Analisi dei percorsi di gara

Analisi dei percorsi di gara

01/03/2004

Le maratone veloci in Italia

(articolo scritto da Orlando Pizzolato in marzo 2004)

Ci sono maratone da considerare "ideali" perché hanno determinate caratteristiche che consentono agli atleti di rendere al massimo. La più classica di queste maratone è quella che si corre a Fukuoka, Giappone, la seconda domenica di dicembre.Al di là dell’efficientissima organizzazione, che da sempre contraddistingue le maratone nipponiche, correre a Fukuoka è la soluzione ottimale perché il percorso è pianeggiante ed il clima ottimo, ma non solo. I giapponesi hanno anche saputo sfruttare il benefico aiuto del vento che dal mare spira verso l’entroterra, per rendere ancora più veloci i tempi di percorrenza. La partenza di questa gara è fissata non a caso alle 12,15 perché verso le 13.30 dal mare inizia a spirare una leggera brezza. Il percorso di questa gara è praticamente di andata e ritorno, e proprio quando inizia la parte più difficile della maratona, i corridori hanno (quasi sempre) il supporto del vento che soffia alle spalle.

Un altro aspetto che contraddistingue una maratona veloce è certamente la discesa, ma non quella per es. che c’è alla maratona di Boston perché, anche se si scende più o meno a gradoni fino al 31°km, inizia poi una serie di salite difficili (fra queste la mitica Heart Break Hill) che penalizzano quanto eventualmente guadagnato in discesa.

Una discesa vantaggiosa è invece quella che si trova per es. alla S. George Marathon, nello Utah. In questa gara, molto frequentata dagli americani perché è molto facile ottenere il tempo minimo di partecipazione alla maratona di Boston, il dislivello tra la partenza e l’arrivo è di 793 metri.

In Italia

In casa nostra le maratone che potenzialmente possono essere considerate veloci, perché hanno un avvio in discesa, sono abbastanza numerose. Mi riferisco, in ordine di apparizione nel calendario nazionale e con riferimento alla sede della gara, alle maratone di: Salsomaggiore (108m), Treviso (123m), Padova (30m), Barchi (319m), Carpi (109m), Firenze (48m). In quest’ultima, la discesa non porta ad un particolare vantaggio perché termina al 3°km di gara, quando all’arrivo ne mancano ancora tanti. Anche la discesa della maratona di Barchi non è particolarmente vantaggiosa, perché lungo il percorso si devono superare numerosi dislivelli.

Nelle altre maratone invece il favorevole dislivello porta certamente ad un vantaggio, anche se in tutte queste competizioni la discesa termina molto lontano dall’arrivo. Ed è questo il punto focale per cui non sempre il vantaggio della discesa viene sfruttato a pieno dal maratoneta.

TABELLA 1

maratona

dislivello

Vantaggio medio in secondi

Salsomaggiore

108

1’03"

Treviso

123

1’12"

Padova

30

18"

Barchi*

319

3’06"

Carpi

109

1’04"

Firenze

48

28"

* come riportato sull’articolo, il dislivello tra partenza ed arrivo è di 319 metri e quindi il vantaggio medio possibile sarebbe di 3’06", ma lungo il percorso si superano numerose salite che annullano parte del vantaggio della discesa.

In discesa si corre ovviamente più veloci o, quantomeno, a parità d’impegno si spendono meno energie. E’ soprattutto il primo punto quello che il corridore sa sfruttare meglio. Una discesa con la pendenza del 1% consente di guadagnare da 2 a 4 secondi al chilometro (all’incirca 1 minuto in una discesa di una quindicina di chilometri), mentre con una pendenza del 3% si può anche accumulare un vantaggio che sfiora i 3’, ed è il podista più veloce quello che, ovviamente, guadagna più tempo in discesa.

La discesa delle maratone elencate poco sopra termina però verso il 10-13°km, e quindi il vantaggio massimo accumulabile nella prima parte di corsa è dell’ordine dei 45-60" circa.

L’impostazione di gara

Molti maratoneti però forzano questa situazione cercando, come si è soliti affermare, di mettere più possibile "fieno in cascina" per i momenti di difficoltà. La convinzione è di accumulare vantaggio sulla tabella di marcia per gestirlo poi nei momenti più duri della maratona, e centrare così il proprio primato. Questo modo di pensare non è proprio da manuale, a causa di una situazione fisiologica che può determinare invece una conseguenza negativa: mi riferisco alla fase d’impatto del piede con il terreno che causa una maggiore sollecitazione ai muscoli e alle articolazioni. In discesa le forze d’impatto aumentano, anche del doppio, rispetto a quando si corre in pianura, e pertanto la stanchezza muscolare appare prima rispetto ad una corsa pianeggiante.

