Allenamento e Tabelle

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19/02/2009

L'anello debole

Articolo scritto da Orlando Pizzolato.

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Ogni volta che mettiamo le scarpe per andare a correre ci troviamo nella situazione di affrontare disagi fisici e mentali indotti dai propri limiti. Correre è appassionante, avvincente, entusiasmante, coinvolgente ma senza dubbio faticoso, ed è nei momenti di maggior sforzo che le difficoltà emergono come i funghi. Ma se non fosse che i punti deboli, le proprie carenze, le nostre difficoltà sono importanti nella filosofia del podista, la corsa sarebbe una pratica sportiva piuttosto monotona. Il gesto tecnico di correre è alquanto povero, tanto che tutti lo sanno fare senza dover sottoporsi ad esercitazioni tecniche specifiche. Il bello della corsa sta invece nella sua essenza, che solo chi la pratica attivamente conosce; la sfida con se stessi è la maggiore motivazione che muove milioni di podisti in tutto il mondo. Ma quali sono i punti deboli per eccellenza di un corridore a piedi? Indubbiamente quelli fisici, ma che comunque generano poi anche lacune mentali. Ed è proprio con la forza della volontà che si sopperisce alle mancanze tecniche.
Poiché siamo ancora agli inizi della stagione, e che le importanti gare sono ancora lontane, perché non fissarci sin da ora degli obiettivi che vadano a colmare le lacune tecniche? Dunque al lavoro.
Il primo passo da fare è quello dell’individuazione dei propri punti deboli. Forse è questa la parte più difficile di tutto il processo di “ristrutturazione” perché non è facile ammettere le proprie lacune e carenze, soprattutto se l’anello debole coinvolge la sfera mentale. Non è un problema, infatti, ammettere di non avere un buon spunto finale, o d’essere lento in partenza. E’ sicuramente invece più arduo ammettere di non saper soffrire, di non poter fare la volata per evitare il disagio della fatica. Insomma, è facile comprendere che le carenze fisiche rappresentano la punta di un iceberg, la cui base è composta dall'atteggiamento mentale. L’impostazione del proprio piano di allenamento solitamente riflette la personalità di un atleta: se le sedute della settimana sono rappresentate essenzialmente da uscite di corsa lenta, è evidente che si preferisce un’impostazione tecnica soft, perché, pur durando anche lungo, gli allenamenti sono di bassa intensità. All’opposto, i podisti che ogni giorno programmano ripetute, allunghi, chilometri di corto veloce o di corsa media, soffrono le lunghe uscite e la capacità di rimanere a lungo concentrati. La soluzione per rinforzare l’anello debole della catena sta proprio nell’affrontare direttamente il problema. Se anche non si riesce a far luce nella nebbiosa situazione di dove realmente siamo carenti, per individuare con estrema certezza il proprio “tallone d’Achille”, basta pensare a cosa, tecnicamente, non ci piace fare. Odio le ripetute? Certamente vuol dire che non riesco ad affrontare mentalmente lo sforzo nervoso che richiede la gestione della fatica intensa. Odio la corsa lunga? Di sicuro non sono in grado di gestire l’attenzione per tanto tempo. Odio la corsa media? Sicuramente la testa non sopporta di stare impegnata nella fatica per tempi protratti. Individuare il problema rappresenta già metà della soluzione. L’aspetto del rinforzo è l’accettazione della situazione. Odio le ripetute, la corsa media, il corto veloce, e qualsiasi altra cosa dove il cronometro è il punto di riferimento? Non dico che bisogna fermare il cronometro, ma è sufficiente essere distaccati dal verdetto che lui impone. Ci si può porre come primo obiettivo il fatto di fare in ogni caso, al di la di quanto si vorrebbe ottenere in termini cronometri, l’allenamento proposto. Superato questo primo aspetto si scopre che lo spettro rappresentato dalle sedute “tirate”, è meno brutto di quanto si era immaginato. Forti del fatto di aver superato il primo importante ostacolo, ci si accorge di desiderare di mettersi ancora alla prova. Superare le difficoltà è proprio l’essenza di chi corre.
Altri limiti sono quelli scaturiti dal poco tempo da dedicare agli allenamenti, ed accentuati spesso dalla ridotta motivazione. E’ normale che dopo il lavoro ci sia poca voglia di uscire a correre, soprattutto in inverno a causa del clima e della poca luce. La soluzione a questo problema è semplicemente quello della forza di volontà. Per rendere più morbido l’approccio alla decisione di aumentare le sedute settimanali, non ci si deve imporre di correre a lungo. Perché non uscire a fare anche semplicemente una ventina di minuti, giusto lo stimolo per farsi poi la doccia? Una volta fuori dalla porta ti renderai conto che, dopo alcune sedute, 20 minuti di corsa ti diventano stretti. Ma se così non fosse, non sforzarti di seguire dei tempi; corri per quello che puoi. Ti sarà utile cerchiare il sul calendario il giorno in cui hai corso, e vedrai che la rappresentazione grafica dei pochi o dei tanti giorni di corsa, ti stimolerà uscire più spesso.
Un analogo discorso si può fare per gli insofferenti dello stretching. Inutile negare l’efficacia della ginnastica di allungamento, soprattutto quando si passano gli “anta” e i muscoli diventano rigidi e poco elastici. Anche in questa circostanza la carenza tecnica è spesso imputata alla mancanza di tempo. Come per la situazione precedente, non ci si deve impegnare in sedute degne di un ginnasta, ma è semplice fare veramente tre o quattro fondamentali esercizi che riguardano i gruppi muscolari delle gambe. Considerando che per ogni esercizio bastano 15-20 secondi per posizione, la “seduta” di stretching dura veramente cinque minuti.
Anche in questo caso, come per le precedenti situazioni, per reagire all’abulia, è la forza mentale a fare, come per tanti altri punti deboli, la differenza.

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