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20/04/2013

Il racconto di Gogo della Luna - Allora come ora e per sempre

RUNNERS&WRITERS
Anno 2 - numero 68
Venerdì 19 aprile 2013

Allora come ora e per sempre

Accadde tanti anni fa, nell'Irlanda del Nord. Il Processo di Pace sarebbe rimasto una chimera ancora per un lungo tempo, Belfast era piena di soldati inglesi, carro-armati e odore di violenza. Conoscevo a memoria le strade off-limits e quelle percorribili seppure a grande rischio. Avevo iniziato a correre da poco e già sapevo che la costanza è l'unico metro per calcolare i possibili risultati cronometrici e non. A pensarci ora, devo essere stata una buffa visione: uno scricciolo tutto capelli con le scarpe gialle che veramente sembrava una papera. Eppure ogni mattina uscivo dal B&B sgangherato e incurante dei saggi consigli, iniziavo l'allenamento. Mi tenevo in periferia, dove il pericolo era più alto ma almeno non rischiavo di essere fermata ogni dieci minuti dai soldati della Regina che si ostinavano a chiedermi i documenti pur vedendo che addosso avevo un metro quadrato di stoffa e neanche un taschino. Ogni tanto mi si affiancavano i bambini di quella città senza infanzia e in silenzio facevamo un pezzo di percorso insieme finché i loro passi cadevano nel silenzio, sfiancati dallo sforzo e paghi di aver fatto una cosa nuova.
Si sparava a Belfast in quei giorni. E scoppiavano le bombe, lì o nell'isola matrigna. Attacchi, difese, rappresaglie, terrorismo: non ci si faceva mancare nulla. L'IRA era ancora l'angelo custode dei cattolici ma già si stava tramutando in un Lucifero e a chi era sospettato di spionaggio o considerato filo-britannico gli facevano i cosiddetti two, four or six packs: a scelta sparavano alle caviglie, alle ginocchia e ai gomiti. Sempre un lavoretto di fino, specie quando a saltare erano le ginocchia che colpivano non frontalmente ma da dietro per assicurare l'immobilità eterna. Era facile sospettare di un giornalista seppure alle primissime armi, facile fraintendere la sua curiosità per lavoro mercenario.
Pensavo a questo mentre correvo, quasi stessi sempre già in fuga. Erano usciti da poco i primi ingombranti lettori musicali ma chi aveva fame t'avrebbe terrorizzato per molto meno quindi io correvo, pensavo e cantavo per distrarmi.
Era una guerra strana, quella. Mai veniva chiamata tale, sempre col nome 'The Troubles', 'I Disordini'. Un'etichetta a dir poco ironica. Il Nord Irlanda non aveva bisogno di una rassettata: era una realtà squarciata, blindata, scoppiata, sfiancata. Ovunque, case con le finestre accecate dai mattoni, muri con slogan e disegni fatti di notte. Odore di paura e puzza di violenza ventiquattro ore su ventiquattro.
Io di notte scrivevo, la mattina correvo, il pomeriggio lo passavo nei Pub a rubare storie e a interpretare gli sguardi di chi le racconta senza aprire bocca.
Scrivo tutto questo perché ciò che è accaduto a Boston ha aperto in me una botola dove custodisco i ricordi da regalare solo a pochi eletti che non li sviliranno con l'indifferenza o col finto interesse.
Il 18 Giugno 1994 segnò un altro evento sportivo: la finale della coppa del mondo IRE – Italia (io tifavo per la mia nuova patria). Stavo nel Down, una contea dell'Uster, e mi avevano invitata a vedere la partita in un Pub. All'ultimo momento decisi di approfittare della calma cittadina per farmi una corsetta mentre tutti erano a bere e tifare. Un drappello dell'UVF entrò proprio in quel pub, sparò a vanvera sulla folla e uccise sei persone. La corsa mi aveva salvato sicuramente da un grande shock e forse da una morte prematura.
C'è un filo che collega questi eventi passati e presenti: lo scontro tra un'esperienza piena di vita come lo sport e la violenza gratuita. Solo uno, credo, sia l'atteggiamento giusto e non è quello sdegnoso ma una risposta attiva, unificata. C'è bisogno di una rivendicazione corale ad un atto perpetuato da pochi codardi, bisogna che la terra tremi sotto i passi di migliaia di podisti in tutto il mondo. La paura non ci deve fermare, non si può permettere che inquini avvenimenti futuri. Per ricordare i morti di Boston servono, più che le lacrime, le gocce di sudore che saranno il monumento più duraturo e commovente.
L'uomo è un animale molto intelligente e altrettanto sciocco: non impara nulla dal passato, le guerre si ripetono in un carosello insanguinato e si vince solo continuando a fare ciò in cui si crede. Tutti abbiamo detto e letto mille volte come la corsa sia la metafora più calzante della vita ed è assolutamente vero. Per questo abbandonare la gara in preda a crampi di terrore sarebbe un'azione kamikaze.
La corsa non è solo vita ma anche e soprattutto resurrezione.

altri racconti di Gogo della Luna:
Il racconto di Gogo della Luna - Alato
L'intervista di Gogo della Luna - Microbiografia di un grande campione: Giorgio Calcaterra



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"Tra i maratoneti di Boston, cronache dall’inferno"
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Gogo della Luna

Bio-bibliografia scritta da Giuseppe de Santis, editore ABao AQu che ha pubblicato il romanzo Hèpou Moi.
"A vederla chissà perché Gogo della Luna mi è sembrata una gatta randagia che se le fai una carezza non molla più la presa: si struscia con la coda facendoti le fusa. Ha tanta dolcezza negli occhi, ma se cerchi di afferrarla miagola disperata e ti graffia rabbiosa. Saltella tutto il giorno tra stradine e vicoli cercando gli angoli più bui per confondersi con la sera. La luna è il suo desiderio, il mistero la sua ombra, e il suo miagolare tanto somiglia a una musica soave e malinconica che ha il profumo dei mandorli in fiore. Agli aspetti pratici della vita predilige le cose invisibili e tra tutte il quid da cui nasce la creazione, sia essa scrittura o arte visiva.
Gogo della Luna nasce a Roma nel 1967 Nel 1991 si trasferisce in Irlanda dove vive fino al 2003. Qui lavora come scrittrice, in lingua inglese, e artista. Collabora anche con il fotografo David Farrell in istallazioni che vengono esposte in Irlanda e all’estero. Dopo il ritorno in patria e l’inizio di una ‘terza vita’ ha scritto un romanzo in Italiano, Il passo Lento dei Randagi a breve pubblicato in formato e-book presso Amazon. Crede fermamente che l’arte e la scrittura in particolare diano un forte valore aggiunto all’esistenza umana e che ci sia una sostanziale differenza tra 'scrittori' e scriventi'. Vive nella certezza di quanto siano vere e paradossalmente positive le parole di Samuel Beckett: “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio”.
Al momento, in attesa di una quarta rinascita: vive, corre, lavora e tenta di scrivere a Roma.
web: http://www.gogodellaluna.com/



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