10/11/2010
Da Barcellona a New York via Berlino
Non sono mai a casa il giorno del mio compleanno; è così da almeno una decina d’anni. Gli auguri li ricevo direttamente da poche persone, quelle che sono allo stage che di solito si tiene a Livigno, ed un’altra parte li ricevo via mail. Praticamente mai festeggio la ricorrenza; non mi piace essere al centro dell’attenzione e quest’anno sono in parte sfuggito alla “cerimonia” perché da Livigno sono volato a Barcellona: l’indomani ero impegnato con la telecronaca della maratona femminile ai campionati europei e a seguire in quella maschile. Lì, a farmi gli auguri ho trovato Dave Monti, responsabile del settore top runner alla maratona di NY. “Fammi un regalo” gli ho proposto “iscrivimi alla gara del 7 novembre. Considera però che sarò impegnato un mese prima alla prova di Berlino” avevo sottolineato. “Consideralo fatto” mi ha risposto facendomi vedere che nel suo PC ero inserito tra i nomi dei big. “Non farmi però partire con loro, come lo scorso anno. C’è troppa adrenalina. Meglio la partenza con le donne; meno testosterone nell’aria” gli avevo proposto.
“Se cambi idea” ha aggiunto “ricordati di disdire quanto prima l’iscrizione” ma all’indomani della prova tedesca non l’ho fatto, seppure ero molto incerto di correre il 7 novembre.
Dopo la corsa di Berlino, che mi ha soddisfatto ma ha evidenziato qualche aspetto tattico da rifinire, ho avvertito un mal di gambe piuttosto contenuto, tipico di chi non riesce a dar fondo a tutte le energie seppure in corsa abbia forzato al limite del suo potenziale, situazione tipica dell’amatore, in grado di sostenere svariate prove (apparentemente) impegnative come la maratona.
Dopo 10 giorni dalla prova tedesca mi sono sintonizzato mentalmente sull’impegno americano, pur mantenendo molte riserve che nascevano dal fatto che nei giorni precedenti la maratona faccio di tutto eccetto che riposarmi. Un avvicinamento alla competizione tutt’altro che ideale. Ho però messo da parte questa circostanza, anche perché avevo un paio di obiettivi tecnici da migliorare e quindi, maratona o no, quella era la strada che volevo percorrere. Per un paio di settimane ho curato forza e velocità, andando persino in pista a correre ripetute sui 400 metri da diecimilista. Ho svolto inoltre un paio di sedute di sprint in salita. Sentivo di aver bisogno di tensioni muscolari elevate perché nelle sedute di lungo lento andavo sempre bene, meglio rispetto al pre Berlino, e lo stesso era per le uscite di medio, che stavolta ho sostenuto con la variante dei cambi di ritmo perché avevo bisogno di sollecitazioni più elevate.
Su consiglio dell’amico Vivian (Enrico) ho deciso anche di ridurre il chilometraggio mensile portandolo da 450 a 380. Le gambe giravano bene davvero, anche in occasione di una seduta di IT svolta il giorno precedente la maratona di Venezia al Parco San Giuliano. Le gambe andavano davvero facili, sicuramente rinforzate da due uscite di medio in salita rispettivamente di 50 e 60 minuti, con quest’ultima che sarebbe potuta durare di più.
Qualche disagio l’ho incontrato negli 8 giorni finali, a causa del maltempo che nel vicentino è stato davvero rilevante. Ho dovuto annullare una seduta di ritmo maratona di 18km, ridotta a 12 perché alla gara mancavano solo 5 giorni. Ci tenevo a fare questo “ripasso della lezione” nonostante il circuito di allenamento fosse sotto un paio di centimetri d’acqua. Non è stata una seduta entusiasmante: ho finito con difficoltà la prova, ma ero lavato fin sotto le mutande.
Pioggia a casa, pioggia in Central Park. Quattro delle ultime cinque sedute sono state bagnate, e sabato mattina avevo mal di gola, un elemento che contribuiva ad alzare le probabilità di non correre la maratona della domenica.
Sabato mi ero alzato con fitte alle cosce, come se il giorno precedente avessi fatto i pesi. Stesse sensazioni di un anno prima. “Perché devo espormi ad un'altra prova poco stimolante, con il rischio di non finirla neppure quest’anno?” avevo detto ad Ilaria quando il cielo era ancora buio. Mi aspettava una giornata tirata. Da lì ad un’ora sarei dovuto andare all’Onu per la Friendship Run, un impegno di 2 ore e mezza con foto, riprese, sorrisi e pacche sulle spalle, ma soprattutto procedere per chilometri ad un’andatura che le gambe avvertono alla stregua di un lavoro da cantiere edile. Ilaria si è prodigata nella gestione dell’impegno, ridotto all’essenziale e senza stress muscolari. Un’ora e mezza dopo ho presenziato ad un incontro nel quale c’erano tutti gli italiani che avevano fatto buoni risultati a NY. Dopo mezzo piatto di pasta, via alla riunione con gli amatori di Terramia. In contemporanea dovevo essere all’hotel Hilton, alla riunione tecnica per ritirare il mio numero di gara. Ilaria si è presa in carico questo compito e sono arrivato giusto per firmare il ritiro del pettorale. Con quel pezzo di carta in mano l’adrenalina si è diffusa nel corpo.
