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21/02/2018

Il racconto di Andrea - A caro prezzo

RUNNERS&WRITERS
Anno 7 - numero 167
Mercoledì 21 febbraio 2018

A caro prezzo

Sono le 19.45 di martedì 16 gennaio e a Bologna fa molto freddo, come capita sovente in questo periodo dell’inverno. Sergio Caranti, il direttore generale della Banca dei Risparmiatori, ha appena lasciato l’ufficio per tornare a casa. Dopo aver chiuso il portone dell’edificio si è incamminato sotto i portici per raggiungere l’auto che ha lasciato nel parcheggio riservato ai dirigenti dell’istituto di credito. C’è una fitta nebbia che consente di vedere solamente a pochi passi nonostante la luce dei lampioni. Sergio cammina spedito mentre pensa ai problemi che dovrà affrontare il giorno seguente, il più grosso dei quali è decidere se accordare o meno un grosso finanziamento ad un costruttore edile. E’ talmente preso dai pensieri che non nota i pochi passanti che incontra e non si accorge che uno jogger completamente vestito di nero lo sta seguendo.
Alle 8.45 del giorno seguente i suoi collaboratori sono preoccupati. Il direttore arriva in ufficio sempre tra le 8.20 e le 8.30 e quando gli capita di essere in ritardo, anche di pochi minuti, telefona per avvertire. Passano i minuti e di Sergio non si hanno notizie. Alle 9.15 Monica, la sua segretaria, rompe gli indugi e compone il numero del cellulare del direttore. Dopo pochi istanti una voce registrata le comunica che il telefono della persona cercata potrebbe essere spento o non raggiungibile. “Strano” dice più a se stessa che agli altri “ha più volte ribadito che il segnale è ottimo lungo tutto il tratto di strada che fa da casa sua alla banca. Provo a chiamare sua moglie sperando che ci sappia dire qualche cosa.” Lorella, la quarantottenne moglie di Sergio , alle 9.20 sta per uscire quando sente squillare il telefono. Un po’ seccata va a rispondere. Alla domanda se sa dove si trova suo marito risponde che no, non lo sa e che non lo vede e non lo sente da due giorni. “Capita spesso che non torni a casa senza avvertire. E’ talmente impegnato a rincorrere gonnelle che per lui la famiglia proprio non esiste.” Monica, che conosce la situazione familiare molto bene, ringrazia e saluta. Decide di uscire per andare a controllare se nel parcheggio c’è l'auto. Dista circa cinquecento metri e lo raggiunge in poco tempo. Vede immediatamente il mezzo parcheggiato, si avvicina e sbircia dentro. All'interno non c'è nessuno e le portiere risultano chiuse. Torna velocemente in ufficio per consultarsi con i colleghi.
Mentre a Bologna si cerca di rintracciare il direttore, a Faenza Teresa Tarlazzi, pensionata ed ex quadro direttivo della Banca dei Risparmiatori, esce per il suo consueto giro con la bicicletta da corsa. Sono alcuni anni che tutti i giorni segue lo stesso percorso di circa cinquanta chilometri e non ha intenzione di modificarlo, come spesso le suggerisce il marito Priamo, perché le piace moltissimo il panorama offerto dalle colline. Alle 10.20 è impegnata in una salita piuttosto ripida in un tratto di strada che passa dentro un bosco e si sta chiedendo: “Cosa ci farà quel furgone bianco parcheggiato in una strada così stretta ed isolata? Forse il conducente si è fermato per un bisogno impellente”. Poco dopo le 13 il marito decide di andare a cercarla e, dopo aver chiuso le imposte, prende l’auto e parte sgommando. E’ molto preoccupato perché la moglie non ha mai fatto così tardi e inoltre tutti i tentativi di contattarla al telefono sono falliti. Mentre transita dalle strade che Teresa percorre abitualmente si guarda in giro con la speranza di vederla alle prese con la riparazione di una ruota o ferma per qualche problema meccanico. Rifiuta di prendere in considerazione tutte le ipotesi funeste che si affacciano alla mente. Dopo due ore è sulla via del ritorno. Il giro si è rivelato inutile e, mentre sta per giungere in vista dell’abitazione, si dice che lei è sicuramente sul cancello di casa, incazzata perché lui è andato via lasciandola chiusa fuori. Purtroppo non è così. Ritenta di chiamarla al cellulare. Compone il numero e si mette in attesa. Poco dopo la solita voce registrata gli dice che sua moglie non è raggiungibile. Si sente disperato e vorrebbe qualcuno accanto, ma sa che non ci sarà nessuno. Lui e Teresa sono soli, senza parenti. Lei non ha mai voluto figli perché diceva “Ostacolano la carriera e io voglio salire il più in alto possibile”. Entrambi sono figli unici, quindi non ci sono fratelli o sorelle coi quali condividere l’ansia. A ben pensarci lui ha due cugini ma abitano da tempo a Torino e non si sentono da anni.
