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02/12/2019

Il racconto di Nico - L’impresa nel deserto. Poi ho perso unghie e capelli…

RUNNERS&WRITERS
Anno 8 - numero 182
Lunedì 2 dicembre 2019

L’impresa nel deserto. Poi ho perso unghie e capelli…

Correre un'ultra maratona è come correre. Ma più lentamente, molto più a lungo, e - spesso - da solo. Diventa quindi un viaggio interiore e in particolare quest'ultimo viaggio che ho intrapreso mi ha portato ad esplorare territori che neanche immaginavo. E non parlo di Dubai, anche se proprio in questo straordinario emirato si è svolta la mia 140 km di corsa in solitaria, lo scorso 1° dicembre 2018.

LA SFIDA - Vivo negli Emirati Arabi da anni; qui ho trovato la mia dimensione personale e lavorativa. Dubai mi ha dato l’opportunità di crescere. Ed è per questo che ho deciso di omaggiare il Paese con un'impresa - a detta di molti - altrettanto straordinaria.
Io sono sempre stato uno sportivo e mi piace la corsa, perché puoi correre in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo e ti permette di conoscere il territorio. Ma poi è diventato il modo di sfidarmi in continuo: in ambienti estremi o su distanze estreme.

140 KM - Per cui dopo la 100 km di corsa in solitaria completata nel 2015, a distanza di 3 anni ho deciso di alzare l'asticella, aggiungendo altri 40 chilometri (l'equivalente di una maratona) a quella che era già una distanza "ultra". Ma non voleva essere solo un'impresa sportiva; ho fortemente voluto un approccio anche culturale, quindi ho fissato la partenza da un resort nel deserto (laddove la storia
di questi luoghi ha avuto inizio) fino a raggiungere la Union Flag, luogo dove gli sceicchi hanno dato vita agli Emirati Arabi Uniti nel 1971. E ho programmato questa impresa proprio nel giorno in cui gli Emirati Arabi festeggiano il loro National Day: il 2 dicembre, toccando nel frattempo alcuni dei punti iconici della città.

Correre per distanze così lunghe in condizioni estreme richiede un allenamento ad hoc. Ci sono 3 aspetti da curare in particolare: la tecnica di corsa, perché correre in deserto può voler dire sprofondare nella sabbia fino alle caviglie e devi saper dosare le energie.
L'idratazione: si beve poco e spesso. Questo ti aiuta anche a dare una cadenza.

I microcicli di sonno: per poter completare corse così lunghe, devi imparare a recuperare in pochi minuti. Ma per quanto uno si possa preparare, l’imprevisto è sempre in agguato. Per cui il giorno prima della partenza, mi sono ritrovato con la febbre alta. Uno stress enorme, perché questo ha messo a repentaglio la realizzazione dell’evento stesso. Dopo una giornata passata a cercare di recuperare e ore che sembravano non passare mai, l’indomani mi sono svegliato con le prime luci dell’alba, mi sentivo meglio, ho fatto i piegamenti come faccio tutto le mattine, sono riuscito a fare colazione.
Quindi sono andato a svegliare il mio staff e ho annunciato: “ragazzi, si va!”
Dopo il green flag del team medico, e con l’adrenalina a mille, parte la mia sfida. E vado avanti, km dopo km. Quando corri per così tante ore, non basta la preparazione fisica, la motivazione, il calore di chi fa il tifo per te. È un vero e proprio viaggio interiore che ti porta ad affrontare la paura di non farcela, di non saper gestire, di aver sottovalutato l’impresa. Ma poi vedo la città in lontananza, la skyline di Dubai si avvicina. Arriva al museo Crossroads of Civilization, sulle sponde del fiume Creek, che rappresentava l'ultimo check point, solo 4 km prima del traguardo: la Union Flag, che ho raggiunto dopo poco più di 23 h.

Ho trovato amici e parenti ad accogliermi. Alcuni addirittura mi hanno seguito in auto per gli ultimi km. E non sono riuscito a trattenere l'emozione; credo di essere rimasto un'ora senza riuscire a smettere di piangere. Ma la mia sfida non era ancora finita. Nei giorni successivi infatti sono stato colpito da uno strano fenomeno: ho iniziato a perdere chiazze di capelli. Un fenomeno che è continuato per circa 10 giorni, quando poi sono rientrato in Italia. Un primo medico ha diagnostico senza ombra di dubbio un'alopecia da stress e mi ha prescritto 3 + 3 mesi di cortisone (topico). Dopo alcune settimane di relativa stabilità (gestita con un nuovo taglio di capelli, che veda la testa rasata dietro e ai lati), la perdita di peli ha iniziato a colpire tutto il cuoio capelluto, la barba, le sopracciglia, fino a prendere
tutto il corpo. Provando a sentire il primo medico telefonicamente (nel frattempo ero rientrato a Dubai) la risposta è stata alquanto laconica: "non posso fare niente da qui, si faccia vedere da qualcuno". E lì inizia un ping pong di dottori, diagnosi, cure, medicinali; tutto e il contrario di tutto.

