03/01/2019
Appuntamento con Noah Lyles
Nel giro di vacanza che di recente ho fatto in Florida sono arrivato fino alla periferia di Orlando, nella zona dei parchi di divertimento della Disney; abbiamo però preferito non entrare nei parchi perché c'era troppa gente in giro, com'è normale nel periodo di Feste di fine dicembre.
Ci era rimasta quindi libera una giornata nella quale non avevamo programmato nulla, e a mia figlia Chiara è venuto in mente che non eravamo lontani da Clermont, la piccola cittadina che è Centro Nazionale di allenamento per l'atletica leggera ed il nuoto.
In questo centro si allena un forte gruppo di velocisti e saltatori americani, in particolare Noah Lyles, considerato l'erede di Bolt, ma per noi (famiglia Pizzolato), quel ragazzo antipaticissimo che, in occasione del meeting della Diamond League a Bruxelles nel 2017, ha seccamente rifiutato a Chiara (senza nessun motivo specifico) foto e autografo.
Per sapere se avremmo trovato in pista qualcuno di questi atleti, Chiara ha cercato di contattarli via social, ma praticamente nessuno sarebbe stato in campo nel week end.
Come ultima scelta restava da contattare solo “l'antipatico”. Con nostra somma sorpresa, questa volta Lyles ha risposto (!!!), dicendo però che di sabato non si allena mai.
Peccato. Un'occasione persa.
Ma poco dopo riscrive che, se lo volevamo incontrare, era disponibile il giorno dopo, domenica a mezzogiorno. Wow!
Sarebbe stato al campo per un'oretta. Confermiamo l'appuntamento quindi, e ci fornisce anche l'indirizzo dettagliato.
All'indomani, in anticipo di venti minuti, eravamo alla pista di atletica del Centro Nazionale di Clermont. In campo solo due ostacolisti, un gruppetto di mezzofondisti che sotto un sole intenso ed un caldo cocente stavano facendo delle salite brevi, e un siepista che faceva dei passaggi sugli ostacoli. In un altro campo tre ragazze facevano lancio del martello. Ho avuto l'impressione di una giornata dimessa, una domenica di fine anno in cui gli atleti erano poco interessati ad allenarsi. Mi aspettavo di vedere più movimento. In attesa che arrivasse mezzogiorno, stavamo riparati all'ombra dei pochissimi alberi.
Nervosamente controllavamo l'orologio perché il tempo passava, e nessuna auto scendeva giù per la strada che portava nel piccolo parcheggio. Anzi, un po' alla volta la gente se ne stava andando.
Avevamo messo in preventivo un po' di ritardo, ma il caldo ci faceva pesare di più l'attesa e l'avversione nei confronti dell'antipatico stava aumentando, convinti che ci avesse “tirato un bidone”. La decisione fu presa: alle 12,30 saremmo andati via, con o senza Lyles.
Praticamente alla mezza, una BMW bianca scende verso la pista e a guidarla è proprio lui. Parcheggia a pochi metri dalla recinzione e si dirige verso la pedana del salto in lungo, accompagnato da una ragazza. Lui si siede su un blocco di cemento vicino alla buca di sabbia e lei inizia il riscaldamento.
Ci avviciniamo, e noto che i mezzofondisti ancora rimasti al campo lo guardano con riserbo da sotto la tettoia degli spogliatoi, come se lo temessero. Mi faccio condizionare dal loro atteggiamento e penso che sia proprio un soggetto antipatico. E invece, quando lui ci nota si alza e ci viene incontro. Con un gran sorriso ci tende la mano e ci presentiamo.
Non è facile chiacchierare con lui, perché non ho tanti argomenti per parlare con un velocista, e tra una battuta e l'altra esce il discorso della maratona e quando gli dico che ho vinto NY, diventa ancora più loquace.
Questa volta, rispetto a quando lo avevamo incrociato a Bruxelles, è ovviamente più disponibile e gentile.
Mi ricredo sulle conclusioni tratte un anno prima, e l'impressione che mi resta è di un ragazzo solare, non antipatico ma semmai riservato, un po' in contrasto con i suoi post social. Forse la presenza della ragazza – una forte triplista americana – lo tratteneva un po'? Forse l'inizio di una relazione non ancora pubblica lo imbarazzava?
