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30/01/2019

Il racconto di Marcello - Una grossa fregatura

RUNNERS&WRITERS
Anno 8 - numero 179
Mercoledì 30 gennaio 2019

Una grossa fregatura

Colleverde, Abruzzo, 20 gennaio 2013

Peppino Canale ha negli occhi il cielo grigio e nuvoloso di un freddo mattino di gennaio. Cerca con la mano di trovare il guinzaglio, che ha perduto nella caduta. Gira leggermente il collo per vedere dove sia Marvin, ma una fitta dolorosa lo trafigge immediatamente.
Emette un “Ahia!” sommesso, per non dare spettacolo, anche se alle sette e mezzo la strada è ancora semideserta. Ora si alzerà piano piano, tanto non è stata una botta molto violenta. E’ solo impressionato. Si tirerà su a sedere e vedrà dov’è finito Marvin. Probabilmente si sarà impaurito, ma è rimasto nei paraggi.
Peppino cerca di piegare le gambe, ma rimangono dritte, come se il suo pensare di piegarle fosse solo un pensiero qualunque che gli attraversa la mente. Vorrebbe muovere il braccio destro intorno, sull’asfalto gelido e cosparso di poltiglia ghiacciata, ma anche quello rimane fermo, o meglio, solo l’avambraccio si agita per conto suo, sbattendo ripetutamente sul marciapiede, pestando quella maledetta granita.
Prova a muovere il braccio sinistro allora. Niente. Si concentra meglio sul movimento che vorrebbe fargli compiere. Il braccio ora è lungo il fianco sinistro. Gli ordina di allargarsi, per tastare il marciapiede con la mano e cercare il guinzaglio, cercare Marvin.
Niente. Nessun movimento, nessuna risposta. La sua mente e il suo corpo paiono scollegati. Sente un’ondata di panico disperato invaderlo, come non gli succedeva da tanto tempo. Teme che ancora una volta sia arrivata la malasorte, la sofferenza che la vita gli ha già abbondantemente gettato addosso in passato, a prendersi il suo tributo. Per quanto non voglia ancora crederci, comincia a realizzare che forse è proprio così.
I suoi capelli bianchi e radi sono intrisi di acqua sporca, gelida sulla nuca, ma non prova freddo, se non come una lieve sensazione marginale, un ricordo.
All’improvviso avverte qualcosa di umido sul viso. Ha gli occhi chiusi, per concentrarsi sulle sue sensazioni. Li riapre, per vedere se si tratta di ciò che spera. Sì, è proprio Marvin, il suo bel bastardino color nocciola, che gli lecca il viso uggiolando, lo fissa, con gli occhi neri pieni di spavento.
“Bravo Marvin, resta qui col tuo padrone. Non ti allontanare. Adesso vedo di alzarmi e ce ne andiamo a casa…”
Peppino pensa di nuovo che deve riuscire a tirarsi su. Che non deve avere paura e concentrarsi su ogni singolo movimento, ma ancora una volta, l’unica parte dei suoi arti che risponda, e non esattamente secondo la sua volontà, è l’avambraccio destro, a cui la mano tiene dietro come un’appendice inutile, visto che non riesce a muoverne le dita.
A questo punto sente la rabbia montargli e comincia a maledirsi dentro di sé, per il suo piccolo errore dalle conseguenze imprevedibili.
Mannaggia la puttana zozza! Mannaggia! Mannaggia la puttana zozza! Come ho fatto a commettere un errore così stupido? Avevo il giornale in mano e ho guardato i titoli invece di piegarlo e metterlo subito in tasca. Dovevo stare attento!
Gliel’ha detto proprio ieri sera a cena Alfredo, il minore dei suoi figli: “Papà, visto che ha nevicato e domani ci sarà ghiaccio sulla strada, perché non porti Marvin a spasso un po’ più tardi?”
“Non ti preoccupare” ha risposto “So badare a me stesso”.
“Ce le hai delle scarpe adatte, con la suola che faccia presa?”
“Sì, sì. Ho gli scarponcini con la para sotto…”
E’ stato arrogante nel liquidare le sue preoccupazioni con noncuranza, come fossero solo parole per dare aria ai denti. Con lui agisce spesso così, e non solo con lui. Ha una gran “capatosta”, lo sa.
