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gennaio 2016

25/01/2016

Péronnet e il test dei 7 minuti di Pizzolato

In questi giorni sto studiando diversi libri e pubblicazioni di fisiologia, una lettura che mi appassiona da sempre, da quando cioè ho cominciato a correre e non avevo ancora le basi e le conoscenze per riuscire a capire fino in fondo un trattato scientifico. Sono poi seguiti gli studi specifici, e la passione è aumentata. Nella prossima newsletter vi aggiornerò su alcune curiose novità.
Ho dovuto però deviare per qualche giorno il mio interesse verso una questione un po' più “documentaristica”, per dimostrare l'origine di quel test dei 7 minuti che conoscono tutti gli atleti che alleno e tutti i partecipanti agli stages che organizzo. L'ho trattato nel mio libro “Correre... secondo Orlando Pizzolato”, ma già prima del nuovo millennio è entrato a far parte della mia analisi dell'atleta amatore.
Infatti, a dispetto di chi ne attribuisce erroneamente la paternità al ricercatore canadese François Péronnet, il test ha una sua storia: chi è stato abbonato a Training News e ancora conserva il numero 17 del lontano settembre 1999, a pagina 4 troverà il protocollo di svolgimento del famigerato “Test dei 7 minuti di Pizzolato”.
Certo, di Pizzolato. Péronnet stesso attribuisce la paternità al sottoscritto. La mia non è una polemica, ma una precisazione per chiarire le cose e fugare ogni dubbio.

Cominciai a leggere gli scritti di Péronnet nel 1986, quando trovai il suo libro “Le Marathon: équilibre énergétique, alimentation et entrainement du coureur sur route” in una piccola libreria di Fort-de-France, e mia moglie gli chiese l'autorizzazione a tradurlo per la sua tesi universitaria. Péronnet mi chiese poi se il mercato italiano fosse interessato a una edizione italiana del libro, ma l'Edizione Correre non valutò la pubblicazione vantaggiosa, anzi competitiva vista l'imminente uscita del libro “Maratona: allenamento e alimentazione” di Enrico Arcelli (ed.1989).
In ogni caso, per me il suo testo fu fonte di continui studi e rimasi in contatto con lui per alcuni anni. Le nostre strade poi si allontanarono fino a quando, nel dicembre del 2015, non ci incontrammo per un soffio in occasione di un suo viaggio per un convegno nel nord-ovest d'Italia. In quell'occasione però non mancò di aggiornarmi sui suoi studi e sulle sue teorie “rivoluzionarie”, passandomi diversi trattati (che fanno parte delle mie letture attuali).

Ma cosa c'entra Péronnet con il test dei 7 minuti? Per lui la velocità aerobica massima (la VAM) può essere tenuta per un lasso di tempo compreso tra 5 e 9 minuti e da questa si può estrapolare il valore di VO2max: alcuni atleti da lui analizzati hanno tenuto la velocità corrispondente al proprio VO2max tra 4'45 (valore minimo) e 8'30 (valore massimo). Da questo presupposto, io cominciai a proporre un test di 7 minuti a tutti gli atleti, cercando di raccogliere più informazioni possibili e cercando di correlare il risultato non solo con il VO2max, ma anche e soprattutto con la soglia anaerobica.
Perché 7 minuti? Perché avevo rilevato da altri studi che gli atleti con i valori più elevati di VO2max erano – e sono – i mezzofondisti, in particolare gli specialisti dai 1.500 ai 5.000 metri. Per avere un punto di riferimento, presi così il primato del mondo di allora sui 3.000 metri (7'23”09 di El Guerrouj).

Il protocollo del mio test dei 7 minuti prevede di correre una prova massimale (come in gara) della durata di 7 minuti esatti, possibilmente in una pista di atletica, controllando la distanza percorsa. Questa prova va preceduta da 2 giorni di allenamento leggero o riposo e va corsa dopo un buon riscaldamento, abbastanza prolungato. L’impegno deve essere massimo, ma non solo nel finale, bensì con lo sforzo distribuito regolarmente per tutta la durata della prova. I dati da registrare sono:
1. la distanza percorsa in metri
2. i tempi di passaggio ad ogni km ed eventualmente anche ad ogni giro
3. se si corre con il cardiofrequenzimetro, la frequenza cardiaca massima registrata durante la prova

L'avete mai fatto? Provate, e poi comparate il risultato con la tabella contenuta nel mio libro. Se il test è stato ben eseguito, troverete con buona approssimazione il vostro VO2max. Péronnet tende invece ad essere più cauto sia perché considera un lasso di tempo più ampio, sia perché è difficile per un corridore essere regolare e dare il massimo in 7 minuti. Ma mi conferma che è “... un'informazione che si può ottenere anche dal test di Pizzolato! Perché no?”

La correlazione con la soglia anaerobica è poi un'altra operazione che non vado ad approfondire in questa sede, anche perché il buon Péronnet, quando gli ho chiesto un parere sul legame tra test dei 7 minuti e soglia, mi ha risposto più o meno così: “Una correlazione con la soglia anaerobica? No! Perché la soglia non esiste!”. Ma questa è un'altra storia, che tratterò nella prossima newsletter.

Per concludere, gli ho chiesto allora apertamente se si considera l'inventore del test dei 7 minuti. La sua risposta non lascia dubbi: “Hai ragione che né io né Guy* abbiamo inventato questo test!”

* Guy Thibault, coautore del libro



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