un meraviglioso romanzo (La solitudine del maratoneta) ma Giorgio non cerca solitudine, lui brama la libertà che viene dal poter seguire i propri ritmi, dal soddisfare le esigenze personali che rendono possibile quello che per molti è invalicabile.
Invalicabile come l'ultimo mondiale vinto con numeri che formano un haiku algebrico. Un ricordo gli salta prorompente alle labbra, gli occhi si velano di lacrime felici: è al sessantacinquesimo chilometro, tutto può ancora accadere nel bene e nel male. Lui corre con la consapevolezza che si, più di mezzo percorso gli è dietro le spalle ma ce ne è ancora ed il futuro è subdolo. D'improvviso una figura cara appare al ciglio della strada, è la sua compagna Veronica che salta dalla felicità come una bambina perché lo vede solo, con grande stacco sugli avversari. Allora l'emozione aumenta le pulsazioni, accelera il passo, rilassa i muscoli: Giorgio ha appena visto la sua medaglia più preziosa, sa di aver vinto a priori.
Se molti campioni bramano visibilità, adorazione, fama e ricchezza... lui desidera solo la salute perché ha conosciuto la sofferenza che blocca non solo le gambe ma anche l'ottimismo e la speranza. La ricchezza più grande è proprio quello che spesso si dà per scontato: l'essere fisicamente abile a perseguire la propria passione. E con un altro sorriso si augura di correre una cento chilometri a cento anni ma, e qui fa capolino il concetto di sana competizione, non in più di dieci ore, se non altro per fare conto paro con età e percorso.”

Una mattina accarezzata dal sole primaverile, due persone sedute su una panchina all'ombra di un platano. Dovrebbe essere un'intervista ma diventa molto di più: il racconto di un'esistenza speciale vissuta all'insegna della semplicità, della voglia infinita di vedere solo l'aspetto bello della vita perché anch'essa è racchiusa tra due parentesi, anch'essa ha una partenza ed un arrivo ed è vano farsi rallentare dalle paure o indugiare sul dubbio di non farcela. Bisogna correre e vivere per il solo piacere di farlo.
'Nomen Omen', dicevano i latini: il nome è un destino. Di conseguenza tutti noi che lo conosciamo, attribuiamo a Giorgio il primato di 'calca terra' ma sbagliamo perché la nostra antica lingua non fa riferimento al cognome. Una coincidenza incompleta che, mentre stavo sul trenino che mi riportava ad Ostia, ha acceso la mia curiosità per l'etimologia del nome Giorgio. Una volta a casa, consulto il computer come fosse l'Oracolo di Delfi e la sua risposta è spiazzante: 'Il nome di origine greca significa lavoratore della terra, agricoltore e sebbene abbia umili origini, in seguito divenne il nome di molti re.'
Si, questo torna. Giorgio Calcaterra lavora la terra con amore e devozione, ogni suo passo è un seme che cresce in una vittoria e lo incorona sovrano.

altri racconti di Gogo della Luna:
Il racconto di Gogo della Luna - Alato
Il racconto di Gogo della Luna - Allora come ora e per sempre

Gogo della Luna

Bio-bibliografia scritta da Giuseppe de Santis, editore ABao AQu che ha pubblicato il romanzo Hèpou Moi.

"A vederla chissà perché Gogo della Luna mi è sembrata una gatta randagia che se le fai una carezza non molla più la presa: si struscia con la coda facendoti le fusa. Ha tanta dolcezza negli occhi, ma se cerchi di afferrarla miagola disperata e ti graffia rabbiosa. Saltella tutto il giorno tra stradine e vicoli cercando gli angoli più bui per confondersi con la sera. La luna è il suo desiderio, il mistero la sua ombra, e il suo miagolare tanto somiglia a una musica soave e malinconica che ha il profumo dei mandorli in fiore. Agli aspetti pratici della vita predilige le cose invisibili e tra tutte il quid da cui nasce la creazione, sia essa scrittura o arte visiva.