Eppure ha fatto il solito tragitto di quasi un’ora su neve, poltiglia e qualche rara traccia di ghiaccio che si sfaldava sotto le scarpe e tutto è andato perfettamente, come sempre. Ha proceduto con il suo passo controllato ma deciso di forte camminatore. I suoi polpacci da ex ostacolista, che piacevano tanto ad Adele, sua moglie, morta in seguito ad un incidente stradale molto tempo fa, si contraevano con la solita energia, pur se con un po’ di cautela. Quanti anni sono passati da quando correva nello stadio, giù a Massirenti, con Gianni Di Gennaro e Ciccio Di Stasio, verso la fine degli anni cinquanta! Ora ne ha ben settantacinque.
E’ stata solo sfortuna! Non poteva stare zitto Alfredo ieri sera!
Peppino non è mai stato superstizioso, ma si tratta davvero di una coincidenza assurda.
O non è stata una coincidenza? Oggi sarebbe stato il settantatreesimo compleanno di Adele. Anche questa è solo una coincidenza?
Forse Marvin ha tirato. Lui è stato distratto dai titoli del giornale appena acquistato dal solito edicolante. O dal pensiero che Nando, il suo figlio maggiore, lo sarebbe andato a prendere verso le nove e mezzo e sarebbero andati da lei al cimitero. Avrebbero comprato i soliti fiori bianchi, quei gigli particolarmente resistenti che rimangono belli per una settimana, anche due. Ma oggi le avrebbe preso anche una rosa rossa, per festeggiare. E le avrebbe fatto un discorso che voleva farle da tempo. Le avrebbe confidato un segreto che non le aveva mai rivelato. Non devono più esserci segreti fra loro.
A quel punto Marvin ha tirato, e quando ha tirato, sotto i suoi scarponcini c’era una lastra di ghiaccio perfettamente liscia, su cui la para di gomma ruvida non ha trovato nemmeno la più piccola aderenza per potersi arrestare. Inoltre ha il guinzaglio corto, perché proprio ieri Marvin ha dato uno strattone improvviso e ha rotto anche l’ultimo guinzaglio estensibile, quello che Alfredo gli ha regalato per Natale.
Quante maledette coincidenze tutte insieme! E’ mai possibile che lo siano?
“Signore come sta? Si è fatto male?”
Sente una voce che gli parla. E’ quella di un uomo dalla faccia arrossata dal freddo, con un paio di baffetti neri, occhi scuri dallo sguardo allarmato. Accanto a lui è arrivato anche il giornalaio.
“Come si sente Dottor Canale? Vuole che la aiutiamo ad alzarsi?”
“Non lo so. Meglio di no. Non riesco a muovere le gambe né le braccia. Mi sa che è meglio chiamare un’ambulanza. E chiamate pure mio figlio Nando, per piacere, così viene a prendersi il cane. Il numero di casa è 769845”.
Silenzio. Nessuno dei due uomini che lo hanno soccorso sa cos’altro dire. Poi sente la voce del giornalaio che parla con Nando al cellulare. Abita proprio qui vicino, ci metterà poco ad arrivare. Alfredo sarà già partito per andare al lavoro.
Che casino! Che bella sorpresa per i miei figli stamattina!
Si rimette a fissare il grigio plumbeo del cielo. Ascolta i rumori intorno. Un uccello svolazza tra i rami spogli di uno dei tigli che bordano il marciapiede. Un’auto stenta ad accendersi per il freddo, qualche metro più giù. Il motorino d’avviamento sembra girare a vuoto, poi finalmente il motore emette un primo rombo stentato, quindi altri più decisi, causati da colpetti di acceleratore.
Sente lo sferragliare di un autobus provenire dall’alto della strada in leggera pendenza. Ha l’impressione che rallenti quando gli passa accanto. Poi sbuffa via con un sibilo.
Chissà come appare questo quadretto dall’esterno? Un vecchio disteso sul marciapiede in mezzo alla neve quasi sciolta; due, tre persone intorno che lo osservano; un cagnolino impaurito si agita accanto all’uomo disteso, trascinandosi dietro il guinzaglio. Si sa che i vecchi cadono. Non dovrebbero uscire quando c’è la neve, penserà qualcuno, perché quando i vecchi cadono sono guai seri!


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Marcello Nicodemo

Sono docente di lettere e scrivere è la mia più grande passione: ho pubblicato finora quattro romanzi ed un saggio.
Si possono trovare informazioni su di me e sui miei libri sul mio sito: http://www.marcellonicodemo.it, sulla mia pagina Facebook: Marcello Nicodemo - libri, oppure sulla pagina di video e interviste su youtube: http://www.youtube.com/user/MrMarcellink



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