01/04/2004
Anche se si ha partecipato a quella che è considerata la maratona più conosciuta, e cioè New York, ma non si ha corso la maratona di Boston, non si è maratoneti fino in fondo. Se la corsa della “Grande Mela” è senza dubbio la più conosciuta e seguita in tutto il mondo, quella della capitale del Massachussets è la maratona madre, perché ha disegnato la storia delle competizioni popolari sulla distanza dei 42,195km.
Correre la maratona di Boston è una sorta di pellegrinaggio per un podista, perché rappresenta la storia della specialità, visto che la prima edizione si tenne nel 1897. Da allora nulla ha interrotto l’appuntamento con questa manifestazione, che si tiene sempre il terzo lunedì di aprile, in occasione del Patriot’s Day. A volte la data coincide con il lunedì di Pasqua, mentre altre volte è semplicemente un giorno di festa che interessa solamente gli Stati del New England.
Dopo la mia seconda vittoria a NY, nel 1985, venni invitato a partecipare anche a Boston, e accettai con entusiasmo proprio perché avevo l’occasione di entrare nel cuore della storia della maratona. Gli organizzatori insistettero perché a metà inverno facessi un viaggio a Boston per visionare il percorso in modo da corrervi al meglio il giorno della competizione. Mi sembrava una precauzione eccessiva: tra viaggio e fuso orario da assorbire, significava perdere una settimana di allenamento. Dovetti però accettare perché l’insistenza fu tanta, ma dentro di me c’era anche la gran curiosità di conoscere finalmente la mitica salita del percorso bostoniano: la Heartbreak Hill. Quando arrivai a Boston scoprii che gli organizzatori volevano che il sopralluogo del percorso non lo facessi in auto, bensì di corsa, per memorizzare meglio i dettagli del tracciato, e così mi organizzarono l’uscita con due vincitori di Boston: Bill Rodgers (detto anche “Boston Billy”, visto che l’aveva vinta ben quattro volte) e Greg Mayer. Fu veramente utile percorrere a piedi le strade della maratona, perché capii che il tracciato di questa competizione non era affatto da sottovalutare, e qui di seguito capirai perché.
La corsa inizia ad Hopkinton, un tranquillo paese (tranne il giorno della gara) distante da Boston esattamente 42195 metri. La partenza è fissata in una sede stradale piuttosto stretta perché limitata a sole due corsie, ed oltre a questo aspetto stupisce anche la discesa che attende i maratoneti. I primi tre chilometri si percorrono tutti lungo una pendenza sorprendente per una maratona, ma quella è l’unica strada che porta direttamente a Boston, ed è inevitabile farsi portare dall’euforia e dalla pendenza favorevole. Perché non approfittarne? E’ proprio questa la trappola nella quale cadono i tanti Adamo della maratona, che si fanno tentare dalla situazione. Immagino che ti starai chiedendo cosa ci sia di male ad approfittare della discesa. La conseguenza della corsa in discesa è il forte traumatismo che si ripercuote sui muscoli ad ogni appoggio dei piedi a terra. Le forze che si riflettono sui gruppi muscolari sono cinque volte maggiori rispetto al proprio peso corporeo. Considera che, quando corri in pianura, il traumatismo è solamente doppio rispettoal tuo peso. Ad ogni falcata i muscoli si contraggono (accorciandosi) per determinare il movimento di avanzamento, mentre ogni volta che il piede tocca terra subiscono un allungamento; sono queste ultime sollecitazioni che prevalgono. Le due forze di senso contrario sollecitano i muscoli, specialmente quelli della parte anteriore delle cosce, causando un traumatismo distruttivo conosciuto come rabdomiolisi. Ma allora, se non bisogna approfittare della discesa evitando di prendere troppa velocità, bisogna frenare? Mi dispiace, ma nemmeno questa è la soluzione: anche correre rallentando è negativo.
