17/03/2006
La corsa fa bene anche dopo i 40 anni? O meglio, fa bene l’allenamento, serio e programmato, ad un’età non più giovane? Corsa e allenamento aiutano a restare giovani, purché organizzati tenendo conto di alcuni fattori essenziali: con il passare degli anni, soprattutto dopo aver superato la soglia dei quaranta, il rendimento fisico (e di conseguenza i risultati in campo sportivo) ne risente, evidenziando un peggioramento delle prestazioni cronometriche. Se si prende come punto di riferimento il massimo consumo di ossigeno, nelle persone che non praticano attività sportiva il calo è di circa il 10% ogni dieci anni, già a partire dai trent'anni d’età. Nelle persone che invece svolgono attività fisica, il rendimento scade solo della metà. Quindi, l’allenamento è un fattore che mantiene efficiente il funzionamento degli apparati fisici direttamente coinvolti negli sforzi aerobici, soprattutto quello cardiaco. Uno studio molto interessante ha evidenziato che degli atleti di alto livello, al termine della loro carriera agonistica, avendo continuato ad allenarsi con buon impegno, hanno mantenuto un rendimento sportivo decisamente migliore rispetto ad altri colleghi che, pur sempre correndo (da 2 a 4 volte la settimana), ma ad un’intensità più ridotta, hanno ridotto considerevolmente il loro rendimento. I risultati di questa indagine hanno evidenziato che i podisti che seguivano un tenore d’allenamento più ridotto, avevano avuto un calo del 15% della loro capacità aerobica, una riduzione di 12 battiti il minuto della frequenza cardiaca massima, una riduzione dell’ampiezza della falcata, ed una perdita d’efficienza dell’azione di corsa. Quei podisti che invece avevano smesso completamente di correre, avevano avuto un calo del massimo consumo d’ossigeno pari al 43%, ad evidenziare che l’allenamento svolto in precedenza non dà nessun vantaggio ai fini della resistenza negli anni successivi se l’individuo non continua a svolgere una minima attività fisica. Nei podisti che invece svolgevano allenamenti più impegnativi, e partecipavano ancora regolarmente a delle gare, fu riscontrato un leggero calo della capacità aerobica (9%) ma nessuna perdita significativa nei valori del massimo consumo d’ossigeno, della frequenza cardiaca massima e della lunghezza della falcata. La risposta a questi risultati sta nel fatto che gli atleti più competitivi hanno continuato a svolgere allenamenti ad alta intensità, con l’inserimento di sedute di ripetute, fartlek, interval training, sprint in salita e gare. Con il passare degli anni è risaputo che la frequenza cardiaca tende ad abbassarsi, e di conseguenza anche la gittata cardiaca. Ma si verifica in maniera decisamente meno evidente negli atleti che svolgono allenamenti di alta intensità perché il cuore è stimolato a lavorare al alti livelli. Ciò non significa che con il passare degli anni si possa, o si debba, svolgere lo stesso carico di allenamento che si faceva in età più giovane. Bisogna considerare, infatti, anche una perdita d’efficienza dell’apparato muscolare per la progressiva trasformazione del tessuto muscolare (più elastico) in tessuto connettivo (più rigido). Si tratta quindi di sviluppare un piano d’allenamento con un bilanciato carico tra le componenti quantitative e qualitative, per evitare il rischio d’infortuni. Per modulare un adeguato carico d’allenamento che non sottoponga le strutture articolari ad un elevato logorio, si dovrebbe considerare l’opportunità di svolgere sedute di altri sport aerobici. Ad es. il nuoto ed il ciclismo sono due alternative alla corsa in quanto, pur sollecitando in ogni caso il meccanismo aerobico e tonificando i muscoli, riducono notevolmente l’impatto traumatico sulle articolazioni. E’ altrettanto utile una seduta settimanale di rafforzamento muscolare generale da svolgere in palestra, con l’impiego di modesti sovraccarichi, perché mantiene efficiente la muscolatura, e di conseguenza permette di avere un’efficace azione di corsa. In seguito ad una perdita d’efficienza muscolare rispetto ai trent’anni, a risentirne è il recupero dopo gli allenamenti impegnativi. Alla luce di questo fatto è consigliabile, pur mantenendo approssimativamente gli stessi carichi, allungare i tempi di recupero. Se una volta per esempio si era in grado di fare un allenamento impegnativo a sole 48 ore da uno precedente, è consigliabile ora svolgerlo dopo tre giorni. Così facendo si è in grado di mantenere un buon livello di rendimento quando si tratta di correre ad alta intensità.
Orlando Pizzolato