23/10/2019
Alberto Salazar
Gran parte della gente addita Salazar come colpevole di aver dopato alcuni atleti che facevano parte della squadra che lui ha voluto creare: la Nike Oregon Project.
Per inciso, nessuno degli atleti del suo team è mai stato trovato positivo ad un controllo antidoping. Le accuse contro Salazar derivano dalle dichiarazioni di alcuni ex collaboratori ed ex atleti che hanno rivelato che l'ex maratoneta era in possesso di farmaci proibiti.
Pochi però sanno di lui, se non quello che si legge su Wikipedia, o giù di lì.
Chissà cosa pensate quindi, quando affermo che io, negli anni 80, consideravo Alberto Salazar un grande mito.
Per le tre vittorie consecutive alla maratona di NY (80, 81, 82) e per il primo posto in quella di Boston (82), diventata famosa per il finale spalla a spalla con Dick Beardsley. Quella sfida viene ancora ricordata come “Duel in the Sun”.
In quel periodo inoltre duellava con Henry Rono, un keniano che in poco più di un mese aveva stabilito tre primati mondiali (5000, 10000 e 3000 metri siepi). E non se la cavava male neppure nei cross: arrivò secondo al Campionato Mondiale del 1982.
E poi era dell'Oregon, un posto da dove venivano tutti i corridori più forti di quel periodo (ma non solo da lì, ovviamente).
Per finire, Alberto Salazar era nato nel mio stesso anno, anzi nella mia stessa settimana!
Come ha fatto Salazar a diventare un “demonio” delle piste e delle strade?
Io non credo fosse un atleta dopato, e penso che vincesse perché - come riportava il suo allenatore all'Università dell'Oregon, Bill Dillinger - si “allenava fino a consumarsi”. In certe settimane percorreva fino a 320km.
Su questa affermazione va cercato il punto debole di Salazar: portare il corpo fino al limite.
Chi ricorda il finale della maratona di NY 1982? qui il video
A poche centinaia di metri dal traguardo Salazar era in difficoltà per effetto dei ripetuti attacchi del messicano Rodolfo Gomez. Vinse con 4 secondi di vantaggio, ma finì la gara sfinito, con la conseguenza di non riuscire a dormire regolarmente per 10 giorni.
Il ritorno all'attività dopo quello sforzo fu davvero difficoltoso.
Ma la prima rilevante crepa nel fisico di Salazar si aprì nella maratona di Boston di quell'anno. qui il video
Conseguentemente allo sforzo di quel giorno, con una temperatura prossima ai 32°, Salazar fu immerso per svariate ore dentro una vasca da bagno con del ghiaccio perché la sua temperatura era costantemente superiore ai 40°.
Dalla fine del 1982 Salazar non fu più lo stesso. Condizionato da tanti problemi fisici, girò il paese in cerca dell'aiuto di tanti medici che lo potessero riportare al livello fisico ed atletico precedente a questi due episodi. La risposta di un paio di specialisti da lui consultati fu che “il sistema interno era saltato” ma lui continuò a gareggiare, non più però al livello precedente.
La sua attività atletica durò fino al 1994, anno in cui vinse in Sudafrica la Comrades (90km) e partecipò anche alle Olimpiadi di Los Angeles (15° in 2h14'19”).
In questi “viaggi” Salazar entrò in contatto con molti medici e fu in queste circostanze che iniziò a sperimentare su se stesso l'uso di farmaci.
E' risaputo che Salazar era in regolare contatto con i medici della USADA ai quali chiedeva quali sostanze poteva usare e quali no. Voleva sapere quali fossero i dosaggi consentiti perché lui cercava di arrivare a limite. E' risaputo che somministrava testosterone al figlio Alex, per individuare la quantità che non lo facesse risultare positivo ai controlli antidoping.
In quel periodo Salazar aveva chiesto direttamente a Phil Knight, fondatore e presidente onorario di Nike - che lo aveva da sempre considerato come un figlio - di sponsorizzagli una squadra (elite athlete training group) di corridori tutta sua: la Nike Oregon Project.
Come allenatore Salazar era ossessionato dalla supremazia dei corridori africani in genere, ed era convinto che per contrastare il loro dominio si dovesse ricorrere ad ogni supporto possibile.
Salazar è stato un personaggio molto rispettato in Nike (nell'Headquarter di Beaverton c'è un edificio di sei piani a lui intitolato) e sono stati appoggiati tanti suoi progetti. Gli atleti dormivano in tende ipobariche per stimolare la produzione di globuli rossi durante il riposo. Si potevano allenare su tapis roulant dove non c'era la forza di gravità. Usavano macchinari di crioterapia per accelerare i recuperi. E altro ancora.
E' risaputo che Nike fa dell'innovazione e dell'avanguardia la propria arma vincente. Lo dimostra l'evoluzione che le sue scarpe da maratona hanno avuto negli ultimi due anni.