Gogo della Luna nasce a Roma nel 1967 Nel 1991 si trasferisce in Irlanda dove vive fino al 2003. Qui lavora come scrittrice, in lingua inglese, e artista. Collabora anche con il fotografo David Farrell in istallazioni che vengono esposte in Irlanda e all’estero. Dopo il ritorno in patria e l’inizio di una ‘terza vita’ ha scritto un romanzo in Italiano, Il passo Lento dei Randagi a breve pubblicato in formato e-book presso Amazon. Crede fermamente che l’arte e la scrittura in particolare diano un forte valore aggiunto all’esistenza umana e che ci sia una sostanziale differenza tra 'scrittori' e scriventi'. Vive nella certezza di quanto siano vere e paradossalmente positive le parole di Samuel Beckett: “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio”.

Al momento, in attesa di una quarta rinascita: vive, corre, lavora e tenta di scrivere a Roma.

web: http://www.gogodellaluna.com/

Bio-bibliografia scritta da Giuseppe de Santis, editore ABao AQu che ha pubblicato il romanzo Hèpou Moi.

"A vederla chissà perché Gogo della Luna mi è sembrata una gatta randagia che se le fai una carezza non molla più la presa: si struscia con la coda facendoti le fusa. Ha tanta dolcezza negli occhi, ma se cerchi di afferrarla miagola disperata e ti graffia rabbiosa. Saltella tutto il giorno tra stradine e vicoli cercando gli angoli più bui per confondersi con la sera. La luna è il suo desiderio, il mistero la sua ombra, e il suo miagolare tanto somiglia a una musica soave e malinconica che ha il profumo dei mandorli in fiore. Agli aspetti pratici della vita predilige le cose invisibili e tra tutte il quid da cui nasce la creazione, sia essa scrittura o arte visiva.

Gogo della Luna nasce a Roma nel 1967 Nel 1991 si trasferisce in Irlanda dove vive fino al 2003. Qui lavora come scrittrice, in lingua inglese, e artista. Collabora anche con il fotografo David Farrell in istallazioni che vengono esposte in Irlanda e all’estero. Dopo il ritorno in patria e l’inizio di una ‘terza vita’ ha scritto un romanzo in Italiano, Il passo Lento dei Randagi a breve pubblicato in formato e-book presso Amazon. Crede fermamente che l’arte e la scrittura in particolare diano un forte valore aggiunto all’esistenza umana e che ci sia una sostanziale differenza tra 'scrittori' e scriventi'. Vive nella certezza di quanto siano vere e paradossalmente positive le parole di Samuel Beckett: “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio”.

Al momento, in attesa di una quarta rinascita: vive, corre, lavora e tenta di scrivere a Roma.

web: http://www.gogodellaluna.com/



Allegati

Commenti

http://senonricordomale.blogspot.com/

una bella storia che arriva a corollario della settima vittoria consecutiva al passatore — io l'ho sempre definito 'grande' perché di una francescana umiltà: lo avete mai guardato negli occhi?

Public27/05/2012 20:04:12

Giorgio Calca Terra

da qualche leggo tutto quello che lo riguarda come campione ma il suo modo di proporsi nelle interviste e nella vita me lo rende ancor più di un campione.. . . . quando lessi che ancora lavora come "tassinaro", e mio padre era taxista, nella mia immaginazione è quasi inarrivabile!
Corro da soli tre anni e persone come Calcaterra mi fanno un gran bene.
Grazie

Public27/05/2012 22:44:16

Calcaterra

Ebbi il piacere di conoscerlo dal vivo prima di una garetta nel quartiere di Corviale a Roma, oltre 10 anni fa, quando avevo appena cominciato a correre. Ci stavamo cambiando accanto alle rispettive auto. Solo pochi giorni prima avevo letto su Correre una cattiva lettera che metteva in dubbio le sua onestà, dando per scontato che le sue imprese (una maratona corsa sul tapis roulant, due maratone corse in due giorni consecutivi ecc.) non erano pulite. Mi avvicinai per presentarmi ed esprimergli la mia solidarietà sportiva e umana. Quasi timidamente mi salutò e mi ringraziò. Naturalmente non si ricorda di me, ma ogni volta che lo incrocio correndo lungo i viali di Villa Pamphili e lo saluto, lui replica quel sorriso semplice, che solo un grande campione ha.
Pierstefano
www.pierstefanodurantini.it

Public28/05/2012 10:50:05

Arte!

