18/01/2010
I sarti della corsa
Hawaii: la roccia nera era calda quasi come quando la terra l’aveva vomitato in quell’isola vulcanica. Il vento che soffiava dal mare scompigliava i rami delle palme ma non rinfrescava l’aria, e già pensavo alla sofferenza che i maratoneti avrebbero provato l’indomani. Sull’asfalto scuro come la linfa di un demonio risaltava l’arancione dei coni che delimitavano la carreggiata in due perfette metà: un’andata ed un ritorno che sembrava un viaggio verso l’inferno visto che tutt’attorno gli enormi massi neri contribuivano ad incamerare il calore del sole e restituire un’aria incandescente.
All’organizzatore chiesi se era convinto che quell’irrisoria separazione fosse sufficiente a far desistere i corridori dall’idea di passare dall’altra parte della strada, evitando di percorrere poco meno di una decina di chilometri. Lo sguardo che mi rivolse già evidenziava la stupidità della mia ipotesi e le sue parole lo confermarono: “Perché un corridore non dovrebbe percorrere l’intera distanza?”
Il giorno dopo la competizione incontrai l’organizzatore che m’invitò a fare colazione al suo tavolo e mi comunicò che la mia ipotesi era corretta: “Un corridore non è transitato al controllo del 24° chilometro”. Mi chiese se fosse giusto squalificarlo perché era la prima volta che ciò succedeva in una ventina di edizioni. “Perché lo chiedi a me?” ribattei. “Si tratta di un italiano”.
Ci sono domande alle quali faccio fatica a trovare una semplice risposta per mia figlia di sette anni. Si tratta di quesiti per i quali devo consultare un’enciclopedia, ma se mi chiedesse perché un podista accorcia il percorso di una competizione evitando di completare la distanza della gara non saprei risponderle. Ipotizzerei che quell’individuo vorrebbe apparire agli occhi della gente più grande di com’è nella realtà. Molto probabilmente soffre di una sindrome d’inferiorità e si sente come un lillipuziano. Senza dubbio soffre, ma non per quel disagio che i corridori di resistenza sono soliti avvertire sotto sforzo, ma soffre per una personalità inadeguata che non sa accettare.
Mi dispiace pensare che al via di una competizione ci siano corridori che hanno già premeditato l’irregolarità della loro prestazione, e che invece di correre concentrati ad esprimere il meglio del proprio potenziale sono in tensione per mettere in atto il loro piano tattico fraudolento. E mi chiedo come riescano successivamente a sviluppare quell’abilità di convivere con l’idea che la loro prestazione è corretta.
Gareggiare da imbroglione è un’attività universale; i podisti lillipuziani popolano ogni competizione. Ho partecipato a corse internazionali nelle quali ho assistito a strategie tattiche fraudolente di vario tipo, alle quali ho quasi sempre risposto con un sorriso ironico davanti a tale manifesta inferiorità. Gli organizzatori poco possono fare per contrastare le irregolarità. Ricordo con divertimento la situazione pre gara ad una competizione in un’isola caraibica. Completato il riscaldamento ero ammassato in un piazzale nel quale come formiche operose che si spostano con frenesia, c’erano alcune centinaia di corridori ansiosi di scoprire in quale direzione sarebbe partita la corsa. Mi spiegarono che per evitare partenze anticipate e tagli di percorso l’organizzatore decideva il senso del tracciato solo qualche istante prima della partenza. Di lì a poco l’organizzatore, in un angolo della piazza tracciò per terra, con un gesso bianco, un segno sbilenco ed una manciata di secondi più tardi urlò, puntando l’indice ed il braccio teso, “di là”.
E tutti partimmo all’impazzata.
Orlando
All’organizzatore chiesi se era convinto che quell’irrisoria separazione fosse sufficiente a far desistere i corridori dall’idea di passare dall’altra parte della strada, evitando di percorrere poco meno di una decina di chilometri. Lo sguardo che mi rivolse già evidenziava la stupidità della mia ipotesi e le sue parole lo confermarono: “Perché un corridore non dovrebbe percorrere l’intera distanza?”
Il giorno dopo la competizione incontrai l’organizzatore che m’invitò a fare colazione al suo tavolo e mi comunicò che la mia ipotesi era corretta: “Un corridore non è transitato al controllo del 24° chilometro”. Mi chiese se fosse giusto squalificarlo perché era la prima volta che ciò succedeva in una ventina di edizioni. “Perché lo chiedi a me?” ribattei. “Si tratta di un italiano”.
Ci sono domande alle quali faccio fatica a trovare una semplice risposta per mia figlia di sette anni. Si tratta di quesiti per i quali devo consultare un’enciclopedia, ma se mi chiedesse perché un podista accorcia il percorso di una competizione evitando di completare la distanza della gara non saprei risponderle. Ipotizzerei che quell’individuo vorrebbe apparire agli occhi della gente più grande di com’è nella realtà. Molto probabilmente soffre di una sindrome d’inferiorità e si sente come un lillipuziano. Senza dubbio soffre, ma non per quel disagio che i corridori di resistenza sono soliti avvertire sotto sforzo, ma soffre per una personalità inadeguata che non sa accettare.