La filosofia di Salazar è sempre stata quella di cercare il massimo, lui era l'uomo che esplorava il limite.
orlando
photocredit: Gettyimages
Per inciso, nessuno degli atleti del suo team è mai stato trovato positivo ad un controllo antidoping. Le accuse contro Salazar derivano dalle dichiarazioni di alcuni ex collaboratori ed ex atleti che hanno rivelato che l'ex maratoneta era in possesso di farmaci proibiti.
Pochi però sanno di lui, se non quello che si legge su Wikipedia, o giù di lì.
Chissà cosa pensate quindi, quando affermo che io, negli anni 80, consideravo Alberto Salazar un grande mito.
Per le tre vittorie consecutive alla maratona di NY (80, 81, 82) e per il primo posto in quella di Boston (82), diventata famosa per il finale spalla a spalla con Dick Beardsley. Quella sfida viene ancora ricordata come “Duel in the Sun”.
In quel periodo inoltre duellava con Henry Rono, un keniano che in poco più di un mese aveva stabilito tre primati mondiali (5000, 10000 e 3000 metri siepi). E non se la cavava male neppure nei cross: arrivò secondo al Campionato Mondiale del 1982.
E poi era dell'Oregon, un posto da dove venivano tutti i corridori più forti di quel periodo (ma non solo da lì, ovviamente).
Per finire, Alberto Salazar era nato nel mio stesso anno, anzi nella mia stessa settimana!
Come ha fatto Salazar a diventare un “demonio” delle piste e delle strade?
Io non credo fosse un atleta dopato, e penso che vincesse perché - come riportava il suo allenatore all'Università dell'Oregon, Bill Dillinger - si “allenava fino a consumarsi”. In certe settimane percorreva fino a 320km.
Su questa affermazione va cercato il punto debole di Salazar: portare il corpo fino al limite.
Chi ricorda il finale della maratona di NY 1982? qui il video
A poche centinaia di metri dal traguardo Salazar era in difficoltà per effetto dei ripetuti attacchi del messicano Rodolfo Gomez. Vinse con 4 secondi di vantaggio, ma finì la gara sfinito, con la conseguenza di non riuscire a dormire regolarmente per 10 giorni.
Il ritorno all'attività dopo quello sforzo fu davvero difficoltoso.
Ma la prima rilevante crepa nel fisico di Salazar si aprì nella maratona di Boston di quell'anno. qui il video
Conseguentemente allo sforzo di quel giorno, con una temperatura prossima ai 32°, Salazar fu immerso per svariate ore dentro una vasca da bagno con del ghiaccio perché la sua temperatura era costantemente superiore ai 40°.
Dalla fine del 1982 Salazar non fu più lo stesso. Condizionato da tanti problemi fisici, girò il paese in cerca dell'aiuto di tanti medici che lo potessero riportare al livello fisico ed atletico precedente a questi due episodi. La risposta di un paio di specialisti da lui consultati fu che “il sistema interno era saltato” ma lui continuò a gareggiare, non più però al livello precedente.
La sua attività atletica durò fino al 1994, anno in cui vinse in Sudafrica la Comrades (90km) e partecipò anche alle Olimpiadi di Los Angeles (15° in 2h14'19”).
In questi “viaggi” Salazar entrò in contatto con molti medici e fu in queste circostanze che iniziò a sperimentare su se stesso l'uso di farmaci.
E' risaputo che Salazar era in regolare contatto con i medici della USADA ai quali chiedeva quali sostanze poteva usare e quali no. Voleva sapere quali fossero i dosaggi consentiti perché lui cercava di arrivare a limite. E' risaputo che somministrava testosterone al figlio Alex, per individuare la quantità che non lo facesse risultare positivo ai controlli antidoping.
In quel periodo Salazar aveva chiesto direttamente a Phil Knight, fondatore e presidente onorario di Nike - che lo aveva da sempre considerato come un figlio - di sponsorizzagli una squadra (elite athlete training group) di corridori tutta sua: la Nike Oregon Project.
Come allenatore Salazar era ossessionato dalla supremazia dei corridori africani in genere, ed era convinto che per contrastare il loro dominio si dovesse ricorrere ad ogni supporto possibile.
Salazar è stato un personaggio molto rispettato in Nike (nell'Headquarter di Beaverton c'è un edificio di sei piani a lui intitolato) e sono stati appoggiati tanti suoi progetti. Gli atleti dormivano in tende ipobariche per stimolare la produzione di globuli rossi durante il riposo. Si potevano allenare su tapis roulant dove non c'era la forza di gravità. Usavano macchinari di crioterapia per accelerare i recuperi. E altro ancora.
E' risaputo che Nike fa dell'innovazione e dell'avanguardia la propria arma vincente. Lo dimostra l'evoluzione che le sue scarpe da maratona hanno avuto negli ultimi due anni.
La filosofia di Salazar è sempre stata quella di cercare il massimo, lui era l'uomo che esplorava il limite.
orlando
photocredit: Gettyimages
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