12/09/2011
Non mi basta solo correre
Il momento della verità per la condizione di forma di un podista è la corsa in salita.
Una fredda mattina di luglio percorrevo una bella strada in un bosco della valle di Livigno. In quel momento non l’ho potuta giudicare come tale perché, racchiuso tra intimi pensieri podistici, procedevo a testa bassa. Non si trattava solo di un atteggiamento di riverenza nei confronti della pendenza che stavo affrontando, ma per evitare che la mia forza di volontà fosse condizionata dalla percezione della distanza che dovevo percorrere, mi concentravo solo su ogni singolo passo. La fatica era rilevante, sia per la pendenza della strada, sia per l’effetto della quota, ma soprattutto per la mia ridotta efficienza di podista.
Era da marzo che avevo smesso di allenarmi: dopo la maratona di Barcellona sono stato preso da una sorta di inerzia e svogliatezza podistica. Senza dubbio il risultato della prova catalana (2h58’ e alcuni secondi) mi aveva deluso ed inoltre avevo faticato molto, più delle mie previsioni; ma specialmente ero insoddisfatto perché non avevo raccolto per quanto avevo seminato. Gli allenamenti dell’inverno erano stati molto proficui nonostante mi fossi preparato in condizioni climatiche disagevoli; ricordo di sedute svolte alle 6 del mattino, avvolto dal buio e inglobato nell’aria arrivata a –7°. L’infortunio muscolare rimediato a tre settimane dalla maratona mi aveva demoralizzato perché ero consapevole che a Barcellona non avrei corso al meglio.
Insomma, da allora e per svariati mesi, non mi sono più posto alcun obiettivo né agonistico, né tecnico: niente allenamenti ma solo corse di mantenimento, correndo per così dire a sensazione. E siccome le salite mi piacciono, spesso le ho inserite nel corso delle uscite, a volte con buone sensazioni altre volte avvertendo minor efficienza.
Ed in quella fredda mattina di luglio i pensieri podistici che mi passavano per la mente riguardavano proprio la mia scarsa condizione di forma. In cinque mesi le sole uscite di corsa lenta, alcune volte arrivate a lambire le due ore, mi avevano allenato poco. Con una valutazione approssimativa avevo perso oltre un chilometro di potenza aerobica, vale a dire una quindicina di secondi a chilometro. Ma non era l’andare piano che mi condizionava, bensì le sensazioni di costante pesantezza muscolare, tanto che a fine seduta avrei voluto aumentare il ritmo o correre qualche allungo per sbloccare la situazione, ma non riuscivo mentalmente a trovare le energie per farlo. L’idea di cambiare il passo mi pesava molto a livello mentale.
La stessa salita percorsa a luglio l’ho rifatta un mese dopo, sperando che l’adattamento alla quota avrebbe evidenziato qualche progresso, ma non è stato così. Ed il mio procedere con fatica, disagio e sempre a testa bassa, mi ha fatto decidere di riprendere ad allenarmi.
Da allora ad oggi sono passate tre settimane e adesso mi sento un altro atleta. Ho ripreso a diversificare il carico inserendo un paio di stimoli la settimana, una corsa media ed un allenamento intervallato, ed ora mi sento davvero più efficiente. Oltre ad un maggior rendimento, percepisco sensazioni migliori, addirittura anche quando faccio una corsa di rigenerazione, quindi con le gambe stanche dalla tirata del giorno prima.
In definitiva, non riesco a fare a meno correre senza variare il passo: trovo stimolanti ed entusiasmanti le sedute tirate, specialmente la corsa media e le ripetute. Tutto ciò finalizzato a niente perché non ho alcuna voglia di gareggiare, ma solo al piacere di ricercare sensazioni particolari.
Orlando
Una fredda mattina di luglio percorrevo una bella strada in un bosco della valle di Livigno. In quel momento non l’ho potuta giudicare come tale perché, racchiuso tra intimi pensieri podistici, procedevo a testa bassa. Non si trattava solo di un atteggiamento di riverenza nei confronti della pendenza che stavo affrontando, ma per evitare che la mia forza di volontà fosse condizionata dalla percezione della distanza che dovevo percorrere, mi concentravo solo su ogni singolo passo. La fatica era rilevante, sia per la pendenza della strada, sia per l’effetto della quota, ma soprattutto per la mia ridotta efficienza di podista.
Era da marzo che avevo smesso di allenarmi: dopo la maratona di Barcellona sono stato preso da una sorta di inerzia e svogliatezza podistica. Senza dubbio il risultato della prova catalana (2h58’ e alcuni secondi) mi aveva deluso ed inoltre avevo faticato molto, più delle mie previsioni; ma specialmente ero insoddisfatto perché non avevo raccolto per quanto avevo seminato. Gli allenamenti dell’inverno erano stati molto proficui nonostante mi fossi preparato in condizioni climatiche disagevoli; ricordo di sedute svolte alle 6 del mattino, avvolto dal buio e inglobato nell’aria arrivata a –7°. L’infortunio muscolare rimediato a tre settimane dalla maratona mi aveva demoralizzato perché ero consapevole che a Barcellona non avrei corso al meglio.
Insomma, da allora e per svariati mesi, non mi sono più posto alcun obiettivo né agonistico, né tecnico: niente allenamenti ma solo corse di mantenimento, correndo per così dire a sensazione. E siccome le salite mi piacciono, spesso le ho inserite nel corso delle uscite, a volte con buone sensazioni altre volte avvertendo minor efficienza.