Alle 16.20 dalla sede della Banca dei Risparmiatori parte una telefonata alla caserma dei Carabinieri per denunciare la scomparsa del direttore. Anche la moglie Lorella e i due figli, che da un paio di ore sono nell'ufficio di Sergio, hanno convenuto che sia la cosa più giusta da fare. Poco dopo giungono sul posto gli inquirenti. Iniziano subito a fare domande, alcune piuttosto imbarazzanti, per capire bene la situazione. Vogliono essere ragionevolmente certi che non si tratti di allontanamento volontario. Vengono fatti intervenire anche gli esperti della scientifica per ispezionare l'auto in cerca di eventuali tracce utili alle indagini.
Nel frattempo a Faenza Priamo è sempre più disperato. Nessuno dei vicini coi quali ha parlato ha visto Teresa e negli ospedali di Faenza, Lugo, Ravenna e Forlì, che ha contattato telefonicamente, non ci sono donne ricoverate per caduta da bicicletta o che rispondano ai connotati fisici della donna. Alle 18 va alla caserma dei Carabinieri per denunciare la scomparsa. Ottenuta la promessa che sarà fatto tutto il possibile, torna a casa in preda allo sconforto.
Alle 19.20 Alice Farinelli, capo dell'ufficio personale della Banca dei Risparmiatori, sta rientrando dal lavoro. E' molto stanca. La giornata è stata lunga e impegnativa. Da Bologna a Castenaso, dove abita, ha ripensato soprattutto alla misteriosa e sconvolgente scomparsa del direttore e a Lucia, una dipendente. Lucia si è comportata veramente male. Venti giorni prima Alice le ha comunicato che l'avrebbe trasferita in una filiale dove c'era assoluto bisogno di lei. Lucia ha cercato di opporsi con forza ma inutilmente. Pensava chiusa la faccenda ma oggi ha dovuto ricredersi: Lucia ha fatto pervenire un certificato medico che la dichiara affetta da depressione. La prognosi è di otto mesi. Se avesse avuto la dipendente a portata di mano mentre leggeva la diagnosi l'avrebbe strangolata. Appena giunge in vista dell'abitazione, Alice nota che lo stallo dove parcheggia abitualmente è occupato da un furgone bianco. Stanca com'è non ha voglia di mettersi a cercare uno spazio libero per l'auto. Nomina Eva a voce alta e accompagna il nome da una serie di invettive molto offensive. Smette solamente quando vede uno stallo libero poco oltre il furgone. E' appena scesa dall'auto quando si avvicina un uomo che indossa un completo da jogger tutto nero. A causa della fitta nebbia e della scarsa illuminazione non riesce a distinguere i tratti somatici. Gli chiede: “Ha bisogno?”