Questa intervista della splendida e bravissima Gogo è un classico esempio della differenza che corre tra un giornalista ed uno scrittore!
...E non mi si venga a dire che sono "di parte"... ;-)

Public28/05/2012 11:08:20

Intervistatore e intervistato

Li conosco Entrambi, debbo dire che Gogo è sprecata nel fare l'ntervistatore a meno che on la si paragoni al grande Gianni Brera, ricordato recentemente da Mennea Pietro, La scrittrice e poetessa esprime il suo massimo nei suoi libri che vi consiglio di andare a leggere, e qui vi ha dato solo un piccolissimo assaggio!.Per Quanto riguarda Giorgio che conosco per il suo cuore grande gli consiglio di non fermarsi mai, e anche se non lo conosce la massa dei Calciofili e le sue imprese non sono state molto pubblicizzate, a noi interessa sapere sempre che non si fermerà mai, sarebbe incredibile.
Vai Girogio
Vai Gogo

Public28/05/2012 16:10:50

Scorrevolmente

E' affascinante osservare come la scrittura di Gogo della Luna riesca a dare vita a ogni cosa e a renderla un attante della vicenda. Devo ammetterlo, non conoscevo Giorgio Calcaterra, ma nessuna lettura meglio di questa avrebbe potuto raccontarmi la sua storia. Mi sono tuffato nelle parole e insieme alla bicicletta, al platano, alla panchina e al treno ho ascoltato il racconto. Ho sentito la corsa scuotermi le gambe e le parole mi hanno regalato l'illusione che in alcuni (r)esiste un mondo di nobiltà, che altrove sembra perduto. Dunque grazie a Giorgio Calcaterra e Grazie a Gogo della Luna

Public28/05/2012 16:23:58

Thank you!

Pubblicamente grazie a Giorgio, Ilaria ed Orlando per aver reso possibile questo bel raccontare.
Gogo

Public29/05/2012 07:05:47

Calcaterra della Luna

L'ho letto di corsa! Dall'incontro di due persone così speciali non poteva uscire che una gran bella cosa. Vedo spesso Giorgio anche se solo di spalle ;-) e adoro Gogo anche se la vedo pochissimo. li considero entrambi campioni e li ringrazio per averci dato una cosa che proprio mancava. E poi leggerla farebbe venire voglia di correre pure a un pesce lesso! :-D
Auguri ragazzi!
M.

Public29/05/2012 12:59:06

Al di sopra di ogni aspettativa!

Come sempre gogo è bravissima, complimenti!

Public29/05/2012 18:25:53

Matematico!!!!

Corsa : Giorgio = Scrittura : Gogo !!!!

Grazie infinite ad entrambi.

Public29/05/2012 21:48:10

Ottimo!

Finalmente! Due campioni in una botta sola: mitico Giorgio e bravissima Gogo che è riuscita a farne un degno ritratto. Unica pecca la lunghezza, vorrei un centinaio di pagine in più

Public30/05/2012 17:24:26

corsa

una corsa calibrata per arrivare alla fine dell"intervista-vita che gogo ha scritto.per sperare di non arrivare mai al traguardo.Leggera Gogo e' come correre con Giorgio, anche se non lo conosco. leggere Gogo e' andare con lei in vite che improvvisamente diventano la tua.Grazie.

Public01/06/2012 08:58:29

Re Giorgio

Bella intervista anticonvenzionale e vera. Concordo con alfio66.
Grazie

Tommy

Public02/06/2012 13:26:59

Microbiografia di un campione. Giorgio Calcaterra

"Bisogna correre e vivere per il solo piacere di farlo"...leggo in questa biografia. E mi è venuto in mente il filmato del piccolo Matt che al di là delle comprensibili emozioni che suscita è un inno al piacere e alla gioia di correre. E complimenti ad Orlando.

I fantastici 400 metri di Matt La lezione di un piccolo disabile - Repubblica.it
http://www.repubblica.it/esteri/2012/06/02/news/usa_i_400_metri_di_matt-36386626/?ref=HREC1-5

cortellessa adriano02/06/2012 13:51:21

Giorgio e Gogo due G e due O in comune

Amo l'atletica perché è poesia, se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta
(Eugenio Montale)
Se Eugenio avesse conosciuto Giorgio avrebbe sognato anche di giorno e con Gogo molto probabilmente avrebbe composto qualcosa.Corro e conosco Giorgio, è un esempio non solo come podista ma anche come persona,Gogo è un amica da anni e la sua anticonvenzinalità ne fa una persona speciale .
Gianni Pambianchi

Public20/06/2012 09:10:49


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