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22/11/2012

Il racconto di Marcello - Senza perdere la gentilezza (un’altra meditazione su Roger Federer)

RUNNERS&WRITERS
Anno 1 - numero 45
Giovedì 22 novembre 2012

Senza perdere la gentilezza (un'altra meditazione su Roger Federer)

Questo pezzo è stato scritto da Marcello il 25 agosto 2012 ed è stato pubblicato sulla rivista "Il tennis italiano". Resta molto attuale dopo i Master di Londra conclusi pochi giorni fa.

Quel fantastico campione di tennis che è Roger Federer ha appena vinto, dopo il suo settimo titolo a Wimbledon e l’argento olimpico (cedendo solo ad un Murray perfetto) il suo ventunesimo Master 1000 a Cincinnati. Grazie a questi ultimi risultati, Roger è diventato di nuovo numero 1 del mondo, dopo che per la seconda volta era stato dato per finito, vista la sua età (trentuno anni) e il suo inevitabile appagamento. Ma ciò che spinge persone appassionate di tennis, ma anche scrittori e giornalisti non sportivi, a riflettere profondamente di fronte agli incredibili risultati dello svizzero, ottenuti contro tutto e contro tutti, contro il tempo e l’evidenza di essere un atleta meno prestante di Nadal, Djokovic e Murray, solo per citare i primi della lista, è il suo modo di ottenerli.

Roger ha infatti uno stile improntato al massimo rischio, non basato sulla muscolarità nè la tattica, tesa a diminuire il numero di errori, in gran parte adottata dagli altri principali contendenti. Lui, pur con una straordinaria capacità di sfruttare i punti deboli dell’avversario e di “sentire” quale sia il momento per adottare una o l’altra delle innumerevoli soluzioni offertegli dal suo bagaglio tecnico, in genere tiene il piede costantemente schiacciato sull’acceleratore. Cerca appena può colpi vincenti e sempre stilisticamente pregevoli, quasi si trattasse ogni volta di semplici esibizioni e non dei più importanti tornei della stagione, sotto gli occhi di decine di milioni di spettatori. E’ questo che lo rende così amato dai puristi del tennis così come dalle persone artisticamente sensibili: anche nei momenti di maggior pressione psicologica e fatica fisica, Roger non rinuncia alla bellezza estetica del gesto e questo, oltre a risultare in un tennis bellissimo, vuol dire anche qualcos’altro, che viene confermato in mille altri modi dal “personaggio” Federer.

Chi si è cimentato in sport che richiedano allo stesso tempo vigore fisico e precisione (personalmente, prima del tennis, ho a lungo praticato il basket) sa che per poter calibrare colpi in top-spin sulla riga, così come morbide parabole da tre punti o punizioni capaci di aggirare la barriera e infilarsi nell’angolo scoperto della rete, una cosa è essenziale: la decontrazione, la scioltezza muscolare nella fase di scarico del gesto. Chi non sa trovare questa scioltezza potrà essere un ottimo tennista, cestista o calciatore, ma non avrà mai quella compostezza perfetta, quella pulizia nei movimenti apparentemente scevra dalla fatica, quella precisione che si possono in una parola anche definire “classe”. Eppure, nel tennis, dove la pressione psicologica gioca un ruolo fondamentale, è particolarmente difficile, nei momenti importanti dei match, trovare quella scioltezza. Lo stesso Federer ne è la testimonianza vivente, essendo particolarmente emotivo. Gli appassionati ricordano senz’altro le numerose stecche consecutive nei momenti topici di alcune finali perse con Nadal, così come sanno con quale fatica egli trasformi le palle break a sua disposizione. E inoltre tutti ancora proviamo stupore nel vederlo uscire dalla trance agonistica dopo una vittoria al cardiopalmo, ottenuta con winner e ace nei punti decisivi, e sciogliersi ogni volta nello stesso pianto quasi infantile con cui incredulo accoglieva il suo primo, ormai lontano, trionfo a Wimbledon. Come fa questo giovane svizzero timido e gentile a scalare quella montagna di emozioni e tornare, dopo ogni caduta, a giocare il suo tennis migliore, anzi il tennis migliore e basta, battendo avversari rocciosi e più giovani, ogni volta diversi, ogni volta più agguerriti, e allo stesso tempo la sua stessa emotività e fragilità ? Il segreto è custodito in lui, ma credo si possa dire che almeno in parte consista in una continua ricerca interiore di serenità, di impegno per migliorarsi pur accettando i propri limiti, i propri errori, senza perdere mai il proprio stile di gioco e di comportamento. Vedo Federer come sospeso in una bolla incantata, in cui ha saputo racchiudersi trovando un comfort spirituale che gli consente di mantenere l’eleganza, il fair play e la gentilezza che lo hanno sempre innalzato, negli ultimi dieci anni, ad un livello di classe per gli altri inattingibile. E ciò che ha dichiarato in un’intervista di qualche giorno fa alla “Gazzetta dello Sport” pare proprio confermarlo. Roger ha risposto così ad una domanda del giornalista Vincenzo Martucci sulla sfumata medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra, l’unico trofeo che non ha mai vinto : “Sono rimasto deluso per tre-cinque minuti, mentre aspettavo la premiazione. Poi, guardando la felicità di Murray e del Potro che salivano con me sul podio, mi sono detto ”Hai due possibilità, o essere molto deluso o molto contento”. Ho scelto la seconda”.

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Marcello Nicodemo

Sono docente di lettere e scrivere è la mia più grande passione: ho pubblicato finora quattro romanzi ed un saggio.
Si possono trovare informazioni su di me e sui miei libri sul mio sito: http://www.marcellonicodemo.it, sulla mia pagina Facebook: Marcello Nicodemo - libri, oppure sulla pagina di video e interviste su youtube: http://www.youtube.com/user/MrMarcellink



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