Lo so, ti stai disorientando, ma pazienta un po’ e leggi ancora poche righe per comprendere come affrontare questo particolare tracciato. Per correre al meglio la maratona di Boston, è necessario adottare un’azione di corsa che sia un compromesso tra l’avanzamento e la frenata. In discesa, quando si vuol ridurre la velocità, si tende ad arretrare con il baricentro, assumendo una posizione con le spalle arretrate e stendendo in avanti le gambe. Tale azione di corsa è la migliore per controllare e ridurre la velocità, ma anche la più consona per favorire l’azione di frenata, che è particolarmente accentuata se si entra in contatto con l’asfalto con la parte centrale del tallone e con la punta del piede in posizione verticale, definita a martello. Il contatto del tallone con il terreno contribuisce a ridurre considerevolmente la velocità di corsa, ma ciò determina anche la forte sollecitazione dei muscoli delle cosce, che poco sopra ho descritto.
I maratoneti che riescono a dare il meglio di se stessi su questo tracciato sono quelli dotati di: 1) buona forza muscolare dei quadricipiti 2) buona elasticità muscolare. Tali qualità contribuiscono ad attenuare gli effetti delle forze negative d’impatto, e a sopportale meglio. Per affrontare bene la discesa, che lungo il percorso di Boston è tanta (visto che tra la partenza e l’arrivo ci sono ben 151 metri di dislivello), si deve correre con le spalle ed il tronco non troppo arretrati, e con il piede che si muove con un’azione di rullata. Quest’ultimo movimento prevede che il piede entri in contatto con il terreno con la parte esterna del tallone, dopodiché il movimento del piede prosegue con un’azione che è una combinazione tra l’appiattimento e la rotazione. Immagino sia difficile tenere a mente ciò che ho descritto e metterlo in pratica nel corso della maratona, ma è sufficiente evitare di entrare in contatto con il terreno con il “piede a martello”, vale a dire con la punta del piede che punta verso l’alto.
Per ritornare al tracciato della maratona di Boston, i primi tre chilometri sono tutti di buona discesa, dopodiché la strada continua a scendere ma con una pendenza più leggera, e soprattutto alternando a lunghi falsopiani anche leggeri avvallamenti i quali, alla lunga, contribuiscono ad affaticare la muscolatura. I modesti saliscendi non sono tutto sommato da considerare in un’ottica negativa perché rappresentano delle opportunità per variare l’azione meccanica di corsa, altrimenti sempre a carico delle cosce. Il percorso della prima metà di gara di per sé non è molto suggestivo perché si snoda lungo la campagna, ma se la stagione climatica è buona, i segni della primavera sono piacevolmente evidenti. Il verde dei germogli sugli alberi si contrappone all’azzurro dei numerosi laghetti, ed un tocco di colore lo danno anche le aiuole fiorite dei giardini delle residenze. Lasciata Hopkinton, si attraversano le cittadine di Ashland, Framingham, e Natick ed il pubblico, rado nei tratti extracittadini, è invece molto folto proprio nei centri urbani, e la sua presenza è ben evidente per il festoso modo di partecipare al passaggio dei corridori. A Wellesley, il centro più popoloso che s’incontra, è posta la mezza maratona, dove dovresti transitare con un paio di minuti circa di vantaggio sul tempo della tabella. Ma non è questo l’aspetto che maggiormente resta impresso a chi corre la maratona di Boston. Poco prima di entrare nel centro abitato di Wellesley, sentirai progressivamente crescere l’incitamento, caratterizzato da grida, urla, schiamazzi particolarmente festosi. Tutto questo animato strillare è dovuto alla presenza di 2500 studentesse, che frequentano appunto il Wellesley College, riversate sul bordo strada ad incitare i maratoneti, ed in modo particolare le donne.
Dopo aver percorso un lungo rettifilo pianeggiante, ti ritroverai ad affrontare un’altra discesa, di circa un chilometro e mezzo e sempre dalla pendenza piuttosto accentuata, al termine della quale lascerai il territorio del comune di Wellesley per entrare in quello di Newton. Da qui si entra nel cuore della maratona di Boston, quella delle Newton Hills, vale a dire la parte caratterizzata da una sequenza di salite che culminano con la Heartbreak Hill. Sono ben quattro le ascese che devi effettuare, ognuna delle quali non è mai seguita da un tratto di discesa (tranne l’ultima), ma solo da tratti pianeggianti. E’ inevitabile che tu possa avvertire momenti di disagio a questo punto della corsa, e ciò è indipendente dal fatto di essere stato prudente nel distribuire le energie nella parte precedente. E’ quindi fisiologico avvertire qualche difficoltà nell’affrontare l’ascesa, sia perché la salita sollecita maggiormente le gambe oltre che il sistema cardio-respiratorio, sia perché hai già percorso 26km, e quindi i primi segni di stanchezza possono già manifestarsi specialmente se in discesa hai forzato, ma soprattutto perché la muscolatura non reagisce prontamente al cambio di pendenza della strada. Se le situazioni appena descritte sono inevitabili, non farti sorprendere e cadere vittima di momenti di sconforto, perché la gara non è affatto compromessa. Affronta la prima salita, lunga circa 1400 metri, con atteggiamento mentale tranquillo e con un’azione di corsa agile.