Le pendenze delle discese delle maratone elencate non sono, tuttavia, ragguardevoli da determinare elevate sollecitazioni dei muscoli delle cosce, ma non per questo si deve correre ad un impegno maggiore lungo la discesa. Bisogna tenere sempre presente che si sta correndo una maratona, e che i chilometri da percorrere sono sempre tanti.

Attenti alla fine della discesa

Il punto critico delle maratone con tratti in discesa è quello in cui questa termina, e si prosegue correndo in piano. In questo cambio di pendenza è probabile che si avverta una specie di appesantimento muscolare, conseguente alla modifica dell’azione meccanica: i passi diventano più corti, si perde l’elasticità nell’azione dei piedi, e la spinta è tutta a carico dei quadricipiti che, se affaticati dalle ripetute contrazioni eccentriche, reagiscono con fatica e disagio al nuovo assetto di corsa. Ci si deve quindi attendere un momento di difficoltà nelle prime centinaia di metri in piano, e bisogna essere mentalmente accorti a non subire questa situazione L’adattamento alla corsa in pianura dovrebbe risolversi spontaneamente in breve tempo, ma diversamente si può favorire l’adattamento riducendo l’ampiezza della falcata, abbandonando le braccia lungo il corpo e controllando la respirazione, che deve essere sempre naturale e non forzata.

Le altre maratone italiane

Le maratone in discesa che ho elencato nello schema, hanno tuttavia un record del percorso (nel momento in cui scrivo si deve ancora correre la maratona di Treviso) più lento rispetto ad altre che hanno un indice di scorrevolezza superiore. Ciò dipende, ovviamente, da fattori economici, perché il montepremi per i vincitori è limitato e gli ingaggi non raggiungono le quotazioni delle maratone più ricche, e tutto ciò non attrae i corridori di primissimo piano. Le maratone italiane veloci che non hanno favorevoli tratti di discesa sono:

TABELLA 2

maratona

Indice di scorrevolezza

Piacenza

2

Brescia

2

Ferrara

2

Roma

3

Torino

4

Trieste

2

Venezia

3

Milano

2

Reggio Emilia

3

In queste maratone si può correre comunque forte perché la maggioranza di esse hanno un percorso pianeggiante, ma in un paio di queste si può correre velocemente anche se il percorso non è piatto. Mi riferisco alla maratona di Torino e a quella di Roma; in entrambe queste gare il record del tracciato è veloce quanto quelle piatte. Per es. la maratona di Torino, che ha un dislivello di 119 metri, ha un record del tracciato (2h07’44") che rappresenta anche il tempo più veloce corso in Italia. Anche la corsa di Roma, il cui dislivello è contenuto (75 metri), e nonostante i tratti sui sampietrini, ha un record molto buono: 2h08’29".

Le condizioni climatiche

Nelle maratone elencate nella tabella 2 si può correre velocemente anche grazie alle favorevoli condizioni climatiche, anche se spesso le condizioni ambientali non sono una costante. Ci sono anni un cui a Venezia, si corre molto velocemente (per es. nel 2003) perché il clima è ottimale, mentre altre volte (edizione 2002) basta qualche grado in più per aver un rendimento alterato. Questa situazione è avvertita maggiormente dai maratoneti che portano a termine la gara con tempi prossimi alle 3h30’. Quasi sempre la partenza delle maratone è compresa tra le 9 e le 9.30, e quando i top runner tagliano il traguardo, il termometro non ha ancora raggiunto i valori massimi, cosa invece che si verifica un’ora più tardi.

Il numero di partecipanti

Oltre al percorso e al clima, che sono senza dubbio i fattori più importanti da considerare per correre velocemente, non si deve assolutamente trascurare l’effetto avversario. Mi riferisco alla presenza in corsa di numerosi corridori: nelle maratone con un elevato numero d’iscritti si ha sempre un importante punto di riferimento che consente di non perdere il controllo della situazione. Ciò avviene facilmente nell’ultimo terzo di gara, quando la fatica e la stanchezza fanno perdere lucidità, e spesso il maratoneta non si rende conto di rallentare l’andatura. Avere inoltre altri avversari a breve distanza rappresenta un forte stimolo, che aiuta ad aumentare il rendimento grazie allo sforzo messo in atto per raggiungere chi ci precede. Nelle maratone con pochi iscritti, invece, diventa demotivante avere gli avversari troppo lontani, perché sembrano irraggiungibili.

In definitiva, per scegliere la giusta maratona in cui si esprimere la massima prestazione cronometrica, si deve prediligere dapprima il fattore climatico, che è quello che maggiormente condiziona il rendimento fisico, successivamente il percorso scorrevole ed infine una maratona con numerosi iscritti.

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