Fino a quando incontro un primo medico che apre una nuova strada: non si tratta assolutamente di alopecia, ma di una forte disidratazione, che ha portato a uno scompenso metabolico. Mi fa fare delle analisi (che non riportano valori alterati) e poi mi tranquillizza: devi solo avere pazienza.
Io nel frattempo continuo ad allenarmi; anzi anche più di prima, perché pensavo mi facesse bene e perché volevo a dimostrare a me stesso che stavo bene. E proprio durante uno di questi allenamenti con la fatbike, a marzo (2019) finisco per rompermi una costola. E se non c'era con me un amico, probabilmente oggi non sarei qui a raccontarlo, perché sono andato sotto shock ed ero comunque in deserto.

Ma questo episodio mi è servito da sveglia; mi sono dato una calmata e ho iniziato a cercare un nuovo equilibrio. Questo nuovo equilibrio mi ha fatto incontrare 3 professionisti del settore dello sport che, pur non conoscendosi tra loro, hanno dato delle spiegazioni a quello che mi era accaduto che andavano in una stessa direzione. Uno scompenso metabolico, un impoverimento dei minerali nel corpo, ecc. In linea comunque con la disidratazione ipotizzata dall'ultimo medico. E mi hanno lanciato alcuni input: mangia frutta e verdura in quantità, assumi miele di Manuka (un potente antibiotico), elimina la carne rossa, elimina o riduci al minimo i carboidrati raffinati, evita allenamenti prolungati, rilassati, fai yoga, ecc.

Ho iniziato a fare tutto, ma dopo alcuni mesi non vedo miglioramenti, pur essendo convinto di questa motivazione per il mio problema. Fino a quando (siamo a luglio) ho un'illuminazione: un carissimo amico, mio compagno del liceo, è un biologo nutrizionista. Decido di contattarlo e farmi visitare. Come prima cosa mi fa fare una serie infinita e approfondita di esami, che hanno evidenziato alcuni valori non alterati ma al limite, segno di un possibile problema che stava rientrando. Avrei dovuto fare queste analisi subito dopo, purtroppo...

Mi assegna un piano nutrizionale molto rigido (che ancora seguo), senza medicine ma solo con integratori naturali. Una dieta quasi vegana, basata principalmente su verdura e legumi, ma anche con uova e altri alimenti, tutta una serie di indicazioni per una corretta alimentazione: alcune di queste già le adottavo in automatico, essendo un ultramaratoneta, ma altre le ignoravo.
L'apporto di zuccheri ad esempio è stato ridotto al minimo, evidenziando così che determinate cose che facevo andavano ad alimentare il problema: il miele di manuka, lo zucchero e altri alimenti che assumevo, contrastavano l'effetto benefico di altre cose che invece facevo bene.

Ha parlato di "una sindrome da over-training non curata come tale e che ha destabilizzato l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene con una eccessiva produzione di cortisolo, ripetuta nel tempo e rimasta incontrastata a lungo. Questo ha portato a una permeabilità intestinale dovuta alla compromissione del sistema immunitario".

Il corpo insomma ha iniziato a rigettare quello che reputava superfluo; oltre i capelli, anche le unghie si sfaldavano in continuazione. Dopo meno di 1 mese dall'inizio della dieta, ho iniziato a vedere i primi peli che spuntavano laddove una volta c'erano i miei amati baffi. Poi la barba. Dopo un altro mese i primi segnali di capelli. A oggi il recupero non è ancora completo e i peli crescono ancora in maniera disomogenea, costringendomi a radermi quasi tutti i giorni per non avere un aspetto antiestetico.
Ma questa inversione di tendenza mi ha motivato e mi ha dato la forza di continuare su questa strada e anzi iniziare già a progettare altre imprese sportive, pur non potendomi allenare ancora come vorrei.

Cosa ho imparato? Che le difficoltà, gli imprevisti, i disagi ci sono, fanno parte del ciclo vitale di una persona, di un luogo, di un evento. Proprio come Dubai, che ha affrontato una grossa crisi, ma oggi è ancora qui e continua a offrire sempre nuove attrazioni a chi ci vive o la visita per un breve periodo. La cosa importante è andare avanti a testa alta e con abnegazione. Come sto facendo io…

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Nico de Corato

Ultra maratoneta, youtuber e digital entrepreneur.

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