17/10/2004
Ogni maratoneta sa bene che negli ultimi chilometri di una maratona, solitamente a partire dal 30°, è la stanchezza il problema maggiore da gestire. Questo succede in tutte le maratone, anche in quelle con percorsi pianeggianti come quello di Venezia; ma nella città lagunare, pur non essendoci salite come ad es. quelle del Central Park di New York, o la Heart Break Hill di Boston, ugualmente si possono incontrare difficoltà nel superamento dei 13 ponti degli ultimi 4km di gara.
Il dislivello delle
salite è modesto, ad eccezione del penultimo ponte, lungo 20 metri ma che sale
di 5-6 metri in altezza. Molti podisti, soprattutto quelli impegnati alla
ricerca del miglioramento della prestazione cronometrica, spesso compromettono
l’esito positivo della maratona proprio in questi quattro chilometri finali.
Tuttavia non sono solamente le asperità dei ponti (peraltro ben livellati da
assi di legno che per la loro elasticità possono anche avere un effetto di
trampolino nella successiva discesa) a determinare il peggioramento del tempo
finale. La chiave di lettura per il raggiungimento del massimo risultato sta,
come per tutte le maratone, nella corretta gestione delle risorse energetiche.
Da Stra (luogo di
partenza) al 38° chilometro (zona della dogana) il percorso è completamente
pianeggiante, se si eccettuano i due cavalcavia a Mestre e all’entrata del
Tronchetto. Dalla partenza all’arrivo il dislivello è di soli 9 metri, e
quindi il percorso è da considerare veloce. Anzi, per i primi 16 chilometri di
corsa, quando si costeggia la riva del Brenta e si possono ammirare le splendide
ville di stile palladiano, si ha l’impressione di correre in leggera discesa.
Lungo la riviera del Brenta, dove la strada segue l’andamento sinuoso del
fiume, i maratoneti devono porre attenzione a scegliere, per quanto possibile,
la linea di corsa più diretta tra le varie curve, in modo da percorrere meno
strada possibile. Sono decine, infatti, le curve di questi primi chilometri, e
riuscire a farle bene significa non fare più strada, visto che la misurazione
del percorso è stata fatta seguendo la via più breve possibile.
Il passaggio della
mezza maratona si trova poco prima di entrare nel quartiere di Marghera,
dopodiché la corsa prosegue in Mestre, dove il pubblico è veramente tanto,
soprattutto quando si transita nel corso del Popolo. Al 32° chilometro, dopo un
cavalcavia, si lascia la terraferma e, transitando sul Ponte della Libertà, si
entra in Laguna. E’ questo un punto critico perché la fatica comincia a farsi
sentire ed anche perché il lungo rettilineo (circa 3 chilometri) che porta a
Venezia, in qualche modo influisce anche a livello mentale. In questo punto ci
si sente soli, sia per il poco pubblico presente, sia perché i gruppetti di
podisti sono radi e sgranati. Correre quindi in compagnia è utile perché si ha
un punto di riferimento e si evita di calare, inconsciamente, il ritmo di corsa.
Il Ponte della
Libertà è una zona scoperta ed è facile quindi trovarsi esposti al vento che
dal mare soffia verso la terraferma, in senso contrario alla direzione della
corsa. E’
a questo punto che è necessario disporre ancora di energie per far fronte ai
vari aspetti che rendono difficile la gara. Bisogna quindi, sin dai primi metri
della maratona, correre pensando al risparmio delle risorse per i momenti più
impegnativi della corsa, che iniziano proprio all’imbocco del Ponte della
Libertà. Essere in crisi in questa frazione di gara fa aumentare i disagi
derivanti dalle difficoltà del tracciato, ed affrontare i 13 ponti avendo già
speso tutte le energie significa compromettere il risultato cronometrico. Molti
maratoneti, infatti, temono i ponti dei canali di Venezia proprio perché non
hanno sufficienti energie per affrontarli e superarli di slancio, come fanno
invece i maratoneti più allenati.
Ricordo il finale
dell’edizione 1995, quando Goffi e Leone si diedero battaglia proprio sui
ponti mantenendo un’andatura più veloce di 20 chilometri orari. Inoltre, i
chilometri finali che si corrono nel cuore di Venezia sono anche i più belli e
suggestivi, ma quando si è molto stanchi, si sa che l’attenzione non è tale
da consentire di godere del paesaggio che si attraversa. Suggestivo è il
passaggio sul ponte di barche, allestito per scavalcare il Canal Grande, e che
porta ai margini di Piazza S. Marco.
Molti podisti identificano il campanile di questa piazza come il punto di arrivo, ma per evitare di essere presi dallo sconforto del traguardo che non arriva mai, si deve considerare che da piazza S. Marco all’arrivo bisogna percorrere un altro chilometro e mezzo. Ed in questo tratto si devono superare ancora tre ponti, i più difficili ed impegnativi per la loro pendenza. Insomma, fino alla fine è necessario avere sempre energie da spendere per evitare che semplici dislivelli di pochi metri non si trasformino in pendenze rilevanti e compromettenti per l’esito finale.