Marco, il marito di Alice, alle 20.15 entra in casa. Il suo lavoro di avvocato lo tiene spesso impegnato fino a tardi. Ha visto la macchina della moglie nel parcheggio e spera di trovare la cena già pronta. Entra in cucina e vede che il tavolo non è apparecchiato. Va a bussare alle porte dei quattro bagni della casa, ma non ottiene risposta. Entra nella stanza del figlio Fabrizio, studente diciottenne, per chiedergli se sa dov'è Alice. Il figlio toglie le cuffie con le quali sta ascoltando un brano rock dei Metallica e dice di non sapere nulla. Marco, preoccupato, compone il numero del cellulare della moglie: risulta spento o non raggiungibile. Riprova, ma ottiene la stessa risposta. Prova col numero della banca. Nessuna risposta. Sono le 20.35 ed evidentemente sono andati via tutti. Esce e suona dalla vicina, una signora di ottantatrè anni, che spesso si rivolge a loro quando ha bisogno di aiuto. Magda sbircia dalla finestra e, solamente dopo averlo riconosciuto, apre e lo fa entrare. Alle domande di Marco risponde che Alice non è lì e che non l’ha vista. Rientra in casa sempre più allarmato. Pensa, per quanto improbabile, ad un malore improvviso e decide di contattare gli ospedali della zona. Mentre telefona si chiede, senza trovare risposta, come la moglie avrebbe potuto raggiungere una clinica senza utilizzare la propria auto. Il tentativo si rivela infruttuoso. La donna non risulta ricoverata in nessuno dei nosocomi interpellati. Prova inutilmente anche dai genitori di Alice. Alle 22 circa decide di allertare le forze dell'ordine.
Alle 8 di giovedì 18 il capitano dei Carabinieri Ernesto Ansante entra nel suo ufficio. Chiede se ci sono novità riguardanti il direttore scomparso. Lui, in base agli elementi raccolti durante gli interrogatori, è convinto che si trovi in compagnia di un'amante. Tutti i testimoni, e anche la moglie, hanno dichiarato che Sergio Caranti è un inguaribile Dongiovanni. Ogni volta che vede una donna che gli piace inizia una corte serrata e molto spesso ottiene ciò che desidera. In teoria la scomparsa potrebbe anche essere legata al suo ruolo lavorativo, ma non è emerso nulla di concreto su questo fronte. Quando gli viene riferito che è scomparsa anche la responsabile dell'ufficio personale della banca un dubbio incrina le sue certezze. Forse i due sono stati sequestrati da qualcuno che ha a che fare con la banca? Ma perchè? Forse per uno sgarbo subito? Nella sua lunga carriera ha visto dipendenti di aziende uccidere i loro capi in un momento di rabbia, ma mai farli scomparire nel nulla. Decide di indagare anche all'interno della banca, senza trascurare anche le vite private dei due. Alle 10.20, quando apprende che a Faenza risulta scomparsa anche una ex dipendente dell'istituto di credito, per un po' riflette sulla possibilità che ci sia un collegamento tra questo e i due casi che sta seguendo. Decide di indagare anche su Teresa e sui rapporti lavorativi avuti con Sergio e Alice quando era ancora in servizio. Alle 11 entra in banca per interrogare i dipendenti che, per le mansioni che svolgono, sono a stretto contatto con i due scomparsi o lo sono stati con Teresa. Dopo due ore di colloqui con diversi impiegati capisce che il caso non è di facile soluzione. Nessuno è stato in grado di fornire qualche elemento utile per indirizzare in una direzione precisa le indagini.