Mi dispiace pensare che al via di una competizione ci siano corridori che hanno già premeditato l’irregolarità della loro prestazione, e che invece di correre concentrati ad esprimere il meglio del proprio potenziale sono in tensione per mettere in atto il loro piano tattico fraudolento. E mi chiedo come riescano successivamente a sviluppare quell’abilità di convivere con l’idea che la loro prestazione è corretta.
Gareggiare da imbroglione è un’attività universale; i podisti lillipuziani popolano ogni competizione. Ho partecipato a corse internazionali nelle quali ho assistito a strategie tattiche fraudolente di vario tipo, alle quali ho quasi sempre risposto con un sorriso ironico davanti a tale manifesta inferiorità. Gli organizzatori poco possono fare per contrastare le irregolarità. Ricordo con divertimento la situazione pre gara ad una competizione in un’isola caraibica. Completato il riscaldamento ero ammassato in un piazzale nel quale come formiche operose che si spostano con frenesia, c’erano alcune centinaia di corridori ansiosi di scoprire in quale direzione sarebbe partita la corsa. Mi spiegarono che per evitare partenze anticipate e tagli di percorso l’organizzatore decideva il senso del tracciato solo qualche istante prima della partenza. Di lì a poco l’organizzatore, in un angolo della piazza tracciò per terra, con un gesso bianco, un segno sbilenco ed una manciata di secondi più tardi urlò, puntando l’indice ed il braccio teso, “di là”.
E tutti partimmo all’impazzata.
Orlando
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I soliti furbi
Purtroppo noi italiani siamo fatti così, accorciamo le maratone, non facciamo le code, posteggiamo in 2a fila, evitiamo le code viaggiando sulla corsia di emergenza, non paghiamo le tasse ............
Io e tanti altri che non ci comprtiamo così siamo considerati dei grandi fessi.
In tutto il mondo ci conoscono.
Public18/01/2010 17:51:55
anch'io taglio
anch'io una volta ho tagliato il percorso e poi mi sono sentito un pò in colpa.
ho tagliato la curva, correndo sopra il marciapiede.
buon inizio 2010 a tutti!! ))
Public18/01/2010 21:20:36
Il contrario del taglio...
...sono io, che quando finisco le maratone fermo il Garmin su un kilometraggio sempre più alto di 42,2 km. Ultima esperienza è Firenze, con 42,9 km e spiccioli eppure non mi faccio bonus sul tempo, ovvero 700 metri in più vorrebbero dire, cronometro alla mano, che non ho impiegato 3h40m ma circa 3h37. Ma la mia soddisfazione è chiudere le maratone con tempi sempre migliori, faticando davvero e poter semplicemente dire "io c'ero davvero".
Public19/01/2010 17:24:05
MAI TAGLIARE
Credo che tagliare ad una gara sia la cosa più brutta che si uò fare nel nostro sport.Penso che proprio perchè la corsa è lo sport più libero ed individuale che esista si debba essere corretti sempre. Immaginate la stessa cosa in uno sport di squadra come si fa ad imbrogliare senza suscitare le ire dei compagni di squadra e dei compagni?
Noi dobbiamo fare lo stesso quando vediamo tagliare dobbiamo subito denunciare prendendo il numero di pettorale. Io alcuni anni fa su segnalazione di un amico ho fatto squalificare atleti proprio alla maratona di Firenze.
CAPUTO AGOSTINO23/01/2010 17:43:06
...passeggiando in bicicletta....
io pagherei a conoscere colui che, all'ultima maratona di firenze, ha percorso l'intero tracciato in bicicletta! Giuro che vorrei stringergli la mano. pazzesco.
Public24/01/2010 08:48:01
Specialisti in sartoria
Alcuni anni fa l'organizzazione della maratona di Padova inviò a tutti gli atleti giunti al traguardo un libretto con la foto sotto lo striscione di arrivo dal primo all'ultimo arrivato!
Qualcuno mi ha messo una pulce nell'orecchio, non ricordo perchè, così mi sono preso la briga di contare le foto: erano 2720! secondo la graduatoria dei chip i giunti al traguardo erano 2765: 45 di più! Ciò vuol dire che 45 persone risultavano classificate mentre in realtà erano tranquillamente a letto od in tutt'altre faccende affacendate ed il loro chip viaggiava sulle gambe di qualcun altro.
Public03/02/2010 12:09:03
I sarti della corsa
Lo scorso anno alla redazione di Correre erano state spedite delle foto, fatte dall’agenzia che aveva di diritti di fotografare i partecipanti alla maratona di Padova, che riportavano come al passaggio della mezza maratona e sul traguardo transitasse lo stesso chip e lo stesso pettorale, ma indossato da persone differenti. La cosa buffa è che spesso i soggetti di questa “maratona a staffetta” erano abbigliati in maniera completamente differente.
Pizzolato Orlando03/02/2010 13:32:26
Tagliare in maratona
Sarà un mio pensiero, ma credo che poi viverci sopra ad un risultato ottenuto in questo modo assomigli un pò come a barare facendo il solitario. Poi se a distanza di tempo dovessi dire di aver impiegato 3 ore o 3.30 nessuno potrà ricordarsene se non io. E mi dovrei prendere per il culo con me stesso ? Facendomi grande sempre con me stesso ? Sperando che me stesso ci creda ?? Sembra un raggionamento di un pazzo ?? A forza di ripetere una bugia và a finire che ci credano ??!! Pensa se finisco per crederci io stesso.
Public19/02/2010 22:17:02