02/11/2008
DOMENICA 2 NOVEMBRE 2008, NEW YORK CITY
Cronaca della maratona di Orlando Pizzolato
L’attenzione dell’edizione 2008 della ING New York City Marathon era tutta rivolta alla differenziazione delle tre partenze orarie (wave start), ed ovviamente al numero di corridori che avrebbero tagliato il traguardo.
L’organizzazione non ha mai fornito numeri ufficiali riguardo gli iscritti a quest’ultima edizione, e tra gli addetti ai lavori circolavano voci piuttosto discordanti circa i probabili arrivi, con gli ottimisti ad indicare il superamento dei 50 mila classificati. Il toto arrivo ha fatto passare in secondo piano l’aspetto agonistico, anche perché, al di là della partecipazione della primatista mondiale Paula Radcliffe, il campo di partenti non era da considerare di primissimo piano, sia in ambito femminile sia in ambito maschile.
A condizionare l’evoluzione tattica ci sono state anche le condizioni climatiche: solo 5° la temperatura alla partenza (con 8 gradi di massima), e purtroppo un vento teso che per 32 chilometri è spirato in senso contrario alla direzione dei corridori. La competizione delle donne non ha riservato sorprese, perché Paula Radcliffe ha condotto la gara come voleva, anche se ciò ha comportato un onere di sforzo piuttosto elevato, ma tutti sappiamo come l’inglese sia una che davanti alla difficoltà non si tira mai indietro. E le inquadrature della televisione sono sempre state per così dire “monotone”, giacché la primatista del mondo è sempre stata in testa alla gara. Una volta deciso che era arrivato il momento di staccare le avversarie, l’ha fatto a modo suo, vale a dire con una progressione di ritmo alla quale solo la russa Petrova, vincitrice alla maratona di NY nel 2001, è riuscita a resistere solo per un paio di chilometri. All’altezza del 35° chilometro la russa è stata costretta a lasciar andare la britannica, e riservare le proprie energie a difendere la seconda posizione dall’americana Goucer, che per svariati chilometri l’ha insediata con particolare tenacia, ma inutilmente. Paula Radcliffe ha tagliato il traguardo con il buon tempo di 2h23’56”, precedendo la quarantenne russa Petrova (2h24’43”) e l’esordiente americana Goucer (2h24’54”).
La competizione maschile non ha evidenziato la supremazia netta di qualche atleta, seppur in gara ci fosse il marocchino Goumri, che con un primato personale di 2h05’30” era nettamente il più forte, senza nulla togliere all’ex primatista mondiale Tergat, ormai avviato nella parabola discendete della carriera di maratoneta. A causa dell’assenza di un leader, ed anche per la mancanza di “lepri” a dettare il ritmo di corsa, l’andatura tenuta fino a metà corsa è stata particolarmente lenta, con il passaggio a metà corsa in un modestissimo 1h06’05”.
Una volta realizzato che in prossimità del traguardo con questo passo sarebbero arrivati in tanti, in testa alla corsa si sono avvicendati i corridori più ambiziosi per la vittoria finale, e su tutti i più attivi sono stati sia il favorito Goumri, sia il brasiliano Dos Santos. La coppia si è alternata in testa alla corsa a fare l’andatura, con i corridori keniani stranamente poco attivi ed in visibile difficoltà; prodigandosi con una serie di efficaci allunghi, i due si sono trovati soli al comando nel punto topico della gara: il 32° chilometro. Un paio di chilometri più avanti in testa alla corsa è rimasto solo il marocchino, con Dos Santos ad accusare un distacco di una trentina di metri, molto probabilmente a causa dello sforzo per gli allunghi sostenuti in precedenza.
Goumri, per la prima volta in fuga solitaria in una corsa di particolare importanza, ha forzato la situazione per mettere definitivamente fuori gara il brasiliano, abile però a non cadere nella trappola e seguire con parziale passività l’azione di Gourmi. Entrati in Central Park Dos Santos accusava un distacco di 6-7 secondi, che però si era stabilizzato già da tempo, ad evidenziare che la situazione era statica e che le energie del marocchino Goumri non erano più così tante come si sarebbe potuto pensare.
A sottolineare una situazione di difficoltà, almeno sotto il piano nervoso, c’era il fatto che Goumri continuava a girarsi per controllare il distacco dall’avversario e per capire fino a che punto avrebbe dovuto forzare la situazione. Molto probabilmente il brasiliano, che procedeva con un’azione non più tanto efficace, aveva percepito che il leader della corsa non era più tanto brillante e che non disponeva di elevate riserve di energie. E’ bastato un chilometro, tra il 40° ed il 41°, per capovolgere la situazione a favore del brasiliano, che una volta realizzata la crisi che stava vivendo Goumri, si è prodigato nello sforzo massimo per tentare di agganciare il marocchino. Dos Santos si attendeva una reazione di Goumri, ma quest’ultimo si è messo da parte quando ha percepito la presenza del brasiliano alla proprie spalle. Dos Santos ha continuato sull’azione di rimonta superando di slancio il marocchino, affranto per non avere più energie da spendere e per veder sfumare i sogni di una vittoria cercata con ogni energia.
Sul traguardo il brasiliano Dos Santos transitava per primo una seconda volta, dopo la sua precedente vittoria nel 2006, mentre il marocchino era ancora secondo, come lo scorso anno. I tempi conseguiti non sono da considerare con particolare attenzione, ma un certo interesse deve essere rivolto al fatto che la seconda parte di gara è stata percorsa in 1h02’38”. Senza dubbio il vento ha spinto i corridori negli ultimi 10 chilometri, ma è anche vero che in faccia il vento lo hanno avuto dal 21° al 32°, e deve essere anche considerato il fatto che per tutti i primi ventuno chilometri esso ha sempre spirato in senso opposto. A completare il podio è arrivato il keniano Kirui, ed un gradino sotto è invece rimasto Tergat.
Per ore dopo l’arrivo dei campioni si sono avvicendati sul traguardo migliaia e migliaia di altri podisti. Quanti non lo so dire, visto che queste mie parole si fissano sulla carta molto prima che l’ultimo corridore tagli il traguardo. Se non saranno stati cinquantamila come gli ottimisti pensavano, non passerà tanto tempo per verificare come questa maratona sarà in grado di accettare un numero di partecipanti nettamente superiore a quello delle altre grandi maratone internazionali. Si sa che a NY le cose si fanno sempre in grande, vuoi per la passione, per il prestigio oppure “solo” per … business!