Ed in quella fredda mattina di luglio i pensieri podistici che mi passavano per la mente riguardavano proprio la mia scarsa condizione di forma. In cinque mesi le sole uscite di corsa lenta, alcune volte arrivate a lambire le due ore, mi avevano allenato poco. Con una valutazione approssimativa avevo perso oltre un chilometro di potenza aerobica, vale a dire una quindicina di secondi a chilometro. Ma non era l’andare piano che mi condizionava, bensì le sensazioni di costante pesantezza muscolare, tanto che a fine seduta avrei voluto aumentare il ritmo o correre qualche allungo per sbloccare la situazione, ma non riuscivo mentalmente a trovare le energie per farlo. L’idea di cambiare il passo mi pesava molto a livello mentale.
La stessa salita percorsa a luglio l’ho rifatta un mese dopo, sperando che l’adattamento alla quota avrebbe evidenziato qualche progresso, ma non è stato così. Ed il mio procedere con fatica, disagio e sempre a testa bassa, mi ha fatto decidere di riprendere ad allenarmi.
Da allora ad oggi sono passate tre settimane e adesso mi sento un altro atleta. Ho ripreso a diversificare il carico inserendo un paio di stimoli la settimana, una corsa media ed un allenamento intervallato, ed ora mi sento davvero più efficiente. Oltre ad un maggior rendimento, percepisco sensazioni migliori, addirittura anche quando faccio una corsa di rigenerazione, quindi con le gambe stanche dalla tirata del giorno prima.
In definitiva, non riesco a fare a meno correre senza variare il passo: trovo stimolanti ed entusiasmanti le sedute tirate, specialmente la corsa media e le ripetute. Tutto ciò finalizzato a niente perché non ho alcuna voglia di gareggiare, ma solo al piacere di ricercare sensazioni particolari.
Orlando
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Non basta correre
La corsa ha qualcosa di analogo con la vita. Procedere a fatica e a testa bassa nel quotidiano non conviene nè fisicamente, nè mentalmente. Per percepire sensazioni nuove e migliori occorre variare il passo, uscire dalla normalità.
Public12/09/2011 11:59:08
Non basta correre
Caro Orlando, paradossalmente e comunque con dispiacere, leggere della tua svogliatezza, della mancanza di motivazioni e sensazioni di efficienza mi consola...Non credi che spesso una brutta condizione si trascina perchè si ha paura che impegnandosi comunque di più, mangiando meno, cercando di reagire ad una mancanza di voglia, non si ottengano lo stesso dei miglioramenti ed un nuovo coinvolgimento e ritorno della passione per quello sport?...Mi riferisco anche a me...Grazie per la tua testimonianza di atleta anche vulnerabile.
Public12/09/2011 12:19:11
Non basta correre
Dette da te, le cose hanno certamente un altro peso; penso che il piacere della corsa, della corsa fatta bene intendo, è il risultato di variazioni che, invece, uno stesso tipo di allenamento ripetuto non può darti. Per questo motivo mi ritrovo nella percezione delle sedute di allenamento tirate, alternate ai medi, alternate ai lenti e ai collinari.
Svogliatezza invece no, non ne ancora provata, ma senso di impotenza a causa di lunghi periodi di stop per infortunio. Oggi spero di avere imparato a non forzare i tempi e gli allenamenti.
Grazie per la tua testimonianza.
Public12/09/2011 13:47:58
Nnon basta solo correre
penso tu avessi solo bisogno di ritrovare il feeling con la pura corsa e nient'altro,le tabelle ora possono riapparire ma con calma,la tua sensazione e' quella dell'esplorare nuovi percorsi ,nuovi metotodi magari non piu' rigidi ma come dici a sensazione,sei sulla strada giusta per un risveglio anche agonistico ,avrai sicuramente voglia a breve nel vederti insieme a tanti altri con quel pettorale ora "odiato"...in fondo sara' sempre il tuo mondo,insegnare,trasmettere esperienza e....gareggiare.Massimo Gavioli
Public12/09/2011 16:13:37
NON BASTA CORRERE
PROCEDERE A TESTA BASSA SUCCEDE A TUTTI NON SOLO NEL MONDO DELLLA CORSA, NEL LAVORO E NELLA VITA!!!
LA COSA POSITIVA E' CHE QUELLO STATO D'ANIMO TI DA O MEGLIO CI DA LA FORZA DI FARE MEGLIO IN TUTTO !
E' UNA BELLA COSA SENTIRSI E RIMETTERSI IN GIOCO PER OBIETTIVI SEMPRE PIU' STIMOLANTI.
IO PENSO CHE LA CORSA SIA UN TIPO DI VITA BELLO ,DURO CHE TI DA SODDISFAZIONI ED A VOLTE CI DA DELUSIONI. QUESTE DEVONO SEMPRE ESSERE RICORDATE PER CAPIRE IL DOMANI.CAPITA A VOLTE RIFARE IL SOLITO PERCORSO E SEMBRARE UN ALTRO PODISTA,, MAGARI UN MESE PRIMA LE GAMBE GIRAVANO A MILLE E ORA SEMBRANO DI PINOCCHIO ,,,VEDRAI CHE CON STIMOLI GIUSTI ....RIGIRERANNOOOOOOOOO
UN IN BOCCA AL LUPO PER TUTTO.CIAO EMIL
lazzari emil15/09/2011 11:17:08