Alle 14.30 Sergio Caranti, Teresa Tarlazzi e Alice Farinelli si stanno chiedendo dove si trovano. Sulla bocca hanno un cerotto che permette loro di emettere mugolii, ma impedisce loro di parlare. Si trovano nel buio più totale e sentono freddo. Hanno anche sete e fame, oltre ad una grande paura. Sono sdraiati e possono fare movimenti limitati perchè sono legati con robuste corde. Improvvisamente si accende una luce e si apre una porta. Entra un uomo completamente vestito di nero. Indossa un passamontagna, anch'esso nero, che lascia visibili solamente gli occhi. Ha uno sguardo magnetico che incuterebbe paura anche in situazioni normali. I tre prigionieri sono terrorizzati. “Salve. Come state? Ah già. Dimenticavo che con i cerotti sulla bocca non potete parlare. Ora li tolgo così possiamo conversare.” Con un gesto repentino libera dal bavaglio i tre. Superato il dolore provocato dallo strappo violento, Sergio cerca di farsi coraggio e chiede: “Chi sei? Cosa vuoi da noi? Dove ci troviamo?” “Calma, calma. Forse non hai notato che in posizione predominante qui ci sono IO e quindi sono IO a decidere quando dovete parlare.” Dopo aver pronunciato queste poche parole, l'uomo esce lasciando la luce accesa. Sergio e le due donne si guardano e si riconoscono. Notano, con un certo imbarazzo, di essere completamente nudi.
Teresa e Alice sono molto impaurite e Sergio, che si trova nelle stesse condizioni ma cerca di nasconderlo, cerca di rincuorarle. Dopo aver visto quell'uomo mascherato, l'attesa è ancora più snervante. Il carceriere rientra dopo circa dieci minuti con due borse e annuncia: “E' giunto il momento delle spiegazioni. Prima però dovete mangiare e bere. Sicuramente ne avete bisogno” Detto questo apre le due borse ed estrae panini e bevande. Libera una mano a ciascuno dei prigionieri quel tanto che basta per afferrare cibo e bicchieri. I tre, con qualche difficoltà dovuta alla posizione poco confortevole, si alimentano rapidamente.
Quando tutti hanno mangiato, l’uomo riprende a parlare. “Siete qui per pagare per le vostre scelte sbagliate e il prezzo è molto caro. Ma andiamo con ordine. Prima voglio dirvi dove ci troviamo. Questa stanza non è altro che una struttura fatta con barre d'acciaio e pannelli fonoassorbenti. L'ho assemblata io dentro ad una casa pericolante che non viene utilizzata da anni, quindi nessun rischio che qualcuno ci scopra, anche perchè dall'esterno non si nota nulla. Per avere luce uso delle potenti batterie. Siete curiosi di sapere in quale località ci troviamo? La risposta è Imola. Volete sapere come vi ho portati qui? Ho usato un farmaco spray che annulla la volontà. Una volta inalato si eseguono gli ordini che si ricevono e io a voi ho ordinato di salire sul furgone bianco che ho noleggiato sotto falso nome. Tutti e tre siete stati molto collaborativi e di questo vi ringrazio.”
Dopo una breve pausa riprende il discorso. “Ora passiamo al motivo per il quale siete qui. Voi tre, in tempi diversi, avete preso decisioni che mi hanno riguardato senza ascoltare le mie richieste. Vi dico subito che siete nudi perchè è così che mi avete fatto sentire al vostro cospetto. Ho di proposito tenuto l'ambiente piuttosto freddo perchè freddo è stato il vostro comportamento nei miei confronti. Sergio, quando appresi che volevi trasferirmi, venni da te per dirti che lavorare lontano da casa mi creava problemi nella gestione familiare. Ti ricordi cosa mi rispondesti? 'Ti mando a venticinque chilometri. In venticinque barra trenta minuti ci arrivi. Pensa se fossero stati ottanta o novanta, come avrei potuto scegliere. Sicuramente quello che tu chiami disagio sarebbe stato sicuramente maggiore.' Immagino che ora tutti tre abbiate capito chi sono.”
Timidamente Alice azzarda “Borghesi …. sei Borghesi.” L’uomo si toglie il passamontagna e conferma “Esatto. Complimenti Alice. Sono proprio Alberto Borghesi. Ma torniamo a noi. Tu Sergio sei stato inflessibile: quando un vero uomo, come tu credi di essere, prende una decisione non torna mai sui suoi passi. Questo è il tuo modo di pensare e di questo hai sempre dimostrato di andare fiero. Ora veniamo a te cara Teresa. Quando ti incontrai per chiederti di tornare vicino alla mia residenza, perché, dopo due anni passati a correre in auto per rispettare gli orari scolastici di mio figlio e contemporaneamente evitare di giungere in ritardo sul posto di lavoro, ero veramente provato mi dicesti che, se volevo, potevo licenziarmi perchè il posto che ti chiedevo era indisponibile e lo sarebbe restato ancora a lungo, affermazione che sappiamo entrambi essere del tutto falsa. Fosti veramente carina in quella circostanza.
