14/10/2020
Il letargo del podista
La limitata disponibilità di gare di questo periodo condiziona la preparazione di molti podisti amatori. Senza un obiettivo verso cui orientare gli allenamenti, vengono a mancare la carica mentale e la motivazione ad affrontare gli allenamenti specifici per ottimizzare la condizione di forma. In effetti, non c'è un senso logico a ricercare un'efficienza fisica specifica se poi non si può esprimere il potenziale raggiunto. Quindi, senza gare da preparare, la preparazione di tanti podisti non ha un orientamento specifico e molti amatori vivono in una sorta di “letargo tecnico”, in attesa che la situazione migliori. Le maratone più importanti a livello mondiale – le Majors – si sono collocate per il prossimo autunno perché si presume che per quel periodo sarà disponibile il vaccino. C'è da attendere quindi ancora un anno circa, prima di poter gareggiare; pertanto un podista vivrà in “letargo” per almeno altri sei mesi.
Varie sono le motivazioni che hanno portato tanti amatori a ridurre il carico di allenamento e, se per un verso ciò è logico e corretto, per altri aspetti tecnici tale scelta non è invece favorevole. Dopo un anno di “letargo tecnico”, molto difficilmente un podista amatore sarà migliore sul piano tecnico, ed è facile che inizi la preparazione specifica per una gara con un'efficienza minore. Certo, allenandosi di meno - per mancanza di stimoli agonistici – è normale evidenziare un leggero calo di rendimento, ma non mi riferisco a questo aspetto. Passato un anno, un podista amatore (quasi inevitabilmente) ha perso qualche cosa sul piano fisiologico e tecnico a causa dell'invecchiamento dei tessuti. Per questo, il podista che lo scorso marzo valeva per esempio 45' sui dieci chilometri, un anno dopo può aver perso 30-60” proprio per la perdita di efficienza dei tessuti che compongono i vari apparati. Per esempio, se il cuore perdesse anche un solo battito di frequenza cardiaca massima (si consideri a titolo indicativo la formula che indica che la FC massima è pari a 220 meno la propria età), ci sarà meno sangue in circolo per ogni contrazione del cuore. E se ogni muscolo perdesse, sempre per effetto dell'invecchiamento, una minima quantità di fibre muscolari, la resa sarebbe inferiore.
Nel “letargo tecnico” per mancanza di gare, un podista non dovrebbe ridurre molto la disponibilità ad allenarsi. Quello che un podista non deve fare in mancanza di gare è allenare la resistenza specifica, vale a dire svolgere sedute al ritmo gara. E' invece (molto) indicato dedicare tempo e energie agli aspetti tecnici che rappresentano i fattori limitanti la prestazione.
Per esempio, un podista che evidenzia poca forza deve allenare questa caratteristica. Chi perde efficienza meccanica deve considerare di migliorare quest'altra qualità.
Ogni corridore ha un punto debole (ma anche più di uno), quell'aspetto che lo manda in crisi anche quando sembra che la preparazione fatta sia “perfetta”. Migliorare i “fattori limitanti” richiede molto più tempo che rafforzare i punti forti. Con l'esperienza che sto facendo con i ragazzi, rilevo che per migliorare la meccanica e l'efficienza di corsa servono tante settimane. Io stesso, per mantenere efficiente a “lungo” la falcata, ho visto che devo curare questa caratteristica con una seduta specifica ogni 8-10 giorni. Mi sono servite alcune settimane per migliorare la forza specifica (salite e ginnastica) e portare la falcata media da 1,55 a 1,75, cercando soprattutto di mantenere a “lungo” una buona ampiezza. Prima della “cura” la tenevo per poco più di un giro di pista, successivamente sono arrivato a più di un chilometro. E non è neppure questa la particolarità tecnica ricercata, quanto piuttosto correre usando una parte di questa lunghezza (della falcata) per svariati chilometri, che vuol dire non scadere di efficienza muscolare.
Vari sono i fattori limitanti di un podista, rappresentati dagli allenamenti che non ama fare, che sono tali fintanto che non saranno rafforzati. Quale migliore momento se non questo periodo senza gare per concentrare le energie su questi dettagli?
Dopo un periodo di allenamento concentrato sui punti deboli si scoprirà che, dopo un anno di “letargo”, si sarà invecchiati ma non peggiorati.
orlando
Varie sono le motivazioni che hanno portato tanti amatori a ridurre il carico di allenamento e, se per un verso ciò è logico e corretto, per altri aspetti tecnici tale scelta non è invece favorevole. Dopo un anno di “letargo tecnico”, molto difficilmente un podista amatore sarà migliore sul piano tecnico, ed è facile che inizi la preparazione specifica per una gara con un'efficienza minore. Certo, allenandosi di meno - per mancanza di stimoli agonistici – è normale evidenziare un leggero calo di rendimento, ma non mi riferisco a questo aspetto. Passato un anno, un podista amatore (quasi inevitabilmente) ha perso qualche cosa sul piano fisiologico e tecnico a causa dell'invecchiamento dei tessuti. Per questo, il podista che lo scorso marzo valeva per esempio 45' sui dieci chilometri, un anno dopo può aver perso 30-60” proprio per la perdita di efficienza dei tessuti che compongono i vari apparati. Per esempio, se il cuore perdesse anche un solo battito di frequenza cardiaca massima (si consideri a titolo indicativo la formula che indica che la FC massima è pari a 220 meno la propria età), ci sarà meno sangue in circolo per ogni contrazione del cuore. E se ogni muscolo perdesse, sempre per effetto dell'invecchiamento, una minima quantità di fibre muscolari, la resa sarebbe inferiore.
Nel “letargo tecnico” per mancanza di gare, un podista non dovrebbe ridurre molto la disponibilità ad allenarsi. Quello che un podista non deve fare in mancanza di gare è allenare la resistenza specifica, vale a dire svolgere sedute al ritmo gara. E' invece (molto) indicato dedicare tempo e energie agli aspetti tecnici che rappresentano i fattori limitanti la prestazione.
Per esempio, un podista che evidenzia poca forza deve allenare questa caratteristica. Chi perde efficienza meccanica deve considerare di migliorare quest'altra qualità.
Ogni corridore ha un punto debole (ma anche più di uno), quell'aspetto che lo manda in crisi anche quando sembra che la preparazione fatta sia “perfetta”. Migliorare i “fattori limitanti” richiede molto più tempo che rafforzare i punti forti. Con l'esperienza che sto facendo con i ragazzi, rilevo che per migliorare la meccanica e l'efficienza di corsa servono tante settimane. Io stesso, per mantenere efficiente a “lungo” la falcata, ho visto che devo curare questa caratteristica con una seduta specifica ogni 8-10 giorni. Mi sono servite alcune settimane per migliorare la forza specifica (salite e ginnastica) e portare la falcata media da 1,55 a 1,75, cercando soprattutto di mantenere a “lungo” una buona ampiezza. Prima della “cura” la tenevo per poco più di un giro di pista, successivamente sono arrivato a più di un chilometro. E non è neppure questa la particolarità tecnica ricercata, quanto piuttosto correre usando una parte di questa lunghezza (della falcata) per svariati chilometri, che vuol dire non scadere di efficienza muscolare.
Vari sono i fattori limitanti di un podista, rappresentati dagli allenamenti che non ama fare, che sono tali fintanto che non saranno rafforzati. Quale migliore momento se non questo periodo senza gare per concentrare le energie su questi dettagli?
Dopo un periodo di allenamento concentrato sui punti deboli si scoprirà che, dopo un anno di “letargo”, si sarà invecchiati ma non peggiorati.
orlando
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