Come si affronta una salita in agilità? Si deve ridurre leggermente l’ampiezza della falcata, si avanza leggermente con il tronco e le spalle in maniera da spostare appena un po’ in avanti il baricentro e scaricare leggermente l’impegno delle cosce a favore dell’intervento dei muscoli dei polpacci. A supporto di questa azione si deve aumentare l’ampiezza del movimento delle braccia. Nel giro di qualche centinaio di metri ci si adegua al cambio di pendenza della strada e al maggior impegno muscolare ed organico, ma tieni sempre presente che stai correndo in salita e quindi le difficoltà sono maggiori rispetto a quelle vissute finora. Superata la prima salita lo sforzo si riduce, e per favorire il recupero abbandona, per qualche secondo, le braccia lungo il corpo per rilassare i muscoli delle spalle, e cerca anche di allungare leggermente la fase espiratoria. Ciò è utile più per un positivo effetto rilassante a livello muscolare e mentale che per una reale necessità di eliminare anidride carbonica ed aumentare l’assunzione di ossigeno. Nel giro di qualche chilometro dovrai percorrere altre tre salite (la seconda di 800 metri e la terza di un miglio, ma fortunatamente spezzato in tre parti) e tieni presente che la quarta è la Heartbreak Hill.
Questa salita non ha nulla di particolare: è lunga 600 metri circa, quindi un po’ meno rispetto a quelle che hai appena superato, ha una pendenza non particolarmente elevata, ma è la quarta e, soprattutto, alla sommità troverai, oltre che una massa impressionate di tifosi, il cartello del 36° chilometro. A questo punto della maratona la stanchezza è più che mai evidente, ed oltre a subire i disagi fisici e mentali dovuti alla stanchezza, si deve produrre uno sforzo maggiore proprio per superare la salita.
Messa alle spalle anche la Heartbreak Hill, avrai un breve tratto in pianura nel quale è concentrata una gran massa di spettatori. Questa è la zona del Boston College, e io ricordo di aver incontrato delle difficoltà a superare un’atleta disabile perché c’era così tanta gente che la sede stradale era ridotta ad uno stretto corridoio.
Negli ultimi 15km di corsa il tifo della gente è molto caloroso, perché gli spettatori sono veramente numerosi, come in poche altre maratone. Pensa che ci sono persone che già il giorno prima della gara si accaparrano i posti lungo la Heartbreak Hill, piantando tende, allestendo cucine da campo, posizionando sedie e panchine in maniera da assistere in prima fila al passaggio dei maratoneti.
Superato il Boston College (37°km), si prosegue con una lunga discesa, di un chilometro e mezzo, che diventa una buona opportunità per recuperare energie. Il tratto di favorevole pendenza è quanto mai provvidenziale, ma aspettati di ritrovarti ancora imballato quando la strada inizierà a spianare nel quartiere di Brookline. Anche in questo frangente devi adottare un’azione di corsa agile, e stavolta non sarà facile perché le salite e le discese fin qui affrontate avranno lasciato i muscoli poco reattivi, ma se avrai saputo dosare correttamente lo sforzo ti troverai invece in una situazione favorevole. All’arrivo mancano 3,5km e di certo avrai davanti a te parecchi maratoneti in difficoltà per aver osato un po’ troppo nella prima parte: sarà un gioco da ragazzi approfittarne ed arrivare al traguardo senza pensare alla fatica perché concentrato a superare i tuoi avversari. Come riportato poco sopra, il pubblico nel tratto finale è veramente tanto, ed immagina l’incitamento che ti verrà riservato quando percorrerai il rettilineo che porta all’arrivo: 600 metri lungo i quali potrai gustarti il calore di un pubblico che di maratona se ne intende, visto che Boston è più famosa per la storia della sua maratona che per qualsiasi altra cosa.