Non ci siamo trattenuti a lungo con lui, per lasciargli la tranquillità che i personaggi del momento amano molto, augurandogli un 2019 "veloce".
Lui è sicuro che lo sarà.
orlando
Ci era rimasta quindi libera una giornata nella quale non avevamo programmato nulla, e a mia figlia Chiara è venuto in mente che non eravamo lontani da Clermont, la piccola cittadina che è Centro Nazionale di allenamento per l'atletica leggera ed il nuoto.
In questo centro si allena un forte gruppo di velocisti e saltatori americani, in particolare Noah Lyles, considerato l'erede di Bolt, ma per noi (famiglia Pizzolato), quel ragazzo antipaticissimo che, in occasione del meeting della Diamond League a Bruxelles nel 2017, ha seccamente rifiutato a Chiara (senza nessun motivo specifico) foto e autografo.
Per sapere se avremmo trovato in pista qualcuno di questi atleti, Chiara ha cercato di contattarli via social, ma praticamente nessuno sarebbe stato in campo nel week end.
Come ultima scelta restava da contattare solo “l'antipatico”. Con nostra somma sorpresa, questa volta Lyles ha risposto (!!!), dicendo però che di sabato non si allena mai.
Peccato. Un'occasione persa.
Ma poco dopo riscrive che, se lo volevamo incontrare, era disponibile il giorno dopo, domenica a mezzogiorno. Wow!
Sarebbe stato al campo per un'oretta. Confermiamo l'appuntamento quindi, e ci fornisce anche l'indirizzo dettagliato.
All'indomani, in anticipo di venti minuti, eravamo alla pista di atletica del Centro Nazionale di Clermont. In campo solo due ostacolisti, un gruppetto di mezzofondisti che sotto un sole intenso ed un caldo cocente stavano facendo delle salite brevi, e un siepista che faceva dei passaggi sugli ostacoli. In un altro campo tre ragazze facevano lancio del martello. Ho avuto l'impressione di una giornata dimessa, una domenica di fine anno in cui gli atleti erano poco interessati ad allenarsi. Mi aspettavo di vedere più movimento. In attesa che arrivasse mezzogiorno, stavamo riparati all'ombra dei pochissimi alberi.
Nervosamente controllavamo l'orologio perché il tempo passava, e nessuna auto scendeva giù per la strada che portava nel piccolo parcheggio. Anzi, un po' alla volta la gente se ne stava andando.
Avevamo messo in preventivo un po' di ritardo, ma il caldo ci faceva pesare di più l'attesa e l'avversione nei confronti dell'antipatico stava aumentando, convinti che ci avesse “tirato un bidone”. La decisione fu presa: alle 12,30 saremmo andati via, con o senza Lyles.
Praticamente alla mezza, una BMW bianca scende verso la pista e a guidarla è proprio lui. Parcheggia a pochi metri dalla recinzione e si dirige verso la pedana del salto in lungo, accompagnato da una ragazza. Lui si siede su un blocco di cemento vicino alla buca di sabbia e lei inizia il riscaldamento.
Ci avviciniamo, e noto che i mezzofondisti ancora rimasti al campo lo guardano con riserbo da sotto la tettoia degli spogliatoi, come se lo temessero. Mi faccio condizionare dal loro atteggiamento e penso che sia proprio un soggetto antipatico. E invece, quando lui ci nota si alza e ci viene incontro. Con un gran sorriso ci tende la mano e ci presentiamo.
Non è facile chiacchierare con lui, perché non ho tanti argomenti per parlare con un velocista, e tra una battuta e l'altra esce il discorso della maratona e quando gli dico che ho vinto NY, diventa ancora più loquace.
Questa volta, rispetto a quando lo avevamo incrociato a Bruxelles, è ovviamente più disponibile e gentile.
Mi ricredo sulle conclusioni tratte un anno prima, e l'impressione che mi resta è di un ragazzo solare, non antipatico ma semmai riservato, un po' in contrasto con i suoi post social. Forse la presenza della ragazza – una forte triplista americana – lo tratteneva un po'? Forse l'inizio di una relazione non ancora pubblica lo imbarazzava?
Non ci siamo trattenuti a lungo con lui, per lasciargli la tranquillità che i personaggi del momento amano molto, augurandogli un 2019 "veloce".
Lui è sicuro che lo sarà.
orlando
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