E tu Alice ricordi il nostro incontro? Ti vantavi di essere sempre pronta ad ascoltare i problemi di tutti, ma quando ti esposi il mio dicesti: 'Capisco il tuo problema, ma se soddisfo le esigenze dei singoli rischio di bloccare l'attività della banca. Ti faccio una proposta: possiamo cercare una filiale che sia raggiungibile con una strada meno tortuosa. Se rifiuti resti dove sei.' Detto questo mi proponesti una filiale che richiedeva qualche minuto in più rispetto a quella dove mi trovavo per essere raggiunta. Mi sentii preso in giro.
Comunque non avreste subito ripercussioni per i vostri atteggiamenti se non fosse capitata la tragedia che sapete. Quel giorno mio figlio era a casa di un amico per studiare. Uscito dal lavoro dovevo passare a prendere entrambi per portarli allo stadio per il consueto allenamento di atletica. Erano tutti e due bravissimi studenti e appassionati dello sport che praticavano con grande impegno. Quando sono giunto sul posto ho avuto un colpo al cuore. Vedere la casa sventrata è stato terribile. Sono sceso dall’auto e ho chiamato disperatamente mio figlio. Mi sono unito alle persone che erano accorse sul posto e stavano cercando tra le macerie. Dopo un’ora sono stati i vigili del fuoco a rinvenire i corpi dei due ragazzi. Per me e per mia moglie è stato l’inizio di un incubo senza fine. La notte dormiamo pochissimo e, quando ci riusciamo, spesso abbiamo degli incubi. Per parecchio tempo ho pensato ad una fatalità, a pensare che nessuno aveva responsabilità per la scomparsa dei due ragazzi.
La perizia aveva accertato che una stanza dell’appartamento attiguo a quello dove si trovavano Roberto e Filippo era esplosa perché satura di gas. Lo scoppio aveva distrutto buona parte dello stabile facendo due vittime. Pochi mesi fa ho aperto gli occhi e ho capito che voi siete i responsabili di quanto accaduto. Se aveste ascoltato le mie richieste avrei prelevato da casa i due ragazzi dieci minuti prima della tragedia e loro si sarebbero salvati.”
Comprendendo le intenzioni di Alberto, i tre cercano di parlargli e farlo riflettere su quanto sta per fare. Sperano di spegnere il lampo di follia che brilla nei suoi occhi. Ogni tentativo purtroppo si rivela inutile. La disperazione dell’uomo è troppo forte per farlo desistere dai suoi propositi. “Come fate a chiedermi di risparmiarvi quando non mostrate e non avete mai mostrato pentimento per quanto avete provocato? Anche se apparentemente siamo vivi, io e mia moglie stiamo morendo lentamente da quel maledetto giorno. Voi, con la vostra immotivata intransigenza ci avete condotto a questo e io ho deciso che dovete pagare a caro prezzo per tutto quello che avete fatto.” Detto questo spegne la luce, esce e chiude per sempre la porta.

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Andrea Menegon Tasselli

Nato nel 1958 a Lugo di Romagna dove vivo tuttora, di professione bancario, podista da molti anni. Da circa tre anni scrivo racconti che toccano vari generi (umorismo, giallo, fantascienza) con la speranza che a qualcuno piacciano, conscio comunque di essere scrittore molto dilettante.
Le mie "opere" si trovano su questi siti:
http://www.braviautori.com/andrea-menegon.htm
http://www.lopcom.it/Monografie/andrea-menegon-tasselli1



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