Ultimo impegno della giornata è stato la cena - pasta party al Rock Cafè, a ridosso della pista di pattinaggio del Rokefeller Centre. Con gli amici presenti non si è trattato di un vero impegno, ma a fine giornata ero comunque stanco.
Vedere sul letto la borsa pronta per la corsa dell’indomani mi ha suscitato un po’ di disagio. Chissà come mi sarei alzato il giorno dopo? Si dice sempre che la notte porti consiglio, ma la notte prima della maratona finalmente ho solo sognato.
Orlando
“Se cambi idea” ha aggiunto “ricordati di disdire quanto prima l’iscrizione” ma all’indomani della prova tedesca non l’ho fatto, seppure ero molto incerto di correre il 7 novembre.
Dopo la corsa di Berlino, che mi ha soddisfatto ma ha evidenziato qualche aspetto tattico da rifinire, ho avvertito un mal di gambe piuttosto contenuto, tipico di chi non riesce a dar fondo a tutte le energie seppure in corsa abbia forzato al limite del suo potenziale, situazione tipica dell’amatore, in grado di sostenere svariate prove (apparentemente) impegnative come la maratona.
Dopo 10 giorni dalla prova tedesca mi sono sintonizzato mentalmente sull’impegno americano, pur mantenendo molte riserve che nascevano dal fatto che nei giorni precedenti la maratona faccio di tutto eccetto che riposarmi. Un avvicinamento alla competizione tutt’altro che ideale. Ho però messo da parte questa circostanza, anche perché avevo un paio di obiettivi tecnici da migliorare e quindi, maratona o no, quella era la strada che volevo percorrere. Per un paio di settimane ho curato forza e velocità, andando persino in pista a correre ripetute sui 400 metri da diecimilista. Ho svolto inoltre un paio di sedute di sprint in salita. Sentivo di aver bisogno di tensioni muscolari elevate perché nelle sedute di lungo lento andavo sempre bene, meglio rispetto al pre Berlino, e lo stesso era per le uscite di medio, che stavolta ho sostenuto con la variante dei cambi di ritmo perché avevo bisogno di sollecitazioni più elevate.
Su consiglio dell’amico Vivian (Enrico) ho deciso anche di ridurre il chilometraggio mensile portandolo da 450 a 380. Le gambe giravano bene davvero, anche in occasione di una seduta di IT svolta il giorno precedente la maratona di Venezia al Parco San Giuliano. Le gambe andavano davvero facili, sicuramente rinforzate da due uscite di medio in salita rispettivamente di 50 e 60 minuti, con quest’ultima che sarebbe potuta durare di più.
Qualche disagio l’ho incontrato negli 8 giorni finali, a causa del maltempo che nel vicentino è stato davvero rilevante. Ho dovuto annullare una seduta di ritmo maratona di 18km, ridotta a 12 perché alla gara mancavano solo 5 giorni. Ci tenevo a fare questo “ripasso della lezione” nonostante il circuito di allenamento fosse sotto un paio di centimetri d’acqua. Non è stata una seduta entusiasmante: ho finito con difficoltà la prova, ma ero lavato fin sotto le mutande.
Pioggia a casa, pioggia in Central Park. Quattro delle ultime cinque sedute sono state bagnate, e sabato mattina avevo mal di gola, un elemento che contribuiva ad alzare le probabilità di non correre la maratona della domenica.
Sabato mi ero alzato con fitte alle cosce, come se il giorno precedente avessi fatto i pesi. Stesse sensazioni di un anno prima. “Perché devo espormi ad un'altra prova poco stimolante, con il rischio di non finirla neppure quest’anno?” avevo detto ad Ilaria quando il cielo era ancora buio. Mi aspettava una giornata tirata. Da lì ad un’ora sarei dovuto andare all’Onu per la Friendship Run, un impegno di 2 ore e mezza con foto, riprese, sorrisi e pacche sulle spalle, ma soprattutto procedere per chilometri ad un’andatura che le gambe avvertono alla stregua di un lavoro da cantiere edile. Ilaria si è prodigata nella gestione dell’impegno, ridotto all’essenziale e senza stress muscolari. Un’ora e mezza dopo ho presenziato ad un incontro nel quale c’erano tutti gli italiani che avevano fatto buoni risultati a NY. Dopo mezzo piatto di pasta, via alla riunione con gli amatori di Terramia. In contemporanea dovevo essere all’hotel Hilton, alla riunione tecnica per ritirare il mio numero di gara. Ilaria si è presa in carico questo compito e sono arrivato giusto per firmare il ritiro del pettorale. Con quel pezzo di carta in mano l’adrenalina si è diffusa nel corpo.
Ultimo impegno della giornata è stato la cena - pasta party al Rock Cafè, a ridosso della pista di pattinaggio del Rokefeller Centre. Con gli amici presenti non si è trattato di un vero impegno, ma a fine giornata ero comunque stanco.
Vedere sul letto la borsa pronta per la corsa dell’indomani mi ha suscitato un po’ di disagio. Chissà come mi sarei alzato il giorno dopo? Si dice sempre che la notte porti consiglio, ma la notte prima della maratona finalmente ho solo sognato.
Orlando
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